Pubblichiamo una lettera aperta che alcuni amici laici, primo firmatario Antonio Secchi, indirizzano ad altri laici della Sardegna

Cari amici,

è nello spirito del Vangelo di Giovanni (Gv15,12-17) che ci rivolgiamo a voi chiamandovi amici, a quanti cioè condividono la fede nel nostro unico Signore, ma anche a coloro che, pur non essendo praticanti nella Chiesa cattolica, non sono indifferenti alla tradizione cristiana. Le nostre storie sono dunque diverse e diverso è il modo di affrontare la difficilissima crisi pandemica ma ci accomuna tutti il bisogno di relazioni e la consapevolezza che siamo un corpo sociale unico e che nessuno si può salvare da solo. In questo tempo di sofferenze, di paure e di solitudini, la Chiesa cattolica è stata convocata in Sinodo, su invito di Papa Francesco, per interrogarsi sulla sinodalità, un tema decisivo per la vita e la missione della Chiesa in questo nuovo millennio. Il cammino, dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, si è aperto il 9-10 ottobre a Roma e il 17 ottobre seguente in ogni Chiesa particolare e quindi anche nelle Diocesi sarde. Sono sorte spontanee le prime domande, dettate dalla sorpresa dell’evento: perché questo sinodo? Perché proprio la sinodalità? Autorevoli teologi hanno affermato che questo Sinodo 2021-2023 è l’evento più rilevante della storia contemporanea della Chiesa, solo dopo il Concilio Vaticano II, anzi che esso rappresenta il frutto maturo del Concilio stesso, attualizzato dal Magistero di Papa Francesco. Bartolomeo Sorge ci aveva raccomandato di leggere con attenzione i tre grandi affreschi costituiti da Evangelii Gaudium(2013), Laudato Sì(2015), Fratelli Tutti(2020), le cui radici, a suo dire, vanno ricercate nelle Costituzioni e nei Decreti del Vaticano II. Enzo Bianchi ha aggiunto di recente che l’ecclesiologia di comunione del grande Concilio è anche il tempo dei laici, dei Christifideles, convocati ora a edificare la Chiesa della sinodalità con i Vescovi e tutto il Popolo di Dio.

Dunque la nostra lettera, formulata nell’autonoma libertà dei laici, intende recepire questi insegnamenti ed esprimere gioia per questo evento di grazia che i laici non possono sprecare perché questo è il loro tempo, di obbedienza e di servizio, di franchezza (la parresia) e di ascolto di tutti. Quale sarà il futuro della tradizione cristiana nella nostra isola? Questa è la domanda preoccupata che noi laici ci poniamo, collocati come siamo in una società secolarizzata, plurale, multirazziale e multireligiosa, laica e spesso laicista. In passato avremmo detto: abbiamo bisogno dell’esame di coscienza di fronte alle troppe crisi dell’identità cristiana in Europa ma dobbiamo domandarci anche noi se siamo “gente di poca fede” come hanno segnalato alcuni studi recenti sulla religiosità in Italia. E se tutto il nostro cammino parte dalla fede, dalla speranza e dalla carità, in che modo usciti dalla chiesa noi laici possiamo costruirla la speranza,” in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale”? (VI obiettivo degli otto indicati dalla Chiesa italiana nel documento preparatorio). Di fronte alla crisi generalizzata che attraversa la Sardegna i laici cattolici, reduci dal periodo della diaspora iniziata nel 1994, si scoprono dispersi, irrilevanti, inutili e quasi privi della memoria dei Padri costituenti della nostra Repubblica e del nostro Statuto di autonomia sarda. “Se il Vangelo non si fa politica, cessa di essere Vangelo” si diceva durante i lavori del Concilio e oggi, nonostante il Magistero di Papa Francesco, che al capitolo V di Fratelli Tutti delinea la migliore politica per il bene comune, troppi laici cattolici, cioè noi, disertiamo le urne e rendiamo l’autonomia sarda un coccio vuoto nella crisi generale del Mezzogiorno, e questo nonostante i finanziamenti europei di cui non si discute mai. Risulta largamente smarrito il patrimonio ideale della Dottrina sociale della Chiesa!

Si è detto la franchezza (la parresia): a che serve una fede intimistica che non sa ascoltare il grido del fratello? In Sardegna si sente l’urgenza di una spiritualità samaritana di fronte alla diffusa crisi di fiducia nelle relazioni interpersonali e nel rapporto con le istituzioni; c’è nostalgia dell’impegno dei cattolici per una politica altra, nuova, fondata sull’amicizia sociale e sul dialogo con tutti, orientato alla costruzione del bene comune. Oggi i laici hanno il dovere di vivere una fede incarnata  in una relazione di prossimità con i fratelli. “Vi ho chiamato amici” ma nel battesimo siamo stati vestiti di Cristo e siamo in Lui fratelli perché figli di un solo Padre. E non si dica, come ripeteva Giorgio La Pira, che la politica è sporca perché senza politica non si può rispondere al grido della povera gente e non si può costruire una società giusta, come scriveva Aldo Moro. Dunque anche la crisi della politica e dei partiti in Sardegna non si supera con la fuga dalla politica ma al contrario vale la pena che questa sfiducia venga curata con la crescita di una nuova classe dirigente, competente, generosa e leale. Fede e giustizia, spiritualità e politica ispirino i giovani che intendono costruire una nuova Europa nello spirito dell’umanesimo cristiano. Emilio Lussu scriveva il 1° luglio 1944: “Sento che avremo grandi ore da vivere insieme. Noi le vivremo da sardi, da italiani, da europei”.

Ecco le tre Patrie per il nostro tempo: la Sardegna, l’Italia, l’Europa con tre bandiere diverse e un unico popolo. Abbiamo fatto un sogno: i laici cattolici tornino tra la propria gente e scrivano sui muri di ogni paese queste sole parole nelle nostre lingue: TORRAUSU A VOTAI, TORRAMUS A VOTARE, TURREMU A VUTTA’ perché la democrazia, la libertà e l’autonomia speciale della nostra isola non ce le ha regalate nessuno: sono infatti state ottenute con le lacrime e il sangue della nostra gente! Intonando il canto Deus ti salvet Maria, affidiamo alla nostra Santa Madre, protettrice della Sardegna, i sogni e le speranze di tutto il popolo sardo.

Antonio Secchi

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