Ciò che ha caratterizzato il lavoro di preparazione del nome e del simbolo – e di questo ringrazio tutti gli altri compagni di cordata – è stato il fatto di essere capaci di ascoltarsi e di valutare le ragioni che ognuno ha portato nella discussione.
La capacità di fare sintesi in politica, la mediazione alta – anche in questa che è la scelta di un simbolo – è stata direi la più bella lezione che viene da questo lavoro.
Si è deciso che il nome – la cosa più importante, il simbolo viene poi di conseguenza – dovesse essere nuovo, nel panorama politico italiano. Un nome nuovo. Cosa significa? Che alcuni termini non li abbiamo presi in considerazione. Come mettere “Italia” nel simbolo. Ci sono già Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva. Anche un aggettivo a noi caro – a me carissimo, da Presidente dell’Associazione Popolari del Piemonte – come “popolare” è obiettivamente inflazionato dopo che tanti partiti si sono richiamati questa tradizione, sia sul fronte del centrodestra sia su quello del centrosinistra.
Poi, abbiamo deciso che non fosse un nome strano, né botanico né animale. Ci siamo preclusi un ambito certamente interessante: pensate al successo che ha avuto il brand “sardine”, che ha colpito, ha “bucato” nell’opinione pubblica. Noi però abbiamo preferito andare su una definizione che non fosse, diciamo, così originale.
Neppure si è pensato di usare parole che a una grande fetta di opinione pubblica suonano sgradite. Ad esempio presentarsi con il nome “partito” nel simbolo, quando due terzi degli italiani sentono la parola “partito” e già sono diffidenti. Purtroppo è così, perché noi sappiamo di essere un partito, come richiede la Costituzione. Nello Statuto, come sappiamo, siamo un partito, un partito serio. Ma lo abbiamo evitato nel nome. Così anche la parola “politica”, per noi nobilissima – “la forma più alta della carità” disse Paolo VI.
Ci siamo anche dati una limitazione che è stato difficile far metabolizzare a qualche amico che ha partecipato al progetto del nuovo partito dagli inizi: non abbiamo voluto creare un recinto identitario. Noi abbiamo una forte identità, che è data dalla nostra ispirazione cristiana, dal riferimento alla nostra Costituzione e alla Dottrina sociale della Chiesa. Però abbiamo convenuto di non usare né il termine “cattolico”, né il termine “cristiano”. Né potevamo inserire nel simbolo “immagini o soggetti religiosi”, come prescrive chiaramente la legge (art. 14 ultimo comma DPR 361/1957). Analogamente abbiamo abbandonato termini che in qualche modo delimitano un campo: “i Bianchi”, “Parte bianca”, “i Guelfi”. Certo, potremmo definirci bianchi, come ci sono i rossi, i verdi, i gialli, i neri. Ma ci siamo chiesti perché delimitare il campo per una forza politica che vuole essere inclusiva, che vuole parlare a tutta la società italiana e che chiede un’adesione sul suo programma. A un partito aperto e inclusivo non conviene nel nome delimitare un ambito, un recinto in cui già da solo si rinchiude.
Infine, abbiamo pensato di non chiamarci con nomi che richiedono per essere compresi una “mediazione culturale”, come la chiamo io. Per spiegarmi faccio un esempio.
Nei primi anni ’80 Giovanni Spadolini divenne il primo Presidente del Consiglio non democristiano. Vi fu un grande battage sui media, televisione e giornali, che parlavano del primo Presidente del Consiglio laico nella storia della Repubblica. Ricordo allora – ero un giovanotto che si interessava di politica – un sondaggio che venne fatto, chiedendo al campione statistico: “Giovanni Spadolini è il primo Presidente del Consiglio laico nella storia della Repubblica. Ci saprebbe Lei indicare il nome di un partito laico?”.
Il 60% degli italiani rispose: la Democrazia cristiana. Perché, evidentemente, da decenni sentivano nella predica domenicale parlare di impegno dei laici nella Chiesa, e associavano la parola “laico” alla religione cattolica, e quindi alla democrazia cristiana che rappresentava la nostra cultura.
