Il discorso con cui Mons. Paglia, nei giorni scorsi, ha aperto i lavori dell’ Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita – pubblicato giorni fa anche da Politica Insieme (CLICCA QUI) – è ricchissimo di spunti che andrebbero approfonditi. Ma, per la verità, va, anzitutto, considerato come, nel loro insieme, i temi che concernono la vita e le implicazioni di carattere etico che li accompagnano, rappresentino un universo tematico che interpella la politica, per quanto quest’ ultima ne farebbe volentieri a meno.

La questione sottesa a questi temi, le domande imposte, ad esempio, dallo sviluppo delle biotecnologie – in particolare nel campo della genetica, delle neuroscienze e della bioingegneria più avanzata – solo in un secondo momento riguardano aspetti della vita collettiva. Primariamente toccano l’uomo come tale, addirittura in riferimento agli aspetti più intimi della sua stessa costituzione biologica, psicofisica e mentale. Lo interrogano circa la sua effettiva natura e consistenza.

In sostanza, le domande ultime, quelle che fin qui sono state appannaggio della filosofia e della religione, investono il campo della scienza. O meglio è quest’ ultima a voler catturare nelle maglie rigorose del suo impianto galileiano, fatto di osservazione e di misura, di esperimento, di calcolo e di matematizzazione, un ambito tematico che, in verità, a sua volta, si rivela essere, appunto per la stessa scienza, una serpe in seno. Una serpe che la sfida, mette a dura prova la sua pretesa autosufficienza ed, anzi, mostra come anch’ essa tocchi un tetto oltre il quale non è in grado di innalzarsi ancora, per quanto presuma, ma non è così, di essere, da sé sola, esaustiva della conoscenza umana.
In altri termini, si va componendo un ambito tematico – anzitutto, attorno a cosa sia davvero la “coscienza” – che esige la creazione di un dominio conoscitivo che non appartenga più alla filosofia piuttosto che alla scienza, bensì ad entrambe congiuntamente o meglio ad una loro reciprocità tutta da costruire.

Per farla breve, la politica non è ancora del tutto attrezzata, sul piano metodologico, per scalare questi versanti.
Tanto più impervi perché oggi lo sviluppo della scienza è tale da porre l’uomo, per la prima volta nella sua storia, nella condizione di essere ad un tempo soggetto ed oggetto della sua intelligenza. E questo rispecchiarsi dell’ uno nell’ altro, mette in campo un reciprocità ed intreccio tra natura e cultura sovraccarico di valenze etiche difficili da dipanare. Eppure la politica non può ricusare questa sfida. Per cui deve, anzitutto, averne piena consapevolezza ed, in secondo luogo, farsi convinta, su ogni fronte culturale, che per gli anni a venire, libertà e giustizia, democrazia e solidarietà devono necessariamente passare attraverso questi nodi tematici, mantenendo ferma la sacralità della vita.

Domenico Galbiati

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