Il nostro apparato politico-istituzionale sta trasmettendo un’immagine di precarietà e di insicurezza che non fa bene al Paese, soprattutto nel contesto europeo ed internazionale.

Perfino le opposizioni e, a maggior ragione, le forze di maggioranza, dovrebbero sapere che, al di là dei confini nazionali – come, del resto, facciamo anche noi nei confronti degli altri Paesi dell’Unione – si osserva e si giudica il “sistema Italia” come tale, senza entrare nel merito di una valutazione particolareggiata, articolata in funzione di questo o piuttosto l’altro schieramento politico.

Pertanto, soprattutto in un frangente come l’attuale, la responsabilità di promuovere una considerazione positiva nei nostri confronti, che ovviamente compete anzitutto al Governo, dovrebbe essere fatta propria da tutti e da ciascuno degli attori in campo. Magari, se volessero restare fedeli alla loro consegna, anche dai “sovranisti” di Salvini e dai Fratelli d’Italia dal momento che, come attesta addirittura la loro denominazione, un tratto “nazionale” o perfino “nazionalista” dovrebbe caratterizzare fortemente la loro posizione.

Senonché la destra, in entrambe le sue declinazioni, predilige il raccordo politico-ideologico con Orban rispetto agli interessi dell’ Italia che, a questo punto, sembra essere piuttosto che la loro “patria”, l’ingrato Paese che si è concesso a Conte, il traditore. E si sa che ad un traditore non si può perdonare neppure quel che si può concedere perfino al peggior nemico.

La Meloni, quando contesta la disponibilità di Salvini ad una eventuale governo di unità nazionale, è coerente con sé stessa, nella misura in cui si concepisce, da sempre, come “destra” alternativa e, del resto, ciò corrisponde alla ben nota ascendenza politico-ideologica cui risale attraverso Alleanza Nazionale e MSI. E se è così, è alternativa per forza a noi e….ci risparmia la fatica di ricordarglielo; anzi, siamo antitetici, esattamente agli antipodi.

In quanto a Salvini non si contiene più dalla voglia di rientrare nel gioco. Lui non ha cascami ideologici da rappresentare, ma gli interessi concreti di un significativo blocco elettorale che fin qui gli esprime consenso. Eppure, gli indici di gradimento del Presidente del Consiglio, per quanto in calo, sono tuttora sufficientemente alti da fargli temere che anche una parte almeno dello stesso popolo leghista si stia accorgendo che l’ Italia rischia di poter fare a meno del Capitano, il quale, anzi, sarebbe stato una ingombrante pietra d’inciampo nei rapporti con l’Europa. Ed è così che nel giro di quarantotto ore torna a parlare con Conte, accenna ad un dialogo con Renzi, butta lì una proposta di governo di unità nazionale e poi subito, in rapida sequenza, di un governo della destra…

Insomma, finché il leader più accreditato dell’opposizione si agita talmente, prendendo a pugni l’ aria, Conte può stare sereno……a meno che questo non sia l’ invito che gli giunge da Renzi… Del resto, non succede spesso che mentre un premier è impegnato a Bruxelles in ordine alla pandemia, al progetto di rilancio del Paese attraverso “Next Generation EU” e si appresta a guidare il G20, un leader della sua stessa maggioranza, nelle stesse ore, gli spari a palle incatenate, per di più dalle pagine di un giornale straniero. Se fossimo in guerra, atteggiamenti del genere verrebbero classificati come “intelligenza con il nemico” con quel che ne segue.

Ad ogni modo, per quanto Renzi in Senato abbia detto anche cose ragionevoli – perché, in effetti, Conte ha commesso qualche errore di troppo nel rapporto con il Parlamento e nella conduzione delle relazioni politiche dentro e fuori la maggioranza – soprattutto dopo l’intervista a El Pais, la sproporzione tra la causa e l’effetto è tale e tanta da non poter nascondere l’ ampio margine di strumentalità con cui il leader di Italia Viva agita la crisi di governo. Salvo poi subito arretrare, come se non avesse un percorso chiaro ed un obiettivo definito davanti a sé, ma piuttosto si accontentasse di creare quel tanto di fibrillazione che richiama le luci della ribalta.

Per non dire delle “batracomiomachie” in atto nel Movimento 5 Stelle. Si ha talvolta l’impressione che la pandemia e quel che ne segue sul piano politico, per taluni sia un’ideale palestra in cui mostrare i muscoli alla ricerca della posizione più favorevole in vista di un domani ancora nebuloso e confuso che, però, potrebbe essere dietro l’angolo o perché accade inopinatamente un imponderabile incidente di percorso o perché si produce volutamente una forzatura.

Ad ogni modo, sono in vista importante elezioni amministrative ed il “semestre bianco” non è più lontanissimo. Insomma, c’è chi fatica, sia all’opposizione che nella maggioranza, a stare sul pezzo, regolando le proprie valutazioni, pur differenti o contrapposte, sulla  oggettiva consistenza delle questioni aperte e rischia, invece,  di confondere un tornante difficile della nostra storia con la promozione di un capitolo della propria biografia politica.

Ovviamente non si può fare, eppure sarebbe interessante che aspiranti leader o presunti tali si sottoponessero  almeno ai test psicologici ed attitudinali che affrontano i piloti civili cui affidiamo impavidamente la nostra vita ogni qual volta mettiamo piede su un aereo, se non altro per escludere profili di infantile e narcisistica supponenza che possono facilmente portare fuori dal seminato.

In definitiva, non ci sono le condizioni per un governo di “unità nazionale”, che potrebbe, se mai, reggersi solo su una comune preoccupazione nei confronti dell’interesse generale del Paese che sia preventiva e non piuttosto il prezzo pagato a contraenti riottosi. Né può reggere l’ipotesi, pur vagheggiata, di un nuovo governo funzionale a chissà quali successivi ed ulteriori evoluzioni del quadro politico da far maturare nei prossimi due o tre anni.

C’è solo la cruda realtà, sia per noi che sul piano internazionale, di un momento a dir poco davvero drammatico, più di quanto immaginiamo ,come ci ha ricordato oggi lo stesso Draghi, per cui dobbiamo augurarci che la verifica in corso non butti il Paese nelle braccia di un’avventura sconsiderata e ci conservi almeno quel po’ di stabilità che un governo pur problematico riesce a garantirci.

Domenico Galbiati

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