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I temi di forte valenza etico-antropologica vanno considerati una componente sempre più rilevante del discorso pubblico e del confronto politico. Tutt’altro che occasionali ed episodici, si dispongono su un versante scosceso che continuativamente impegna ed affatica – è il caso di dirlo – i nostri sistemi politici.

Gli argomenti si succedono e si accavallano gli uni sugli altri e questa lunga teoria è destinata a prorogarsi nel tempo.
Oggi, in particolare, avanzano “maternità surrogata”, algoritmi ed IA, neuroscienze e potenziamento umano, post-trans-umano.

La scienza, classicamente intesa, nel senso galileiano del termine, invade campi tradizionalmente riservati alla riflessione filosofica e si accorge, a quel punto, di non bastare a sé stessa. Per quanto non manchino – anzi ! – ambienti che ancora ritengono che il linguaggio della scienza sia l’unico legittimato a soddisfare la nostra incontenibile aspirazione conoscitiva. Al contrario, quanto più la scienza tocca questioni vitali ed evoca temi che lambiscono l’ essenza dell’ umano, tanto più deve, in un certo senso, tornare sui passi delle sue prime origini e reincontrare, quasi dovesse rientrare nel suo grembo, il pensiero filosofico da cui ha, via via, preso le distanze, lanciandosi nella sua straordinaria avventura.

Peraltro, i nostri sistemi politici sono nati per affrontare tematiche di carattere collettivo ed ancora non sono sufficientemente addestrati in ordine a questioni delicatissime che potenzialmente investono il vissuto e la singolare coscienza personale di ogni cittadino. Infatti, oggi scontiamo un’asimmetria da cui pare sia difficile rientrare.
Questioni addirittura dirompenti, del tutto nuove, capaci di scardinare i nostri consolidati impianti concettuali, di fatto, sono affrontate – e questo vale anzitutto per le forze politiche – secondo chiavi ideologiche le cui radici risalgono al di là del secolo scorso.

Ad ogni modo, a prescindere dalle diverse correnti di pensiero in ordine a tali tematiche, è necessario che vi sia una qualche condivisione sul piano del metodo con cui affrontarle. Anzitutto, in linea generale, la libertà di coscienza dei singoli parlamentari dovrebbe essere riconosciuta sempre e comunque sovraordinata rispetto agli ordini di scuderia dei differenti partiti o schieramenti politici.

In secondo luogo, si dovrebbe convenire, da parte di tutti gli attori politici in campo, che le cosiddette questioni “eticamente sensibili” debbano essere appannaggio delle assemblee parlamentari e non dei governi e delle rispettive maggioranze. Dal momento che si tratta di argomenti strettamente connessi alla cultura che ispira questa o quella parte politica, è necessario che ognuna di queste sia libera di esprimersi al di fuori di ogni vincolo di coalizione.
Ma un altro profilo andrebbe approfondito e qui l’ esperienza della Francia meriterebbe di essere considerata con attenzione.

I temi in oggetto sono talmente intriganti e complessi, da suggerire che si ricerchi una sorta di legittimazione rafforzata della rappresentanza democratica, attraverso un confronto strutturato che coinvolga, come fanno i nostri cugini transalpini, istituzioni regionali e locali, università ed accademie culturali, comunità religiose, associazioni professionali e le più’ varie espressioni della società civile. Anticipando ed affiancando, attraverso un ampio coinvolgimento popolare, i lavori parlamentari.

Domenico Galbiati

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