Ad essere onesti, non è forte né viva la nostra comunità nazionale. E’ stremata. L’Italia è stremata ma non dal Covid. E’ stremata da tre decenni, più serio aggiungerne uno, dunque da quattro decenni di cattiva politica, di caduta inarrestabile dei valori di solidarietà e di giustizia provocata dagli uomini della politica. Non tutti, sia chiaro. Ma dalla maggioranza di essi, si. I buoni hanno perso quasi tutte le battaglie. La cattiva moneta, ancora una volta, ha scacciato la buona.

Se la pandemia ci avesse invasi a valle di una stagione virtuosa, ne saremmo venuti a capo prima e meglio. Senza indulgere nello sport nazionale del “becchinismo”, peraltro ben rappresentato in Parlamento, anzi trasversale e maggioritario (da cui il succedersi di coalizioni in contrasto con la logica politica d’ogni tempo), in primo luogo, avremmo avuto una struttura sanitaria forte nella prevenzione, solida nella territorialità, credibile nella conduzione finanziaria, integra nei processi di mobilitazione delle risorse umane. Abbiamo registrato presenze eroiche in questi mesi. Li ringraziamo ogni giorno e li ringrazieremo per sempre.  Avremmo preferito che non ce ne fosse stato uno solo di eroe, ma che tutti gli operatori sanitari si fossero trovati nella condizione di curarci e rassicurarci. In secondo luogo, avremmo voluto che nessun anziano fosse sorpreso all’interno di strutture residenziali, pubbliche e private, laiche e religiose, in condizioni di penosa debolezza, ad esser guardati, padri e nonni, madri e nonne,  come propagatori involontari del virus anziché come persone meritevoli, verso la fine della loro vita, di una protezione accentuata, di una prossimità sociale incondizionata ed amorevole. Degna della civiltà che pretendiamo ci sia riconosciuta. Credete, crediamoci, non sarà difficile passare dai livelli essenziali di assistenza ai livelli essenziali di civiltà. Questi ultimi precederanno tutti gli altri, giacché li abbiamo codificati nella Costituzione (aggredita dai partiti, anziché esaltata nella progressività della sua attuazione). In terzo luogo, avremmo voluto che nessuno studente si fosse trovato a perdere una sola ora di apprendimento, lo strumento essenziale della cittadinanza, la prova di una autentica (non monetizzata) lealtà intergenerazionale. Avremmo voluto che l’organizzazione scolastica, nei suoi edifici e nella sua struttura digitale, si fosse trovata al pari con i tempi. La scuola, senza che la politica dei partiti se ne facesse carico, ha perso anni ed anni. E’ irrimediabilmente ripetente. Insieme, contiamo di recuperarla e pazienza se dovrà farlo con lo schema dei “trenta anni in uno”.

E’ questa la lezioncina di chi vuole approfittare della crisi per un vantaggio di parte? No. Questa è una denuncia e la esprimo con le parole di Tocqueville: “La singolare omogeneità che regna tra tutti gli uomini che si trovano al di sopra del popolo mi pare essere la causa prima di quella tiepidezza singolare nella vita pubblica di questo paese, del vuoto reale dei dibattiti parlamentari e dell’insignificanza degli uomini politici…perché in fondo essi differiscono più per le parole che per le idee”.

Qui non siamo a scuola di filosofia politica, siamo in cerca, con un nuovo partito, “Insieme”, di concretezza per le azioni che abbiamo indicato nel nostro documento programmatico ( CLICCA QUI ). Per questo, leggiamo in profondità il pensiero di chi ha tracciato il solco della seminagione democratica. Con due tratti, Tocqueville ci mette al riparo dal rischio di essere al di sopra del popolo e di imbrogliarlo con le parole (in assenza di idee e, soprattutto, di ideali). Il nostro popolarismo, semplicemente, risiede nell’essere nel popolo, con una proposta politica non verbosa, bensì concreta e munita di copertura costituzionale tanto nei principi ispiratori quanto nelle intenzioni di giustizia redistributiva.

Io non penso che commentatori ed avversari, e neppure amici in competizione, non abbiano compreso la nostra aspirazione trasformatrice e per questo ci sottovalutino e ci scambino con vecchi attrezzi della politica fuori dal popolo e privi di idee. Al contrario lo sanno e temono il cambiamento epocale verso il quale intendiamo indirizzare la politica, i suoi operatori costituzionali, cioè i partiti, per poter dopo anni ed anni rimettere al centro di una vera azione l’interesse generale, il bene comune.

Le nostre idee, i nostri ideali precedono le nostre parole. Due anni e mezzo di preparazione, non dal basso come si suole dire, ma dalla Persona, per convincere il nostro Paese ferito ad abbandonare scetticismo e astensionismo, smarrimento e paura, relativismo e perdita di senso della comunità, sono servite a tirar su una pianticella con difese antiparassitarie forti, immune da tentazioni, cosciente di poter fallire ma solo per il compiersi nella storia della fine dell’umanesimo. E, per quest’ultimo rischio, Insieme tiene in vita il seme di tutte le libertà e dei diritti e della fratellanza universale, proiettandosi nella luce della verità.

