L’arte della Medicina occidentale, che pur si avvale di metodiche altamente tecnologiche, non offre ancora terapie specifiche ed efficaci contro il COVI-19. Le raccomandazioni terapeutiche dei vari Governi e delle società scientifiche non sono del tutto coincidenti. Continuare ad indossare correttamente mascherine adeguate e a rispettare il distanziamento di almeno un metro (da aumentarsi in particolari circostanze) incontra una diffusa resistenza (in)civile. Al 27.04 la sindemia ha mietuto nel pianeta 3.135.889 vittime su 148.548.035 contagiati censiti (dati Woldometers, consultato il 27.04.2021 alle ore 12.00).

In questo contesto drammatico è emersa in diffusi e variegati strati di popolazioni nel mondo una opposizione alla vaccinazione. Il fenomeno è stato analizzato in diverse pubblicazioni scientifiche. Fra le altre: D. Fiacchini et Al Percezione del rischio nella pratica vaccinale”; R. Brotherton, Menti sospettose. Perché siamo tutti complottisti, Torino, Bollati Boringhieri, 2017; Communication skills for talking about COVID vaccines. A new supplement to the VitalTalk COVID-Ready Communication Playbook. Version 1.2 / 04 Jan 2020; Giselle Corbie-Smith, Vaccine Hesitancy Is a Scapegoat for Structural Racism JAMA Health Forum; Winfried Rief  Fear of Adverse Effects and COVID-19 Vaccine Hesitancy JAMA Health Forum; Bruce L. Miller Science Denial and COVID Conspiracy Theories. Potential Neurological Mechanisms and Possible Responses November 2, 2020. doi:10.1001/jama.2020.21332.

Sorprende in modo particolare la resistenza al vaccino da parte di professionisti della salute (medici e infermieri). Una quota non minimale di questi è totalmente contraria alle vaccinazioni (cosiddetti No-vax); altri – solo per la sindemia in atto – sono spaventati dalla possibilità di effetti avversi gravi, anche mortali, e reputano insufficienti le garanzie di sicurezza fin qui ottenute dalle case farmaceutiche. Esse, a loro dire, avrebbero avuto il permesso di mettere in commercio vaccini preparati troppo in fretta (cfr. provvedimenti EUA negli USA) e non sufficientemente testati. Le agitazioni sono così vivaci che si rischia di far ricadere anche le pratiche vaccinali nelle spire della “medicina difensiva”. Case farmaceutiche e Governi, per non incorrere in contenziosi legali, potrebbero ritardare le campagne vaccinali pur di acquisire tutti i dati necessari per mettersi al riparo da ogni possibile denuncia: la diffusione del virus e i decessi aumenterebbero vieppiù giacché – come è scientificamente risaputo – la vaccinazione non protegge solo chi si vaccina ma anche la collettività.

Nel contesto dell’individualismo propugnato dal pensiero unico prevalente che è indifferente al bene comune, l’interesse del singolo viene tutelato in modo prioritario ed esasperato: di conseguenza, è dato per scontato che non valga proprio la pena correre il benché minimo rischio in proprio per contribuire a proteggere gli altri. A cominciare dai parenti stretti per finire con tutte quelle persone che si incontrano per i più svariati motivi.

Secondo il mio sentire, c’è in simili atteggiamenti anche la conseguenza del peggio del ’68 che si estende alle successive generazioni: la totale allergia a qualsivoglia direttiva provenga da un’autorità. Adolescenze mai superate che impediscono comportamenti sociali virtuosi.

In definitiva, per certi versi, si rincorre il “rischio zero”. Sebbene sia sotto gli occhi di tutti (almeno di coloro che non vogliono tenerli chiusi) che la vita stessa è un susseguirsi di rischi. Si rischia viaggiando, lavorando, mangiando, persino facendo sport e andando al cinema o al teatro (… Bataclan …). Un terremoto potrebbe sempre sorprenderci anche se avessimo deciso di isolarci, a scopo preventivo, nella nostra camera da letto!

Chiedo ai professionisti della salute riottosi a vaccinarsi: con quale coscienza, fra loro, un medico prescrive e un infermiere somministra farmaci di cui è nota la possibilità di effetti collaterali potenzialmente mortali (ad esempio, anticoagulanti)? È vero che il paziente è libero di non assumerli ma essi non dovrebbero preventivamente estendere ai loro pazienti le stesse garanzie che reclamano per se stessi? E a quelli fra loro che temono una vaccino-dipendenza: ricordano a quante vaccinazioni antinfluenzali e antitetaniche si sono sottoposti?

Il “rischio zero” non esiste: è ovvio! Ma allora, cosa spinge a rincorrerlo con tanta ostinazione?

A mio parere, la molla di simili atteggiamenti risiede anche in due realtà censurate dall’edonismo imperante. Esse, non affrontate e non elaborate, compromettono risposte sagge anche nell’imminenza di pericoli certi. Mi riferisco alla sofferenza e, soprattutto, alla morte. Sono, queste, due realtà rimosse dalla cultura globalizzata attuale poiché essa – negando pervicacemente ogni metafisica e ogni trascendenza – non ha alcuna risposta di senso da offrire.

Il tempo di Pasqua conferma ai cattolici il valore salvifico della sofferenza e la vittoria di Gesù Cristo sulla morte: con la certezza della sua risurrezione e dell’amore del Padre per noi possiamo affrontare i rischi della vita sapendo che tutto ciò che ci accade (e accadrà) è volontà di Dio, quand’anche non immediatamente comprensibile o drammaticamente doloroso. Con un simile bagaglio di speranza, fiduciosi nei pareri ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità, confidenti nelle possibilità dell’arte della Medicina (certamente, con tutti i suoi limiti), consapevoli che perfetto è solo Dio, come possiamo sottrarci al dovere civico del vaccino anti-COVI-19? Χριστός Ανέστη

Roberto Leonardi

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