INSIEME è chiamata alla prova dei fatti, a mostrarsi per quello che è o intende fare. I tempi delle premesse sono esauriti e così le analisi: adesso è la proposta che deve emergere, forte e chiara. Difficile essere innovativi, originali: più semplice affermarsi per sottrazione, dire cioè quello che non si è e non si vuol essere. L’autocertificazione però da sé non basta perché bisogna avere la capacità di convincere: di essere credibili. Saremmo ingenui a pensare che basti incarnare le buone virtù della politica per avere seguito: fondamentale è la percezione, la capacità di accreditarsi come soggetti affidabili.

Più facile è esercitare il discredito dell’altro perché si sa che motivi per lamentarsi si trovano sempre. Parlare male poi aggrega e l’insulto, anche se non costruisce, aiuta a sfogarsi, a prendersi qualche rivincita verbale. Il VAFFA, dopo essere diventato un mantra, ha spalancato le porte del Parlamento a chi ne aveva fatto il proprio vessillo. Poi si è visto che lo stilema declamatorio faceva premio sull’efficacia della proposta. Non era quella la via per il riscatto della politica, svuotata da ogni residuale credibilità.

Destra e sinistra sono state archiviate come espressioni logore, di significato arcaico. Gli ideali e i principi che le hanno a lungo caratterizzate sono stati diluiti fino a perdere senso. Difficile oggi ritrovare un’identità politica se non su posizioni radicali, necessitate da fisionomie annacquate sull’altare del consenso. La via della mediazione è per definizione mediana è non può stare né troppo a destra né troppo a sinistra, a meno che non si decida appunto che sia proprio quello l’obiettivo. Si è così cercato di trasformare l’alternativa in alternanza, introducendo, a furor di popolo, il sistema maggioritario, ritenuto il rimedio adatto alla nostra storica instabilità politica: non più governi brevi, secondo tradizione, ma durevoli per un’intera legislatura.

Regole e cultura non viaggiano però in simbiosi e, quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto agevolare il sistema, rendendolo più saldo, di fatto ha finito per allontanare ancora di più il cittadino dalla politica. Il maggior potere delle segreterie, con la nomina dei parlamentari sottratta alla scelta dell’elettore, ha solo portato all’aumento dell’astensionismo. La partecipazione civica alla vita politica, a lungo invocata, si è in pratica tradotta in un’auto esclusione, accentuando la deriva in atto tra cittadino e istituzioni. Non bisogna sorprendersi perciò se il giudizio sulla politica nel nostro Paese rimane negativo mentre ancora si salva la considerazione per le cariche istituzionali, come il Capo dello Stato e oggi il credito crescente verso il Presidente del Consiglio.

Perché allora impegnarsi politicamente e non smettere di credere che ancora molto si può fare nell’interesse del Paese. Utopia? Forse. Allora dev’essere chiaro che il risultato non è mai certo, ma l’impegno è un dovere presente, avvertito ed esigente. In questo, l’educazione cattolica costituisce quel substrato formativo che orienta i comportamenti al rispetto e al bene del prossimo. Da lì nasce quella cultura del dover fare che spinge ad assumersi degli impegni se non degli obblighi, tra cui la militanza politica come atto di generosità. L’impegno civico, assistito dal discernimento si traduce in azione, in cui mettere a frutto competenze e conoscenze a favore della comunità. Se queste sono le motivazioni dell’agire, allora non mancheranno né la forza né la passione per cercare di contribuire a migliorare le sorti del Paese. Non è ambizione ma senso di responsabilità da esercitare con rigore, proprio perché ci si candida a rappresentare interessi collettivi.

Quando si è sorretti da un’ispirazione profonda, non si è ripetitivi e si è sempre alla ricerca di soluzioni originali e adeguate alla bisogna. Più che le facce serve aggiornare le idee e preservarle dalla caducità. A fare la differenza non è l’età ma l’atteggiamento, la serietà e l’applicazione, quel senso del dovere che è scritto nella coscienza di ciascuno e che si fa sentire solo se gli prestiamo orecchio. Spetta certo a chi ha accumulato maggior esperienza, essere di esempio e fare testimonianza di sane e operose virtù. Le buone intenzioni hanno bisogno di trovare un terreno fertile in cui innestarsi e germogliare così da essere apprezzate. Più ce n’è, meglio è. Rimanendo isolate rischierebbero di non essere individuate o percepite, senza produrre frutto.

INSIEME invece si possono fare grandi cose: l’importante è cominciare.

Adalberto Notarpietro

 

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