Gli anni 2020-2021 saranno sicuramente ricordati come quelli “della pandemia mondiale”, gli anni degli sconvolgimenti sociali, gli anni che ha dato all’ Italia più morti delle guerre nazi-fasciste del 1942, gli anni dell’ aumento esponenziale dei disoccupati e le chiusure delle aziende.

Anche se questa pandemia non è paragonabile a morti e disastri di una guerra ( la quale colpisce tutti indistintamente e non ci sono vaccini o precauzioni per difendere la persone, e per questo il raffronto non è applicabile), ha comunque prodotto un’ economia propria della guerra. Ha scavato solchi ancora più profondi nella già fragile società italiana.

Eh già. Tante volte dai politici e da chi governa abbiamo sentito questa frase “..siamo in un’ economia di guerra..”. Ma i nostri giovani, i nostri settantenni e addirittura chi ci governa, non hanno mai vissuto la devastante Seconda guerra mondiale conclusasi nel 1945; ergo non sappiamo come realmente si potesse vivere in quegli anni strazianti e come reagivano i governi. Lo sappiamo dalla storia; come le democrazie occidentali hanno applicato restrizioni anche alla politica e alle grandi aziende. Perché, come è giusto che sia, in un’economia di guerra è austerity per tutti: se c’è povertà tra il popolo, si tolgono, almeno, e si tagliano stipendi e benefit di chi governa, del Parlamento e del suo indotto. Ma tutto ciò oggi non accade, nonostante da più parti si acclami di essere in presenza di un’ economia di guerra.

Ovvio, non abbiamo più “eroi sacri della politica” come De Gasperi o Moro, ma quello che fa male ai cittadini italiani, oggi, non è solo la poca competenza della classe politica, ma un vero “menefreghismo” totale: parlamentari eletti in collegi o città che nemmeno conoscono pur di avere un posto blindato; l’abbandono completo delle aziende e dei cittadini al loro destino; tutela per chi lavora nel pubblico e abbandono per chi sta nel privato; il Nord che vuole produrre ed il Sud sempre più indietro; la borghesia scomparsa a favore dei pochi ricchi e dell’aumento esponenziale dei poveri italiani.

Ma il problema della classe dirigente italiana scadente non deriva dalle stragi della pandemia, ma dalla scomparsa di quelli che potremo definire dei veri politici centristi e liberali e, soprattutto, dalla poca fiducia degli elettori nei confronti dei loro rappresentanti. Dopo il crollo totale del sistema DC nel 1994, ci ha pensato il Cavaliere Berlusconi a riproporre il centro. Certo, diverso dalla DC ma con ottime fondamenta. Tutto ciò ha dato grande stabilità ai suoi governi, ma poi il centrismo è scomparso. Illuso chi pensava che il Movimento 5 stelle potesse ricoprire quel ruolo quando si sa benissimo che un partito populista non ha nulla dei caratteri liberali, moderati ed europeisti. 

Allora una volta per tutte chiariamo la situazione. Si sente sempre parlare in maniera sgradevole dei centristi considerati, da sinistra e destra, solo persone che vogliono gestire il tutto; partiti “cuscinetto” che tengono sotto scacco il governo anche con una minima percentuale elettiva; persone assetate di potere e di poltrone. Queste sono solo falsità perché sia a destra, sia a sinistra si ha paura della costituzione di un grande Centro che governi per altri cinquant’ anni; il 70% degli italiani sono moderati, laici-cattolici ed europeisti; si vince le elezioni sempre lì. Ecco perché tutti vogliono i voti del Centro.

In primis, il “centrista” non è chi vuole le “poltrone”, ma chi pone al centro della propria azione la questione del Paese e dei cittadini nel suo complesso. Oggi non credo che disponiamo di politici di questo calibro e con questi pensieri.

Poi, c’è il significato di “moderato”, invece, che è complesso da definire oggi. Il moderato è colui che cerca sempre la cooperazione tra le varie forze politiche; non fa risse o spettacoli in Parlamento o TV per sua propria pubblicità; ascolta sempre i cittadini sia quelli che lo hanno eletto, sia ancor di più quelli che non lo hanno votato sul territorio; lavora con tutte le forze politiche nelle aule parlamentari sui temi fondamentali del Paese per farlo crescere e far aumentare la produttività pro capite e… tanto altro. 

Infine, liberali ed europeisti hanno uno sconfinato amore per una grande conquista : l’ Europa Unita. Certo, ci sono da rivedere trattati e collaborazioni perché qualcosa non va ancora sul bilanciamento del potere degli stati; creare quella famosa Carta Costituzionale europea ancora incompiuta ed auspicata da Altiero Spinelli; rivedere le quote di esportazione dei Paesi membri. Ma, comunque, una grande conquista.

Il Presidente Mattarella ha chiesto “costruttori” al Paese per superare la pandemia e iniziare quelle tante attese operazioni di ripresa e di ricrescita economica. Non so se il Presidente stesse pensando in quel momento anche a dei “costruttori politici “. Non posso saperlo. Ma di certo, una cosa è chiara: solo un Governo di centristi, moderati ed europeisti ci può far tornare agli antichi splendori di qualche decennio fa nello scacchiere e nella geopolitica europea ed internazionale, anche se, oggi, in Italia, di questo tipo di politico-statista non se ne vede neanche l’ ombra.

 Paolo Oddi

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