Non possiamo non pensare con orgoglio alla bellezza delle donne di scienza,   medicina e ricerca che insieme ai loro colleghi, si stanno adoperando per debellare il virus e curarci.

Le avete viste, sono tante , ricercatrici appassionate, all’opera per il bene comune. Donne ,quelle ricercatrici dello Spallanzani e Sacco, che hanno isolato il virus, spesso precarie come moltissime che di questi tempi accettano qualunque condizione di lavoro, stringono i  denti e vanno avanti, e ottengono risultati importanti ,  decisivi per l’individuazione e la lotta al virus. Donne di cui sappiamo poterci fidare.

Oltre alle fatiche di studio e carriera  hanno dovuto rompere lo stereotipo della scienza  solo al maschile. Giovani e meno giovani ,senza protagonismi, portano risultati concreti, forti della loro competenza e della loro fermezza. Cedono alla tentazione della visibilità molto meno di alcuni colleghi maschi, e responsabilmente lavorano, spiegano, agiscono, inquadrano i problemi, forti delle loro competenze. Danno una lezione a tutti noi  di  responsabilità e senso civico .

E con il loro modo di essere mostrano la forza delle donne nella scienza.  E sapete perchè è importante? Perchè sono l’espressione della rottura di pregiudizi e stereotipi che ancora ci attanagliano e condizionano.

Per secoli le donne sono state tenute lontane dall’istruzione e dalla scienza. Solo in convento potevano istruirsi  . E solo quelle che avevano un padre, marito, fratello scienziato avevano accesso alla cultura scientifica. Ne sa qualcosa Ipazia la grande matematica che pagò con la vita il suo coraggio e la stessa Maria Curie  che studìò col padre essendo vietato l’accesso all’università alle donne.

Così si è creato il pregiudizio secondo cui le donne sarebbero più adatte alle materie letterarie e linguistiche che non a quelle scientifiche. Potendo studiare solo quelle , si sono adattate,  emergendo là dove potevano.

Ma oggi sono circa 200 mila le donne laureate che svolgono attività STEM ( Scienza, Tecnologia, ingegneria,matematica  ). Non sono affatto poche.  E ciò dipende dal fatto che è cresciuto il numero di ragazze che scelgono questi indirizzi. In 15 anni le laureate sono  5 volte di più  Hanno un voto medio di laurea più alto e soprattutto concludono il corso regolarmente  piu dei ragazzi .Più regolari e più preparate ,dunque. Tra i dottorati, la loro presenza è sopra la media europea sono il 48% del totale.  Certo tra i laureati STEM i maschi sono ancora maggioranza .Segno che gli stereotipi sono duri a morire.Ma la tendenza nelle giovani è chiara e netta. Cresce il numero di donne  che scelgono materie ritenute tipicamente maschili, abbattendo le barriere degli stereotipi che spesso limitano la loro libertà.

E non parliamo della medicina. Qui le donne sono ormai maggioranza tra gli studenti e tra i laureati.Maggioranza tra gli infermieri, e tra i medici fino a 54 anni .Potrebbero essere molte di più se non si fosse arrestato il ricambio generazionale. Sono al servizio della cura degli altri ma pagano più di tutte il prezzo delle conseguenze dell’emergenza coronavirus. In trincea in ospedale, con i bambini a casa, con i genitori anziani  a maggior rischio, devono riorganizzare i modi di vivere di intere famiglie e reggere al tempo stesso turni stressanti.

Oggi 8 marzo, specialmente a loro dobbiamo dire grazie. Arrivano a lavorare nella ricerca scientifica e in medicina a tutti i livelli con una motivazione e competenza che si trasforma in moltiplicatore di energia e di risultati. Come sempre tra mille ostacoli. Entrano più tardi nel mercato del lavoro, sono più precarie, guadagnano meno, fanno meno carriera.

Ma nessuno le può fermare. Sono la grande ricchezza del Paese, i nostri angeli custodi del diritto alla salute previsto dalla Costituzione, a cui sappiamo poterci affidare.

Abbiamo bisogno che le donne si pongano alla testa della nostra bella Italia e con responsabilità ,competenza e cuore, la guidino verso il futuro rosa che si merita.

  Linda Sabbadini 

Direttora Centrale Istat   le opinioni qui espresse sono esclusiva responsabilità dell’autrice e non impegnano l’Istat

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