Negli ultimi anni, sulla scorta degli obiettivi nazionali ed europei in materia, l’offerta di asili nido e di servizi per la prima infanzia è in parte cresciuta in Italia. In base ai dati più recenti, relativi all’anno educativo 2018/19, i posti disponibili sono arrivati a 25,5 ogni 100 bambini tra 0 e 2 anni. Una crescita non trascurabile, ma che risulta ancora troppo lenta rispetto agli obiettivi europei di 33 posti ogni 100 bambini. È uno dei tanti elementi che emergono dal rapporto nazionale “Asili nido in Italia ( CLICCA QUI )”, promosso dall’impresa sociale Con i Bambini e Openpolis.
La ricerca, oltre a fornire dati aggiornati sul tema, indica come l’asilo sia un servizio non solo sociale ma anche e soprattutto educativo. E poiché le basi che vengono gettate nei primi anni di vita condizionando tutto il percorso successivo dell’apprendimento, è cruciale raggiungere almeno l’offerta richiesta dall’Europa aumentando di circa 300mila unità i posti disponibili negli asili nido pubblici. In questo senso Next Generation EU – come lascia intendere il nome stesso dello strumento – rappresenta una strada privilegiata per investire sul futuro delle prossime generazioni che oggi appare compromesso dalla crisi.
Il report si inserisce nell’ambito delle iniziative dell’Osservatorio sulla povertà educativa #conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis attraverso il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile creato nel 2016 grazie all’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, Governo e Terzo Settore. Il Fondo sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori e negli ultimi anni ha permesso di erogare 302 milioni di euro a sostegno di 422 progetti che coinvolgono circa 500 mila bambini e ragazzi che vivono in condizione di disagio, grazie al lavoro di oltre 6.700 organizzazioni.
Di seguito si riportano alcune delle informazioni più interessanti fornite da “Asili nido in Italia”, insieme ad alcune delle dichiarazioni fatte dai promotori e dagli esperti che hanno partecipato alla sua presentazione nei giorni scorsi.
Le differenze territoriali
Il rapporto indica come ci siano profonde distanze tra i territori nella diffusione di asili nido e servizi prima infanzia. In questo senso bastano pochi, macroscopici dati per inquadrare il fenomeno. A fronte di un Centro-Nord che ha quasi raggiunto l’obiettivo europeo (32%) e dove in media due terzi dei Comuni offrono il servizio nido, nel Mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5 e il servizio è garantito in meno della metà dei Comuni (47,6%). La differenza tra le due macro-aree geografiche è di 18,5 punti.
Se guardiamo alla situazione su base regionale, ai primi posti si collocano Valle d’Aosta (45,7%, cioè quasi 1 posto nei servizi socio-educativi per la prima infanzia ogni 2 bimbi residenti), Umbria (42,7%), Emilia Romagna (39,2%) e Toscana (36,2%). Al Sud, ad eccezione della Sardegna che supera la media nazionale (29,3%), vanno oltre la soglia del 20% solo Abruzzo e Molise, mentre Puglia e Basilicata si attestano poco sotto il 17%; a maggiore distanza si collocano Campania (11%), Sicilia (10%) e Calabria (9,4%).
Se si osserva la situazione delle province, quelle emiliano-romagnole superano i 33 posti oggi 100 bambini tra (tranne Piacenza al 25,8%). In Toscana 6 province superano la soglia del 33%, una (Arezzo, 32,7%) l’ha praticamente raggiunta e altre 3 sono poco sotto, con dati comunque superiori al 29%. Di contro, sono tutte meridionali le 8 province che non raggiungono un posto ogni 10 bambini residenti: Trapani (9,7%), Napoli (8,9%), Ragusa (8,7%), Catania (8,1%), Palermo (8%), Cosenza (7,7%), Caserta (6,6%), Caltanissetta (6,2%).
