“Il mondo sta entrando in una nuova era, gli Stati devono continuare a perseguire il benessere per tutti, costruire il dialogo e la fiducia reciproca, difendere valori umani universali, come pace, sviluppo, uguaglianza, giustizia, democrazia e libertà, rispettare i diritti dei popoli, la sovranità e la sicurezza”. Firmato: Putin.

A declamare questi principi sono Putin e Xi Jinping nel documento congiunto che ha chiuso l’incontro del 4 febbraio 2022 (“Dichiarazione congiunta della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese”, leggibile in inglese CLICCA QUI ). Ben prima quindi della aggressione russa in Ucraina.

Parole di pietra quindi, che leggere oggi con la guerra in corso e senza prospettive di soluzione credibili, non possono certo essere relegate alla sola propaganda. C’è qualcosa di più rilevante. C’è la convinzione e la rivendicazione congiunta che sono loro, Russia e Cina, che “vantano tradizioni democratiche di lunga data” (sic!) a rappresentare la libera espressione dei popoli. Noi no. Noi ci facciamo beffa della democrazia (“to sneer at”) e la concepiamo solo su basi ideologiche “contro lo spirito dei veri valori”. Anzi, l’Occidente, ovvero gli Stati Uniti e loro alleati, rappresentano un pericolo perché ritengono universali le loro idee, quindi degne di essere esportate, ed è la loro aggressività che espone a rischio la pace.

Pensavamo di vivere in una sorta di equilibrio permanente nonostante conflitti locali, pandemie, disuguaglianze crescenti. E su questo equilibrio era nato un interscambio economico globale, con tutti i suoi limiti, con le distorsioni della finanza ma anche con conquiste importanti.  Invece no, questo equilibrio si è rotto e le due grandi potenze orientali ci stanno dicendo che per loro la democrazia liberale è morta, e che il nostro patrimonio di idee, di cultura, di civiltà sono finzioni e convenienze.  Sembrerebbe tornata la guerra fredda, se non fosse in atto la tragedia ucraina, e con essa le sovranità limitate e la contrapposizione delle zone di influenza. Oggi addirittura con il ritorno delle frontiere orientali dell’Europa come terreno di contrapposizione.

Quali reazioni ci sono state dalle nostre parti a questa sorta di rivelazione che divide due mondi così contrapposti? Poche, a dire il vero. Tiene banco solo la cronaca della guerra e il rischio sempre aperto che degeneri, visto che non si comprende ancora quanto durerà e sin dove vorrà arrivare l’aggressione.

Il Governo è necessariamente coinvolto dagli avvenimenti, e forse sarebbe opportuno fosse più esplicito dentro le alleanze occidentali: in Europa siamo più vicini a Francia e Germania con la loro prudenza oppure al Regno Unito che ha quasi sfiorato una dichiarazione di guerra? Come normale sarebbe che se ne parlasse anche in Parlamento e che i leader politici ci dicessero qualcosa in più,  non lasciando le analisi solo ai professori ai talk show televisivi. La guerra in corso è sempre meno un fatto di conquista territoriale e sempre più una sfida aperta all’Occidente, e le forze politiche non possono non tenerne conto.

Solo il Presidente Mattarella ancora una volta ha supplito alla politica nel suo importante discorso di ieri a Strasburgo riproponendo una soluzione come quella della conferenza di Helsinki, dove non c’erano un vinto e un vincitore, e non facendo mancare un fremito di incoraggiamento quando, pur preoccupato dei mostruosi eventi, ha invitato tutti ad avere  “una ostinata fiducia nell’umanità”.

“Il futuro della politica è oscuro, ma la crisi della politica è palese” scriveva già negli ultimi anni novanta Eric Hobsbawn nel suo magistrale  “Il Secolo breve”, un libro ancora fresco da leggere, ricordando che prima del 1914 per un secolo intero non c’era stata una guerra generale, e nel breve volgere di poco più di un ventennio sono poi esplose due guerre mondiali.

Intanto continuiamo a vedere la guerra in televisione tutte le sere, e cominciano ad esserci in circolazione i soliti “no euro”, “no vax”, “no tav” e via negando. Come se le differenze tra l’aggressore e l’aggredito fossero sempre più incerte.  Come se vivere a Mosca, a Pechino o a Roma fosse la stessa cosa.

Guido Puccio

 

 

 

 

 

 

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