Quando si dice la creatività dei giovani e le ispirazioni che possono derivare dal loro sguardo, libero e disincantato, non condizionato da quel tanto di postura più rigida, meno flessibile che noi inevitabilmente accumuliamo. E’ bastato incontrarli e già ci insegnano, ci offrono prospettive, visioni nuove.

La proposta di Simone Righini – uno dei giovani che Giorgio Rivolta ha chiamato a collaborare al Laboratorio di formazione politica – diretta a creare per i giovani una sorta di anticamera per la formale adesione al partito, uno spazio – si badi bene – non pre-politico, ma, si potrebbe dire – se ho compreso bene – di “pre-militanza”, è di grande interesse. Evoca, peraltro, una riflessione che – sia pure per accenni, poi abbandonata, ma sicuramente da riprendere – è intervenuta anche tra alcuni di noi, fin dai tempi dello Statuto. Riflessione che oggi, a maggior ragione, si impone dopo la disastrosa prova che gli attori bipolari ed i singoli partiti che, dall’una o dall’altra parte vi concorrono, hanno dato di sé nella vicenda del Quirinale.

Noi stessi abbiamo dato vita al partito, ma sostanzialmente – né potevamo fare diversamente, nell’urgenza dei tempi – ci siamo attenuti, grosso modo, alla fisionomia classica del partito nella sua accezione tradizionale e, dunque, datata. Con ogni probabilità, la crisi profonda che oggi sta sfarinando gli attori in campo, trova anche qui, in questa storica inadeguatezza strutturale, la sua ragion d’essere. Infatti, si tratta, anche per noi, di andare ben oltre e di immaginare, potremmo dire, il partito del tempo post-moderno.

Finora abbiamo raffigurato questa necessaria ricerca nella formula: passare dal partito piramidale al partito “a rete”.
Dalla stagione del collateralismo, alla stagione di una articolazione plurale di ruoli e di funzioni, vissuta come una ricchezza piuttosto che come una dissipazione di energie. Ma onestamente questo non è che un modesto “incipit” per una riflessione sistematica che deve andare ben oltre. Più che ad un semplice aggiornamento dello Statuto, dobbiamo riprendere questo approfondimento. Insomma, dal nuovo partito al partito “nuovo”.

Se concepiamo la politica come quel “pensare politicamente” che non si esaurisce nel palazzo, bensì la schioda dal palazzo e l’assume come dimensione “vissuta”, destinata ad arricchire la “cittadinanza” di ognuno, dobbiamo ammettere come la “militanza”, nel senso tradizionale del termine, sia l’espressione più compiuta dell’impegno politico, ma, di per sé, non l’unica. Insomma, dobbiamo lavorarci. Ad esempio – e mi fermo qui – la “competenza” come la strutturiamo, anche con un concorso non “collaterale” o subalterno, ma critico, libero e paritario, nella chiarezza dei ruoli, anche con soggetti singoli o collettivi che non sono immediatamente organici al partito?

Insomma, spazio e gratitudine ai giovani convintamente impegnati in INSIEME che l’amico Rivolta e coloro che con lui collaborano alla creazione del Laboratorio, sta accompagnando in un percorso di grande interesse.
Consentendoci di scoprire – perfino inaspettatamente per molti di noi – che INSIEME è, con ogni probabilità, percentualmente, se non il più giovane, uno dei partiti più giovani in campo.

Domenico Galbiati

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