Con una mini proroga riservata alle famiglie con un reddito Isee inferiore ai 15 mila euro, condizionata dall’esecuzione di almeno il 60% dei lavori autorizzati, si chiude definitivamente l’epoca del Superbonus 110% per le ristrutturazioni abitative.
La copertura della spesa relativa, cioè la differenza tra la detrazione del 110% e il 70% delle nuove detrazioni che entreranno in vigore nel 2024, sarà coperta con l’apposito fondo per le famiglie indigenti già costituito. Restano confermati i limiti precedentemente imposti per l’usufrutto del Superbonus per i lavori già eseguiti e certificati al 31 dicembre 2023, e con uno stato di avanzamento precedente superiore al 30%, e la possibilità di portare l’intera somma nelle detrazioni fiscali rateizzare in 10 anni in alternativa alla cessione dei crediti d’imposta o degli sconti in fattura. Una via d’uscita che può risultare vantaggiosa per i committenti che hanno una capienza fiscale adeguata
I lavori già eseguiti riguardano 92 mila condomini e 350 mila villette e abitazioni indipendenti, destinati ad aumentare in relazione agli aggiornamenti in corso sulle pratiche autorizzate dagli Enti locali. Una sproporzione che mette in evidenza la drammatica improvvisazione di un provvedimento scellerato destinato a condizionare i margini della spesa pubblica anche nelle future Leggi di bilancio, in relazione alla rata annuale degli sgravi fiscali autorizzati e le conseguenze dei continui cambiamenti di marcia sui comportamenti delle famiglie e degli operatori economici nel corso dei prossimi anni.
Con le risorse impiegate dal Superbonus, per ristrutturare poco più del 3% del patrimonio abitativo nazionale, si poteva finanziare l’equivalente di 10 anni delle detrazioni fiscali ordinarie pari al 65% dei costi sostenuti dai privati per migliorare la qualità sismica ed energetica delle abitazioni. Lo sgonfiamento della bolla speculativa rischia di determinare un effetto depressivo sul tessuto delle piccole imprese e dei fornitori dell’edilizia residenziale. La leva della cessione dei crediti e dello sconto in fattura non potrà essere utilizzata per i prossimi anni per ristrutturare un patrimonio abitativo, prevalentemente storico, che risulta largamente superiore ai fabbisogni per via del declino demografico e dello spopolamento dei comuni e delle aree interne.
Nel frattempo le Istituzioni della Ue hanno approvato un regolamento che fissa i parametri e i tempi per l’adeguamento energetico delle abitazioni che in Italia faticheranno a trovare proprietari e investitori disponibili per adeguare un patrimonio che si sta rapidamente svalutando anche per gli effetti dei vincoli europei che ignorano il principio di realtà.
L’edilizia abitativa continua a essere una parte integrante delle filiere produttive che innovano le tecnologie, i materiali e i beni durevoli anche delle aziende esportatrici.
Il recupero del patrimonio storico rimane una condizione fondamentale per favorire l’evoluzione del modello di accoglienza turistica.
Dobbiamo ripensare le nostre politiche abitative anche per far fronte alle dinamiche demografiche e ai fabbisogni delle persone anziane, ma per queste esigenze diventa importante definire gli obiettivi di medio e lungo periodo che riscontrano l’interesse generale e ricostruire la fiducia delle famiglie, degli operatori finanziari e delle imprese verso gli strumenti che sono in grado di orientare il risparmio nella direzione condivisa.
Natale Forlani
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