Queste medie però nascondono divari all’interno degli stessi territori. Anche nelle maggiori regioni meridionali, caratterizzate come detto da una copertura media più bassa, il livello non è infatti uniforme. In Sicilia, ad esempio, l’offerta potenziale presente nella Città Metropolitana di Messina (17 posti ogni 100 bambini) è quasi tre volte quella della provincia di Caltanissetta (6,2%). In Calabria il dato di Crotone (16,3%) si contrappone a quello di Cosenza (7,7%). In Campania, l’offerta potenziale di Salerno (13 posti ogni 100 bambini) è quasi doppia rispetto a Caserta (6,6%).
Aree interne, offerta comunale e anticipatari
L’altra frattura evidenziata dal rapporto è quella tra i maggiori centri urbani, dove gli asili nido sono più diffusi, e i Comuni delle aree interne, dove la domanda debole e dispersa ha storicamente limitato lo sviluppo di una rete di servizi per l’infanzia. Tra i “Comuni polo”, ovvero baricentrici in termini di servizi, e quelli periferici e ultraperiferici (distanti almeno 40 minuti dai poli) il divario è di ben 13,8 posti. Il problema è che 1 bambino su 5 con meno di 3 anni vive proprio in aree interne e quasi il 7% abita in un Comune periferico o ultraperiferico. Questi ultimi, essendo quelli i più distanti dai Comuni polo, sono quindi anche quelli dove l’offerta di servizi prima infanzia è più carente.
Per l’anno educativo 2018/19 circa il 59,6% dei Comuni offriva il servizio nido da solo o in associazione con altri (in termini di popolazione, l’83,9% dei residenti in Italia abita in un Comune con asili nido o servizi integrativi) ma la diffusione appariva anche in questo caso molto eterogenea. In 9 province (Aosta, Trieste, Pordenone, Reggio nell’Emilia, Ravenna, Firenze, Prato, Taranto e Barletta-Andria-Trani) tutti i Comuni offrivano almeno un posto; in altre 36 meno della metà dei Comuni erogava il servizio.
La ricerca indica un altro elemento interessante: la carenza di asili nido è un incentivo al fenomeno degli anticipatari nelle scuole materne. In Italia sono circa 70mila i bambini che all’età di 2 anni frequentano già la scuola dell’infanzia. A fronte di una media nazionale del 14,8% di bambini di 2 anni anticipatari, il dato supera il 20% in gran parte delle regioni meridionali, con picchi del 29,1% in Calabria, del 25% in Campania e del 23,7% in Basilicata. Dove sono più sviluppati i servizi prima infanzia, come in Valle d’Aosta ed Emilia Romagna, invece, gli anticipatari sono rispettivamente il 5,4% e il 6,7 per cento
L’opportunità di Next Generation EU
Mettere a fuoco queste differenze nell’offerta di servizi, spiega la ricerca di Con i Bambini e Openpolis, è essenziale per evitare di vanificare le politiche in materia. La legge 232/2016, ad esempio, ha introdotto il cosiddetto bonus nido che prevede un contributo di 1.000 euro (innalzato a 3.000 euro con la legge di bilancio 2020) per incentivare l’uso dei nidi. Si tratta di un’iniziativa importante poiché gli incentivi economici dal lato della domanda sono fondamentali per promuovere l’uso del servizio, ma parallelamente è necessario investire sul potenziamento della rete sul territorio per renderli davvero efficaci. È quindi giusto tenere a mente l’obiettivo nazionale del 33% e incentivare l’accessso al servizio anche attraverso contributi monetari, ma bisogna far si che il risultato non dipenda dal potenziamento delle sole aree del Paese già più “infrastrutturate”. In assenza di interventi dedicati alle zone più indietro, e in particolare le citate aree interne, il rischio è di acuire ulteriormente le differenze esistenti.
