Mentre digito queste righe (il 16 agosto) nel Report Vaccini anti-Covid sul portale di Palazzo Chigi, aggiornato più volte al giorno, si legge che sono state totalmente vaccinate oltre 35 milioni di persone (35.557.416) pari al 65,84% (quasi i due terzi) della popolazione over 12.
Occorre aggiungere alcuni milioni di italiani che hanno già ricevuto la prima dose (il totale delle inoculazioni è infatti di 73.770.416). Con quelli che hanno ricevuto la prima dose, comunica il Ministro della Salute, le adesioni avevano già superato alcuni giorni fa il 70% della popolazione over 12.
Con un accostamento improprio, ma efficace per rendere le proporzioni, rileggo i dati delle elezioni politiche del marzo 2018, alla Camera. Erano 46.605.046 gli elettori, ma di questi a causa delle astensioni solo 33.978.719 andarono a votare. Al netto delle schede bianche e annullate i voti espressi si ridussero a meno di 33 milioni.
Il partito più votato di questi voti ne ebbe 10.945.411.
Da qualche tempo Leonardo Becchetti insiste sul “voto con il portafoglio” a proposito della possibilità che i consumatori hanno di orientare le scelte produttive delle imprese. Si parla di “voto con i piedi” a proposito di chi sceglie altre situazioni rispetto a quella che disapprova. Nel nostro caso è facile affermare che gli italiani si sono dichiarati pro vax in maggioranza assoluta ed anzi con quella che in altri contesti si chiamerebbe una maggioranza qualificata.
Tanto più rilevante, questa scelta degli italiani, se si riflette che in questi otto mesi la promozione del vaccino non ha seguito una progressione sempre lineare e che, soprattutto in alcune fasi, il commisto vocio di politici e scienziati (o sedicenti tali, gli uni e gli altri) giustificava il giudizio di confusione, che si udiva in strada e in tante conversazioni casuali.
È il fatto più rilevante e politicamente decisivo che il popolo italiano abbia deciso di vaccinarsi. Mentre una minoranza eterogenea per comportamenti e motivazioni cercava spesso di alzare i toni, oltre i due terzi degli italiani (ma la percentuale va salendo), maggioranza silenziosa ma fattiva, aveva già scelto di contrastare il virus impegnandosi personalmente con gli strumenti oggi disponibili. Sono questi italiani che hanno già salvato la vita di decine di migliaia di persone. C’è un rischio? Soppesare i rischi di scelte alternative è mestiere degli adulti ed competenza collettiva di una società orientata alla responsabilità e alla vita.
Ci sono alcune considerazioni in appendice. Una riguarda l’eterogeneità della minoranza decrescente dei non vaccinati, che non è possibile trattare come un unico. Ci sono i non vaccinati che si vaccineranno, a mano a mano che ne maturano la determinazione o che il vaccino arriverà più vicino a loro. Ci sono le persone per le quali la vaccinazione è obiettivamente sconsigliata. Ci sono le persone che diffidano delle novità. Ci sono i creduloni fuorviati da fake news, leggende metropolitane, bufale fatte circolare in buona o malafede. Quando ascoltiamo o leggiamo che circa un migliaio di persone (da 500 a 1500 secondo l’occhio e la benevolenza delle fonti) si sono radunate per una manifestazione a Piazza del Popolo non possiamo dimenticare che lo stesso giorno migliaia di persone provvedevano a vaccinarsi a Roma). Si tratta di una piazza eterogenea, di No Vax per varie motivazioni, di no Green Pass, di gruppi estremisti che cercano di deporre un uovo nel nido di una iniziativa di altri.
Afferma Alberto Zangrillo del S. Raffaele di Milano (su HuffingtonPost il 12 agosto): “Come scritto anche da Nature, quasi il 20% della popolazione non si vaccinerà. E su questo c’è poco da fare. C’è uno zoccolo duro di scettici che è difficile da scalfire”. Dunque anche secondo queste previsioni i vaccinati, in assenza di obbligo e con condizionalità limitate a poche categorie, supereranno l’80% della popolazione.
Penso che si possa avere più fiducia nel buonsenso e nel realismo degli italiani. Tuttavia già oggi possiamo constatare che una grande scelta popolare è avvenuta e che le forze di varia natura che hanno contrastato questa scelta hanno avuto una efficacia ridotta. Il vaccino non è un partito, e derivare troppe conseguenze politiche dalla scelta degli italiani sarebbe improprio. Anzi tra vaccino e politica sono state instaurate relazioni eccessive e improprie. È tempo di decantare e di fare cadere tante strumentalità, un rumore di fondo che disturba ma non distrae.
Qualunque decisione si dovesse assumere in futuro per governare questa infida fase della Pandemia, e le presumibili code (se come si teme non dovesse semplicemente sparire del tutto) in termini di ipotetica introduzione dell’obbligo vaccinale per tutti o per categorie determinate, in generale o in relazione a frequentazione di luoghi e attività, non si dovrà trascurare che gli italiani hanno già deciso con un’adesione massiccia, rapida, composta, determinata.
Più che in altre circostanze, questa scelta degli italiani è una prova di realismo e di consapevolezza che da fiducia nel futuro.
Rimane qualche interrogativo politico. Come mai capi di partito, anche quando la maggioranza dei loro elettori sono già vaccinati, e secondo rilevazioni sono in maggioranza favorevoli a Green Pass, continuano a patrocinare posizioni di frange minoritarie. Non è una manifestazione di teatro del grottesco, e non fa ridere. Partiti minoritari (intorno al 20%) competono per un primato che potrà essere di uno o due punti percentuali se non di qualche decimale. Comprensibile (e non accettabile) che accantonando la responsabilità e inseguendo con disinvoltura ogni briciola di consenso si faccia questo gioco. E’ grande il bacino degli astenuti, assai minore il bacino dei No Vax. Perché accanirsi a pescare nello stagno e non nel lago? Ma il recupero degli astenuti non si accontenta di ammiccamenti, perché richiede veri messaggi politici e seria credibilità.
E infine. Molti cosiddetti scettici sono vittime di false notizie e messaggi fuorvianti. Un paese libero non può gestire l’inflazione delle bufale censurando e bloccando (fatte salve le fattispecie che configurano reati). Prende consistenza il tema della cittadinanza digitale (si vedano anche alcuni aspetti della Riforma della Giustizia). Ma allora la cittadinanza digitale dovrà avere la sua educazione civica. La capacità di ragionare e valutare, la cultura e la consuetudine del factchecking, l’esercizio critico del discernimento, devono entrare nell’istruzione dei più giovani (anche molti adulti avrebbero bisogno di scuole serali… per così dire di digitalizzazione civica).
L’educazione a muoversi consapevolmente e criticamente nella rete, avvalendosi delle sue straordinarie utilità, ma senza cadere nelle tante trappole, senza seguire pifferai, o canti di sirene, senza ascoltare il Gatto e la Volpe, senza ascoltare seduttori malevoli. Questi esempi dicono che ci sono rischi ben noti, solo che ora viaggiano sui social. Ci trovano tutti, non solo i bambini, più esposti, più soli, e meno sostenuti da contesti di controllo sociale. Insomma non operarla direttamente (se non per quanto attiene l’astenersi da cattivi esempi) ma predisporre norme e strumenti per l’educazione civica digitale è un nuovo compito della politica. E non è prematuro parlarne ora, anzi.
Vincenzo Mannino

About Author