Sull’asilo da concedere ai migranti, la Cassazione ha messo un punto fermo: i giudici di merito non possono solo basarsi su generiche “fonti internazionali” sull’assenza di conflitti nei paesi di provenienza. D’ora in poi il magistrato deve evitare “formule stereotipate” e “specificare sulla scorta di quali fonti” siano state acquisite “informazioni aggiornate sul Paese di origine”.
La sentenza è stata originata dalla richiesta di un migrante proveniente dal Pakistan al quale era stato rifiutata l’accoglienza. La Suprema Corte ha trovato “fondato” il reclamo dell’uomo cui la Commissione prefettizia di Lecce e poi il Tribunale della stessa città, due anni fa, avevano negato il diritto di protezione internazionale.
Il pakistano sosteneva che l’asilo gli era stato negato “in base a generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan,senza considerazione completa delle prove disponibili” e senza che il giudice avesse svolto una vera e propria indagine.
Secondo la Cassazione ha chiarito che il giudice “è tenuto a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate”.
Il giudice deve accertare “anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale della vita o alla persona” e deve specificatamente indicare le fonti prese in esame.
“Senza una simile specificazione, dice la sentenza della Cassazione, sarebbe vano discettare di avvenuto concreto esercizio di un potere di indagine aggiornato”.