In questo senso sarà fondamentale l’utilizzo delle risorse europee che arriveranno nei prossimi anni. Come ha spiegato Vincenzo Smaldore, Direttore editoriale di Openpolis, “Next Generation EU può essere l’occasione per invertire la rotta, ma per sanare disuguaglianze così ampie è necessario partire dai dati sui divari nell’offerta, Comune per Comune”. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, infatti, da un lato, stabilisce esplicitamente come obiettivo quello di “aumentare l’offerta di asili nido e servizi per l’infanzia in modo da favorirne una distribuzione equilibrata sul territorio nazionale”. Dall’altro indica il potenziamento dei servizi prima infanzia come uno degli interventi per sostenere l’occupazione e l’imprenditorialità femminile.
È infatti enorme il contributo che lo sviluppo del servizio può offrire nella riduzione dei divari di genere: una questione che incrocia disuguaglianze sociali e territoriali profonde. Le regioni del Sud, economicamente più fragili, sono sia quelle dove l’occupazione femminile è più bassa che quelle dove l’estensione dei servizi prima infanzia è inferiore. Proprio per questo il potenziamento del sistema integrato 0-6 anni, in particolare per la fascia 0-2, deve essere considerato una priorità nazionale. Anche per contrastare un altro fenomeno fortemente collegato a quelli citati: quello della povertà educativa.
Più educazione, meno diseguaglianze
“La povertà educativa dei bambini e delle bambine affonda le radici già nella prima infanzia, e si consolida ben prima della scuola primaria. D’altro canto è dimostrato come un asilo nido di qualità rappresenti, per i bambini, uno strumento efficacissimo di riduzione delle diseguaglianze di ingresso nel sistema scolastico e un investimento fondamentale per prevenire la dispersione” ha spiegato Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-EU di Save the Children Italia. “L’analisi presenta chiaramente e in modo accurato i gravi squilibri oggi esistenti in Italia nella rete dei servizi. Proprio nei territori dove c’è maggior povertà educativa e dispersione scolastica mancano gli asili nido e questo rende anche più difficile per le giovani donne l’ingresso nel mondo del lavoro. Il PNRR dovrebbe permette di fare un passo in avanti decisivo nella disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia in tutto il Paese e, allo stesso tempo, a riequilibrare questi drammatici divari territoriali”.
“Investire nella prima infanzia con servizi educativi di buona qualità è essenziale per contrastare le disuguaglianze di partenza e consentire a tutti i bambini e le bambine di sviluppare appieno le proprie capacità” ha sottolineato anche Chiara Saraceno, portavoce dell’Alleanza per l’infanzia. “L’Italia, purtroppo, non solo investe relativamente poco sui bambini, specie i più piccoli, ma lo fa in modo molto diseguale, “deprivilegiando” i bambini che vivono nei territori già più svantaggiati, venendo meno al dettato dell’articolo 3 della Costituzione che pone l’obbligo di rimuovere gli ostacoli l pieno sviluppo della personalità”.
Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini, in conclusione ha ricordato che “partire presto e bene cambia tutta la vita delle persone. Ciò è vero in generale. Lo è ancor più per chi nasce in situazione di esclusione e fragilità. Il potenziamento dei servizi da solo però non basta. Si deve puntare soprattutto a ridurre i divari tra i territori, che sono molto ampi come dimostra il report. É anche importante il come si raggiunge l’obiettivo, i processi. “Grazie ai progetti sostenuti dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile” ha concluso Rossi Doria “che è di decisiva importanza puntare sulle comunità educanti che garantiscono di raggiungere tutti i bambini e bambine e di rafforzare anche l’azione educativa dei genitori grazie ad ‘alleanze educative’ tra scuola, famiglie, privato sociale, civismo educativo, istituzioni locali. Il dialogo, l’ascolto, la cooperazione, il fare sistema in particolare sul tema dell’educazione dei più piccoli, soprattutto nelle aree più fragili, è la strada maestra”.
Lorenzo Bandera
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