La lezione di questo sondaggio datato è quella che per noi le parole sono conosciute, sono note. Quando in occasioni come questa usiamo il linguaggio della politica, tutti sappiamo a cosa ci riferiamo. Ma non dobbiamo mai dare per scontata la stessa conoscenza da parte dell’insieme dei cittadini italiani, a cui come partito dobbiamo e vogliamo rivolgerci.
Voi direte: con tutti questi paletti come avete fatto a trovare un nome? Ci siamo davvero preclusi tante strade.
Il nome di un partito dipende sempre da una scelta politica. E due sono gli elementi che lo hanno fatto scegliere, e partono dall’analisi di questi ultimi 25 anni di vita politica del nostro Paese. Noi usciamo, o meglio puntiamo ad uscire, dalla stagione dell’individualismo, dalla stagione della diaspora: perché per la nostra cultura l’individualismo ha significato la dispersione e l’insignificanza. Dicevo ieri che l’individualismo ha caratterizzato questa nostra epoca recente e ne diamo un giudizio assolutamente negativo. Il fatto che ognuno sia stato il referente di se stesso, questo egoismo, questa autoreferenzialità è stata la cifra caratteristica della politica degli ultimi 25 anni, anche perché è stata la cifra caratteristica dell’intera società.
La seconda osservazione. Questa è anche stata l’epoca del bipolarismo muscolare, una camicia di forza che si è tentato di mettere alla politica italiana. Abbiamo così avuto la demonizzazione dell’avversario politico, la lotta ad ottenere un voto in più, quello che serviva per vincere grazie ad abnormi premi di maggioranza. Abbiamo subìto una politica urlata, che ha dimenticato il valore del confronto politico, del dialogo, del sedersi intorno ad un tavolo tra realtà diverse e inizialmente distanti per trovare la soluzione ai problemi.
Noi vogliamo superare tutto questo. E il nome che abbiamo scelto dà subito l’idea di un approccio radicalmente diverso da quello oggi imperante.
Qualcuno dirà che partendo da Costruire insieme e Politica insieme non è stato difficile arrivarci. Ma la scelta è stata frutto di ragionamenti ben più ampi che ci hanno portati al risultato.
Nel simbolo domina la parola “Insieme”, che domina nel campo bianco tinta di un rosso caldo, tendente all’arancione per richiamare le persone protagoniste nel partito con la loro passione politica e civile. Abbiamo anche un marchio grafico, due maglie di catena che sono il simbolo internazionale del link, del collegamento, dell’unione: immagine scelta per rendere graficamente il concetto di “insieme”, ma anche per richiamare il concetto che le buone idee non bastano da sole ma camminano con le gambe delle persone. Una maglia della catena è rossa, le persone, noi qui riuniti e chi da domani si avvicinerà al partito. L’altra è blu, lo stesso colore della parte sottostante in cui sono richiamati i contenuti, lavoro e famiglia, solidarietà e pace: quattro ambiti, quattro parole che caratterizzano in modo ampio ed efficace il nostro impegno. Non sono temi che esauriscono i nostri valori, ma certamente ne riassumono una gran parte. Come campo dei contenuti abbiamo scelto volutamente il blu-Europa con il richiamo alle stelle della bandiera dell’Unione. Una scelta forte, nella convinzione che non riusciremo a risolvere nessuno dei gravi e complessi problemi del nostro tempo in una dimensione solo italiana. Non ci piace l’Europa degli egoismi nazionali né quella del rigore burocratico ma noi dobbiamo avere l’orgoglio di rilanciare e continuare a credere nell’Europa che Alcide De Gasperi, con Schuman e Adenauer, aveva pensato e contribuito a creare.
Da ora non siamo più solo gli aderenti a un Manifesto che auspica la nascita di un nuovo soggetto politico: quel soggetto politico è realtà, il suo nome è INSIEME.