La tentazione è quella di riascoltare il forte intervento di Mario Draghi, nel luglio 2012, quando annunciava che la Banca Centrale Europea sarebbe stata pronta a tutto (“whatever it takes”) per difendere l’euro e l’economia dell’eurozona contro gli attacchi speculativi che mettevano a rischio l’intera costruzione europea.
E’ successo giovedi, dopo la prima conferenza stampa della neo presidente della BCE, la signora Christine Lagarde, alla quale è sfuggita l’affermazione che “non è compito esplicito della Banca Centrale quello di sostenere o comprimere gli spread sui titoli di Stato”. Ed è francamente difficile non pensare che, data la eccezionalità del momento, la signora Lagarde abbia voluto dare un segnale di discontinuità, aprendo ai falchi tedeschi e nordeuropei spesso ostili alla linea perseguita da anni da Draghi.
Altro che gaffe: i banchieri centrali non fanno gaffe e la nuova presidente della BCE è una volpe di vecchio pelo, essendo stata prima ministro francese dell’economia e poi direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale. Le indiscrezioni trapelate ai giornali che hanno parlato di furibonde telefonate da Roma subito dopo la conferenza stampa, quando i mercati si stavano scatenando contro i nostri titoli di Stato, vista l’indifferenza di cotanta autorità monetaria, sono quindi credibili.
Mentre perfetto per scelta di tempo è stato il duro avvertimento di Mattarella, non uso facilmente a questi interventi, per precisare che “ l’Italia si aspetta dall’Europa solidarietà e non ostacoli”.
Prima della conferenza stampa il pacchetto di misure decise dalla BCE non era stato certo né innovativo né esaltante: ancora acquisti di titoli per importi di poco superiori a quelli già previsti; nessuna variazione dei tassi di interesse (peraltro già negativi); condizioni più favorevoli per determinati prestiti alle istituzioni finanziarie; vigilanza meno
pressante allentando le regole “prudenziali” imposte alle banche.
Altre erano le aspettative. Il giorno prima delle decisioni della BCE il banchiere italiano Lorenzo Bini Smaghi in una intervista a “Il Foglio” aveva suggerito il possibile ricorso a strumenti per finanziare direttamente le imprese con l’acquisto di “corporate bond” e di utilizzare la riduzione dei tassi non solo per le nuove operazioni ma anche per i prestiti già in essere a imprese e famiglie.
Non certo innovazioni strepitose ma almeno segnali chiari al mercato visto che le banche sono già gonfie di liquidità. Per non parlare di una coraggiosa apertura almeno in prospettiva agli euro-bond, vale a dire ad emissioni di titoli garantiti dalla Banca Centrale che hanno sempre trovato l’opposizione dei tedeschi ma dei quali si è ricominciato a parlare a Bruxelles pur limitandoli agli investimenti ”green”.
Come per non parlare della proposta del professor Mario Monti nel suo recentissimo articolo sul “Corriere della Sera” dove propone un grande prestito a lungo termine da collocare anche sul mercato internazionale “non intralciato da regole sul debito” in quanto finalizzato a un “Progetto per la salute” su larga scala.
Ecco dove la BCE poteva aprire il mandato della nuova presidenza cogliendo il tempo di una estrema fragilità della situazione economica che se non affrontata con tutti i mezzi rischierà di durare più della emergenza sanitaria.
Guido Puccio