Continuità e discontinuità non sono necessariamente momenti antitetici nel decorso di processi culturali, sociali o politici. Talvolta convivono, pur su piani distinti, talaltra sono addirittura reciprocamente funzionali. Questo assunto vale anche in ordine al movimento politico dei cattolici.

Oggi è necessario porre in essere un coraggioso atto di discontinuità. Non per negare la matrice di ispirazione cristiana che ci accomuna al PPI di Sturzo ed alla DC di De Gasperi e Moro, bensì per riproporla, purché con il linguaggio, l’apparato argomentativo ed il programma nuovo, che la fase storica in cui siamo entrati esige. Discontinuità delle forme come condizione previa per dare continuità alle radici ideali, antropologiche e storiche del cammino che intendiamo intraprendere.

Non ha senso che i cattolici continuino a baloccarsi con vecchie categorie, talvolta intrise di rimpianto, invocando, ad esempio, la ricomposizione della cosiddetta “diaspora”. PPI e DC, per quanto forze laiche ed aconfessionali, per forza di cose, in quei loro momenti storici, parlavano soprattutto all’elettorato cattolico. Oggi, in un contesto globale e di compiuta secolarizzazione, “ispirazione cristiana” vuol dire, piuttosto, ricercare le parole adatte, rivendicare le ragioni appropriate, i programmi e l’ azione politica pertinente, per dar conto, a chi provenga da altre fedi e da altre culture, di quale sia l’intrinseco valore umano e civile dei principi, dei criteri di giudizio, delle categorie interpretative dell’ “umano” che, da credenti, abbiamo ricevuto in dono, in uno con la fede.

Se non fossimo consapevoli che la “cultura della persona” è la cifra riassuntiva della nostra visione e, ad un tempo, il fermento necessario, anzi l’arco di volta da cui non si può prescindere per reggere il peso della svolta epocale, del cambio del paradigma storico verso cui siamo incamminati, senza esserne schiacciati, non ci sarebbe ragione di riproporre, nell’attuale quadro politico, una presenza organizzata autonoma, aperta al dialogo con tutti, fermamente attestata su una concezione cristiana dell’uomo, della vita e della storia, tributaria, congiuntamente, della Costituzione e della Dottrina Sociale della Chiesa.

Non un partito, in qualche modo, a sua volta, “nostalgico”, né, ovviamente, “dei” cattolici o “per” i cattolici, ma neppure “di (soli) cattolici. Un “partito di programma”, secondo la lezione di Sturzo; aperto a rapporti ci coalizione che valorizzino le diversità nel quadro di una coerenza condivisa, come ci ha insegnato De Gasperi; attento o cogliere, fin dalle prime increspature del tessuto sociale, quei moti di novità, quelle domande di libertà che via via avanzano, come dovremmo apprendere da Moro; capace di dar conto di una speranza. Riconoscendo che il pluralismo delle scelte politiche dei cattolici non è una iattura da riassorbire, ma il segno di un travaglio e di una libertà di spirito, da considerare una ricchezza.

Questa è, almeno, la “ratio” attorno a cui INSIEME e’ nato e che, forse, merita di essere ripuntualizzata, nel momento in cui l’area cattolica, fortunatamente, riflette e, in modo fervido, si interroga sulla responsabilità politica che le compete.

Domenico Galbiati

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