L’ Italia è chiamata ad una prova d’orgoglio. Siamo una sola comunità e ciascuno di noi è responsabile non solo per sé stesso, ma per l’intera collettività: questo, in sintesi, il messaggio del Presidente del Consiglio, in diretta TV.
Ora tocca a noi – osservati speciali dal mondo intero – aprire una strada e fornire, a tutti gli altri Paesi – nel giorno in cui l’ OMS dichiara lo stato di pandemia – l’esempio dei comportamenti necessari a sconfiggere il nemico.
Ci vuole condivisione, solidarietà.
Esattamente il contrario del veleno che si voleva instillare nelle vene degli italiani, fino alla scorsa estate. La vera prova di forza e di maturità del nostro popolo arriva, dunque, ora e nulla ha a che vedere con le esibizioni muscolari e le pose tragicomiche di un nazionalismo sovranista da guerra dei bottoni. Ed è addirittura beffardo che dopo prolungate campagne di difesa dei confini, ci siamo trovati in casa un nemico subdolo che non avrebbe atteso il permesso di sbarcare in Italia, neppure se al Viminale ci fosse stato ancora il Capitano.
Ora su provvedimenti del governo senza precedenti, si profila finalmente una convergenza importante ed, auguriamoci, una tregua. Se non altro superiamo il clima, finora prevalente, da “tre palle, un soldo”, come nei “tirasegno” dei lunapark di una volta.
Nessuno può negare che siano stati commessi errori e tanto meno che sia legittimo, addirittura doveroso, sollevare critiche, soprattutto se intese ad essere costruttive. Un impaccio ed una titubanza iniziali, ritardi e difetti di comunicazione, un procedere per approssimazioni successive, una sinergia precaria tra i diversi attori istituzionali: erano deficienze, in qualche modo, da mettere in conto, in un frangente del tutto inedito, del tutto privo di precedenti che fornissero un minimo supporto di esperienza.
Senonché, quando l’emergenza incalza, è necessario fare quadrato e trasmettere comunque un sentimento di fiducia nelle istituzioni. Verrà poi il tempo di tirare le somme e stilare le pagelle. Anche perché va riconosciuto che fosse questo o quel governo, una prova del genere avrebbe messo alle strette chiunque.
Siamo stati sorpresi in mezzo al guado di una crisi ultra-decennale e strisciante e, a suo tempo, dovremo riflettere su come possa succedere che un mondo strutturato ed ipertecnologico possa essere sfiancato, in poche settimane, da un evento sostanzialmente imprevedibile.
Siamo barricati nelle nostre case non diversamente da come i nostri progenitori preistorici si barricavano nelle caverne per sfuggire alle fiere.
Il nostro nemico è perfino più sottile ed insidioso e, ad ogni modo, queste analogie devono farci riflettere: la vita ha un fondamento così profondo ed insondabile, forse inattingibile, al punto che neppure le più sofisticate sonde della nostra scienza riescono a raggiungerlo per governarne dinamiche che si impongono da sé.
Abbiamo fatto da battistrada in Europa e gli altri Paesi probabilmente faranno meglio di noi, nelle prossime settimane, anche avvalendosi della nostra esperienza. E poiché, ad ogni modo, il governo è questo e, almeno in questa fase, ce lo teniamo, con una buona dose di realismo, diamoci da fare.
Ciò non toglie che si sia manifestato quello che alcuni osservatori hanno chiamato un deficit di “statualita’”.
In effetti, certe dissonanze tra Governo centrale e Regioni, certe difformità di valutazione tra queste ultime – per quanto dello stesso colore politico e della stessa macroarea – alcuni gratuiti protagonismi di qualche ente locale hanno mostrato come sia necessario stringere qualche bullone del nostro complessivo apparato statuale.
Cominciando a riconoscere alle istituzioni che reggono e garantiscono il nostro ordinamento democratico, il rispetto che meritano, in ogni caso.

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