Non bisogna essere grandi economisti, né esperti del bilancio dello Stato e di conseguenza di quelli regionali o comunali per capire la serietà di una situazione in cui brilla la scarsa qualità nella distribuzione delle risorse finanziarie rispetto alle varie, numerose istanze della società civile per manifestarsi in ogni forma di attività culturale.

Sicché ci troviamo ad assistere ad un sensazionale fenomeno, direi indegno di un Paese che si vanta di avere un posto tra i grandi del mondo, “G7”,  e che – grazie al cielo – si avvale di un patrimonio storico, artistico e culturale che non ha pari in quanto equivale, a detta dei più qualificati osservatori, ad oltre il 60 per cento di quello planetario. Si tratta, in realtà, di una valutazione che ci inorgoglisce, da un lato, e ci tranquillizza dall’altro tanto che ci appisoliamo sugli allori … e scivoliamo di anno in anno nella classifica dei Paesi più visitati. Anche perché ce ne infischiamo di tutelarlo tale tesoro, promuoverlo e valorizzarlo come meriterebbe.

Queste, amare considerazioni derivano non soltanto da un livello d’informazione costante e facilmente acquisibile attraverso i media ed internet, ma soprattutto sbirciando i capitoli di spesa destinati alla cultura; inoltre non è secondario l’aver maturato diverse esperienze nella realizzazione di eventi di cultura e spettacolo, nonché di solidarietà sociale.

Ultimamente mi hanno alquanto colpito due episodi o notizie che certificano una situazione molto stramba, inaspettata e per certi versi preoccupante:

a) la Giunta regionale della Puglia deliberava l’anno scorso, praticamente in modo indolore, cioè senza proteste dell’opposizione, né legittime polemiche, di sottoscrivere una convenzione sulla base della quale l’Amministrazione comunale di Barletta concedeva in comodato le stupende opere d’arte di Giuseppe De Nittis, custodite nel barocco palazzo Della Marra, e la Regione si impegnava a sostenere sia le spese di trasporto, sia quelle assicurative al fine di poterle esporre alla  Philips Gallery di Washington. Decisione bizzarra e senza precedenti nello scenario internazionale ove, per prassi di sempre, avviene esattamente il contrario (chi paga è il fruitore delle opere): motivazione di fondo, o politica, è stata quella di un considerevole ritorno in termini di immagine, grazie all’importanza di un nome come De Nittis (a dir il vero quasi sconosciuto in Italia ed anche nella nostra Puglia) con la diffusione della conoscenza oltre Oceano. Si dovrebbe fare osservare alla Corte dei Conti che la fattispecie qui esposta, brevemente, possa ritenersi ai limiti della legittimità, se non contra legem, ravvisandosi possibili aspetti afferenti l’ipotesi del reato di danno erariale;

b) vengo casualmente a sapere che la Biblioteca della Farnesina non acquista più libri da qualche tempo, non essendo stato previsto alcuno stanziamento al riguardo dall’autorità politica. Che strana sorte per il personale di un dicastero che, per eccellenza e storicamente, va considerato il nostro fiore all’occhiello della P.A., dovendo formare una dirigenza diplomatica ed amministrativa che ha l’onore e l’onere di rappresentare la nazione nel mondo!

No comment: la qualità della spesa pubblica lascia davvero molto perplessi e a desiderare, molto di più e meglio della minestra scaldata fin qui propinataci, a causa di una discutibile capacità decisionale e programmatica della nostra classe governativa. Non possiamo che attenderci, dunque, con un pizzico di ottimismo, un nuovo, più illuminato orientamento nella governance della Cultura italiana, confidando nella sensibilità del ministro Sangiuliano o piuttosto nello spiccato grado intellettuale del sottosegretario Sgarbi, da sempre impegnato e riconosciuto vero esperto d’arte.

Michele Marino

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