L’annosa vexata quaestio, dibattuta per decenni in innumerevoli convegni di studi – tra cui il nostro, svoltosi a Melfi il I/6/2011, con il Premio di rappresentanza del Presidente della Repubblica, “Francesco S. Nitti e Giustino Fortunato: due grandi personalità della Valle dell’Ofanto” – è rimasta a lunga distanza dal traguardo risolutivo, nonostante l’istituzione dello SVIMEZ e del FORMEZ (forse anche a causa loro…), le dichiarazioni programmatiche nelle (sorde) aule parlamentari di quasi tutti i governi repubblicani e vieppiù alla luce dei tanti tavoli istituzionali, istituiti per delineare e programmare la rinascita socio-economica del Paese. Ora staremo a vedere se essa troverà legittima cittadinanza nel New green deal tra sviluppo sostenibile, investimenti pubblici e digitalizzazione della P.A.
Resta assolutamente irrisolta la problematica di fondo e il modello di governance territoriale: se la Q. m. debba essere affrontata a “spot” o a casaccio, ad es. rilanciando il grandioso “progetto del ponte sullo Stretto”, oppure secondo una logica di sistema all’interno dell’azione di governo nazionale ed europea.
Secondo laprima ipotesi il cittadino ha potuto rilevare che veniva approvata in un primo momento la legge sul “caporalato”, tanto necessaria quanto di non facile attuazione; quindi la normativa per la regolarizzazione dei lavoratori agricoli di provenienza extracomunitaria. Ne sono ben note le difficoltà applicative a riguardo delle pesanti sanzioni che colpiscono lo sfruttamento del lavoro nero e irregolare, debordante spesso in fenomeni di schiavismo e privazione dei fondamentali diritti alla dignità umana e alle norme igieniche e sanitarie.
E sono di altrettanto dominio pubblico – anche grazie a frequenti dossier televisivi e della carta stampata – gli orrendi agglomerati rurali, in cui bivaccano migliaia di braccianti emarginati che sono costretti, senza il rispetto delle misure anti-covid, a sopravvivere in tali condizioni pur di sottrarsi ai conflitti bellici o ai “lager” libici.
La questione meridionale si ripropone, anzi si rinnova con la tipica creatività italica, in altri mille modi, tra cui segnalo in particolar modo:
a) la “Terra dei fuochi” dalla Campania alla Puglia, non tanto e non solo per colpa delle comunità locali, quanto per via di un sistema, obsoleto e antieconomico, di smaltimento dei rifiuti di vario genere, assurdamente inefficiente e insufficiente per le esigenze odierne, cui si aggiunge il malaffare dei trafficanti illeciti e “sversatori” nei terreni agricoli, talvolta italiani delle regioni settentrionali;
- b) parchi eolici enormi, spesso al limite (e oltre?) della violazione del paesaggio, valore costituzionalmente sancito e protetto, i quali hanno soddisfatto per lo più le esigenze del politico di turno (vds. Presidente Regione Puglia nelle scorseconsiliature), ovvero interessi locali di circoscritti beneficiari e non della cittadinanza locale;
- c) una rete infrastrutturale carente, ferma nel tempo a qualche decennio fa, da ammodernare anche con un sistema dei trasporti marittimi da valorizzare, sì da creare una rete inter-modale, tecnologicamente innovativa ed un sistema economico connesso con le isole maggiori che sia più sostenibile e circolare, meno inquinante e dispendioso;
- d) carenza di campagne di educazione civica, ecologica e per la legalità, eccezion fatta per le iniziative nate sporadicamente (si pensi alla “nave della legalità” per l’anniversario dell’Eccidio di Capaci) o per merito di associazioni importanti come “Libera”;
- e) scarso radicamento dei meridionali rispetto al proprio territorio, tanto per inadeguata conoscenza o sottovalutazione della storia locale e delgeniusloci che ne fa una realtà unica, quanto per un’ormai acclarata incapacità di “fare sistema” ai fini dell’immagine vincente e del conseguente marketing territoriale, fatte salve rare eccezioni come la costiera amalfitana, il Salento, la Valle d’Itria e Matera, per grazia ricevuta Capitale eu. Della cultura (forse a mò di “risarcimento” per i danni prodotti dalle estrazioni petrolifere, negli ultimi anni, nella Val d’Agri, c. d. Texas d’Italia);
- f) le infiltrazioni mafiose in amministrazioni comunali di città come Manfredonia e Cerignola che hanno comportato la definizione di una “quarta mafia”, su cui stanno vigilando e intensificando la propria attività d’indagine la DIA, che ha istituito una sede a Foggia, e le forze dell’ordine in simbiosi. Forse è necessario che lo Stato faccia sentire maggiormente e con più energia ancora la propria presenza, sia a livello scolastico dal primo apprendimento all’età giovanile in cui si trovano davanti allo spettro della disoccupazione e all’assenza di valori umani o sociali, peraltro invogliati e semmai guidati da falsi miti come il guadagno facile, la droga e lo sballo in genere, piuttosto che lavorare nei campi con i genitori e nonni;
- g) maggior sostegno alle ONLUS del III Settore ed all’associazionismo culturale ed ecologista sia da parte delle Regioni e dei comuni, sia da parte delle fondazioni bancarie e delle grandi imprese, chiamate entrambe le categorie a contribuire, nel primo caso come obbligo di legge, nel secondo per ragioni etiche, allo sviluppo delle proprie aree d’interesse.
La “lista della spesa” del Mezzogiorno d’Italia o meglio il “cahiers de dolèances” dell’antica Magna Grecia di Archimede pitagorico, di Tito Orazio Flacco di Venusium, dei tanti anfiteatri che attendono spesso e volentieri di essere valorizzati e utilizzati per magici concerti musicali o rappresentazioni di tragedie greche, potrebbe proseguire a iosa. Ma chi, come me, si sente italiano e perciò stesso ama la propria terra, la Puglia quanto la prediligeva il “Puer Apuliae”, Federico II detto “Stupor mundi”, non può che sperare in un gran sussulto delle intelligenze e della creatività meridionale, nel rilancio dell’imprenditoria, nella buona volontà e serietà di chi è preposto ad amministrare, a fare cultura, a tutelare l’ambiente in ogni senso, specialmente quello sociale affinchè cresca la qualità della vita cittadina, che è anche fattore di attrattività turistica.
Resta, infine, una moderata fiducia in chi, pur essendo “alle prime armi” come il ministro per il Sud, s’impegni sempre con maggior passione per il progresso delle regioni più svantaggiate con una visione “glocal” che riesca a combattere la frantumazione emersa con virulenza nella II fase COVID con attriti tra le regioni e il governo, non che tra sindaci e regioni, tra industriali e politici, scienziati divisi a metà, ecc.; mirando essenzialmente a far emergere un patrimonio storico, artistico (circa il 60% di quello mondiale) e naturale (la migliore biodiversità in Europa), come quello della Valle dell’Ofanto, recentemente oggetto di un Contratto di fiume – ( CLICCA QUI ) – che è strumento valido per tutelare le acque e l’habitat prezioso, non che valorizzare una valle rimasta miracolosamente salva dal saccheggio antropico della seconda metà del ‘900 fino ad oggi.
Michele Marino