“Sua Santità incoraggia a considerare la presenza di tanti fratelli e sorelle migranti un’opportunità di crescita umana, di incontro e di dialogo fra culture e religioni”. Così scrive il Cardinal Parolin. Poche parole che colgono perfettamente nel segno e delineano quel quadro concettuale al di fuori del quale il fenomeno delle migrazioni appare irrisolvibile. Parole che sottendono, infatti, la domanda dirimente cui non possiamo sfuggire e che esige una risposta decisiva per orientare il campo delle riflessioni che sul tema si possono ulteriormente sviluppare, solo dopo averla soddisfatta.
I migranti sono una pietra d’ inciampo o, appunto, un’opportunità? La cosa concerne l’Italia, che chiaramente manifesta due differenti indirizzi, ma anche l’Europa ed ogni Paese che vi si riconosca. L’UE deve, anzitutto, convincersi che l’argomento – come, per altro verso, ad esempio, il sostegno al popolo ucraino – è definitorio della sua stessa identità.
O l’Europa ha un’ anima, una coscienza morale ed una puntuale consapevolezza di sé, della sua storia plurimillenaria, della responsabilità civile che ne consegue nei confronti del mondo intero oppure l’Europa non è.
Deve rispondere di quella straordinaria sovrapposizione di culture, di visioni differenti della vita e della storia che si sono via via succedute nella sua memoria, l’hanno arricchita e rappresentano un patrimonio di civiltà, che esige di essere condiviso con altri popoli in un processo di reciproca fecondazione. Insomma, quel processo di “crescita umana” di cui parla Papa Francesco.
Cosa significa il fatto che a Tbilisi, capitale della Georgia, chi protesta contro le restrizioni alla libertà di stampa, lo faccia sventolando la bandiera blu a dodici stelle dell’ Unione Europea? Dobbiamo augurarci che quel che afferma Von der Lajen nella missiva con cui risponde alla lettera della Meloni, non siano parole a fior di labbra, ma il presupposto di atti concreti e fatti certi. La strage di Crotone va considerata da tutti un punto di non ritorno.
Abbiamo superato ogni limite oltre il quale la responsabilità delle forze politiche – che siano maggioranza oppure opposizione – diventa politicamente schiacciante e moralmente insostenibile. Allo stesso modo, l’Europa deve prendere atto del fatto – su queste pagine lo sosteniamo da tempo non sospetto ed ora comincia a far capolino anche altrove – che il fenomeno migratorio, nella misura in cui allude ad una trasformazione multietnica delle nostre comunità, terrà il campo almeno per tutto il nostro ventunesimo secolo. Dobbiamo comportarci, fin d’ora, di conseguenza, anziché rappresentare i migranti come una minaccia diretta ad accendere paure che qualcuno, dopo aver appiccato il fuoco, si prodiga a sedare per trarne consenso.
Domenico Galbiati