Ci incasellano nelle categorie che amano, coloro che ci ritengono inutili. Ho l’impressione che all’ispirazione cristiana in politica non si voglia perdonare non solo la Democrazia Cristiana, ma anche Sturzo, De Gasperi, Moro, ed ancora gli uomini della Costituente, lo sviluppo democratico, lo spirito europeista, la libertà come diritto.  Qualcuno ci leggerà un’assonanza con le parole usate da Sciascia. Ha ragione. Il nostro partito che è aperto ed inclusivo, che programmaticamente opera in funzione popolare, che è un fine e non un mezzuccio parolaio per imbrogliare il Popolo, non intende dare copertura a chi, in fondo, concilia l’antipolitica con la politica, e se ne avvantaggia, oppure non se ne avvantaggia ma lascia le cose come stanno perché nel bene comune non crede. Noi di Insieme vediamo bene che l’antipolitica è strumento di potere, come lo è stata l’antimafia “retorica aiutando e spirito critico mancando”, con le parole di Sciascia.

Per questo chiediamo un confronto aperto, perfino con i cultori misterici della partitolatria.

Non vorrei mai che non fosse chiaro chi sono i destinatari della nostra riflessione.

Il valoroso cardinal Ruini, dopo l’intervista al Corriere della Sera rilasciata ad Aldo Cazzullo lo scorso 6 ottobre, è stato fatto passare come un avversario della nostra iniziativa politica. Quasi quasi ci cascavo.

Allora, il Cardinal Ruini, al netto di come sono state configurate le domande, ha scritto parole di incoraggiamento per la nostra impostazione politico-culturale. Rileggiamole.

Cazzullo gli chiede se sia d’accordo sul declino politico-culturale della Chiesa italiana di cui parla Massimo Franco. Gli risponde che dimensione culturale e fede sono connesse al pari della politica con la cultura. E che occorre reagire, da parte dei laici credenti e della Chiesa. INSIEME è risposta politica di laici credenti, né ottusi né sanfedisti, aperti ed inclusivi, cristianamente ispirati.

Cazzullo gli chiede: “Cosa dovrebbero fare i cattolici per contare di più sia nella politica che nella discussione culturale? Come si ferma la scristianizzazione?” Risponde Ruini che si deve avere fiducia nell’attualità di una cultura che abbia il cristianesimo alle sue radici e che decisiva è una testimonianza cristiana autentica, personale e comunitaria ed occorrono capacità politiche ed amore per la libertà. Ma questo è lo spirito di INSIEME!

Cazzullo gli chiede: “c’è spazio oggi in Italia per un partito dei cattolici? Magari al seguito del premier Conte”. Ruini risponde, parole testuali: “non vedo uno spazio del genere. I cattolici devono puntare sui contenuti dell’azione politica, individuati anche alla luce di una visione cristiana dell’uomo e della società; e devono collaborare con chi, cattolico o no, condivide tali contenuti. Oggi purtroppo in larga misura manca proprio l’attenzione ad una visione cristiana”. Cardinal Ruini, eminenza, siamo totalmente d’accordo. La prego, legga i nostri documenti politico programmatici. INSIEME, il partito cristianamente ispirato, venuto in essere perché questa ispirazione non sia mediata 1000 e 1000 volte dai partiti e ridotta in poltiglia a destra e a sinistra, inclusivo e dialogante, è la risposta alla sua attesa. Lasci perdere Salvini e Meloni, eviti di citarli perché li accredita per essere al servizio dell’interesse generale, del bene comune e non lo sono come è dimostrato dalla condizione politica nella quale viviamo. Per dirla tutta, nel tempo della dilatazione dei confini verso la globalità, nel tempo in cui l’universalismo cristiano, che è vivo nella spiritualità del mondo e non è rappresentato nella politica, ci accorda le credenziali di servizio alla persona, dovunque essa sia, non c’è spazio per sopranista mi ottusi, ce ne è per la sovranità popolare.

Una decina di anni fa, Padre Sorge scriveva un articolo intitolandolo “vogliamo uscire dalla palude?”

Si, lo vogliamo. Ma se ne esce non consolidando la logica del bipolarismo, sulla quale lo stesso Padre Sorge, il cardinal Ruini, Veltroni ed altri rifiutano la realtà dei fatti, cioè la condanna dell’inefficienza di un trentennio politico che ha addirittura acuito la disomogeneità sociale del Paese. Se ne esce con un partito di ispirazione cristiana, che voglia trasformare il paese e non rilanciare i professionisti del moderatismo. Aveva ragione, Padre Sorge, nel dire che nel 2008 i cattolici non erano interessati all’idea, ancorché esistessero le condizioni favorevoli per realizzarla?  Chissà. Oggi ci sono. Non per un partito cattolico, bensì per un partito di ispirazione cristiana, come è INSIEME, con l’inveramento dei quattro elementi essenziali del popolarismo sturziano: l’ispirazione religiosa a garanzia dei diritti civili e delle libertà fondamentali; laicità con un programma di cose da fare ispirato ai valori del cristianesimo mediati in scelte laiche in vista del bene politico comune che è laico; riformismo coraggioso e responsabile; territorialità, per un popolarismo autentico che nasce dalla base.

Ai tanti uomini e donne che cercano in una rinnovata prossimità, presenza della politica, noi diciamo di organizzarsi INSIEME, perché i fondamenti del bene comune, dell’interesse generale questi partiti li hanno distrutti.

Sorge invocava” un’area neopopolare democratica che a partire dalle regioni, giunga ad avere dimensione nazionale”. L’abbiamo formata, a partire dalle persone, per salire fino allo Stato, all’Europa, alle Nazioni Unite.

Alessandro Diotallevi

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