La Corte Costituzionale è intervenuta sul fine vita. Lo ha fatto, come previsto, prevedendo la non punibilità, a determinate condizioni, di chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio. La notizia è stata diffusa, guarda caso, nell’ora canonica della messa in onda dei telegiornali serali, attraverso una nota del proprio ufficio Stampa.

Domenico Galbiati di Politica Insieme  ha così commentato:

“ E’ difficile esprimere un giudizio compiuto solo sulla base di un Comunicato Stampa della Corte e senza disporre ancora del testo della sentenza in ordine all’art. 580 del Codice Penale relativo all’aiuto al suicidio.

Ad ogni modo, la non punibilità della condotta di chi concorra all’atto suicidario altera profondamente il quadro legislativo fin qui vigente a tutela della intangibilità della vita e, per quanto invochi il peraltro indispensabile intervento legislativo del Parlamento, di fatto, nel contempo, traccia fin d’ora un percorso se non preordinato, comunque fortemente vincolante il suo pronunciamento.

Il riferimento alla normativa vigente in tema di consenso informato, cure palliative  e sedazione profonda per quanto sembri essere inteso come fattore di cautela e di prudenza, in particolare al fine di tutelare le persone vulnerabili, non impedisce di ritenere che di fatto la Consulta apra, purtroppo, più di uno spiraglio a favore delle tesi eutanasiche.

Ora la palla passa al Parlamento e, per quanto ci riguarda si apre, contro una deriva nichilista, un importante campo di azione culturale, formativo e soprattutto politica ispirato contestualmente ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa e della Carta Costituzionale”.

La Conferenza episcopale Italiana ha immeditamente diffuso la seguente nota:

“Si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”.
I Vescovi italiani si ritrovano unanimi nel rilanciare queste parole di Papa Francesco. In questa luce esprimono il loro sconcerto e la loro distanza da quanto comunicato dalla Corte Costituzionale.
La preoccupazione maggiore è relativa soprattutto alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità.
I Vescovi confermano e rilanciano l’impegno di prossimità e di accompagnamento della Chiesa nei confronti di tutti i malati.
Si attendono che il passaggio parlamentare riconosca nel massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta”.

Numerosi altri gli immediati commenti provenienti da giuristi e da esponenti di movimenti d’ispirazione cristiana che nei mesi scorsi hanno provato a far valere questioni importanti sotto vari profili, a partire da ciò che riguarda i rapporti tra i diversi ordini dello Stato, Questione particolarmente delicata in una Repubblica parlamentare di cui si vedono espropriate le due Camere delle proprie prerogative, anche se non è possibile dimenticare la loro colpevole latitanza in materia.

Domenico Menorello, coordinatore dell’Osservatorio parlamentare “Vera lex?” sostiene che la Corte “ sembra aver dato vita a una vera propria norma sostituendosi al Parlamento”  per finire con lo “ sbilanciare ulteriormente la Repubblica sul potere giudiziario”.

Menorello lamenta i comportamenti dei  principali gruppi parlamentari e ricorda come il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, “ dopo aver affermato il primato del Parlamento sulla materia, non ha nemmeno incaricato l’Avvocatura dello stato di chiedere quel rinvio che avrebbe consentito alle Camere di provare a esercitare la loro insostituibile funzione”.

“Ora – conclude con il coordinatore di ” Vera Lex?” – proseguirà con più baldanza e determinazione il nostro impegno civile, affinché nei fatti si affermi la cultura della vita nei luoghi di cura e nella società, contro il tentativo di far nascere un servizio sanitario a scartamento ridotto per nascondere e abbandonare i più deboli”.

Il Centro Studi Livatino parla di confusione, incoerenza e arbitrio rinvenibili nella decisione della Consulta perché “ demanda al giudice del singolo caso stabilire se sussistono le condizioni per la non punibilità, cioè investe il giudice del potere di stabilire in concreto quando togliere la vita a una persona sia sanzionato, oppure no; fa crescere confusione e arbitrio, ricordando che deve essere rispettata la normativa su consenso informato e cure palliative: ma come, se la legge sulle cure palliative non è mai stata finanziata e non esistono reparti a ciò attrezzati?; medicalizza il suicidio assistito, scaricando una decisione così impegnativa sul Servizio sanitario nazionale, senza menzionare l’obiezione di coscienza, di cui pure aveva parlato nell’ordinanza 207; ritiene l’intervento del legislatore “indispensabile”: e allora perché lo ha anticipato come Consulta?

Secondo il Movimento per la Vita assistiamo ad una “ grave  sconfitta” per tutta la società e sostiene che se ne vedranno gli” effetti nefasti sulla solidarietà. Verranno meno le ragioni profonde della prossimità e dell’assistenza. Con tutte le drammatiche conseguenze sul SSN”.

“ È chiaro, prosegue il Movimento per la Vita, che dietro l’introduzione sociale del suicidio assistito come dell’eutanasia c’è una cultura che non sa riconoscere la dignità umana nei malati, nei disabili, negli anziani e strumentalizza il tema della libertà. È la cultura dello scarto. È necessario reagire e non soccombere. Che il Parlamento intervenga almeno per evitare le peggiori derive, che la coscienza dei medici si rifiuti di collaborare ad atti che cagionano la morte, che la medicina palliativa e la terapia del dolore sia davvero diffusa su tutto il territorio nazionale, che si rinforzino autentici legami e relazioni di autentica solidarietà, perché come abbiamo detto tante volte la morte si accetta e non si cagiona”.

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