1 ) Le iniziative per unificare l’Europa

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si verificò nel Continente una grave crisi economica. Per tentare di risolverla   si pensava al progetto di una Unione Politica dell’Europa. Il leader Inglese Winston Churchill, grande protagonista della Seconda Guerra Mondiale, fece un famoso discorso a Zurigo il 19 settembre 1946, in cui invitava a “fondare una nuova famiglia europea” preceduta da una fattiva collaborazione politico-economica tra Germania e Francia.

Numerose Associazioni e Movimenti di opinione sostenevano l’idea degli “Stati Uniti d’Europa”. Si costituiva il “Movimento Europeo” che al suo congresso del 7-10 maggio 1948, svoltosi all’Aja, abbozzava le linee fondamentali per un’Unione Europea in campo politico, economico, sociale. Nel 1950 Jean Monnet, che era stato segretario generale della Società delle Nazioni dal 1919 al 1923, elaborava il progetto di una ”Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”. Esso era fatto proprio dal ministro francese degli Esteri Robert Schumann, il 9 maggio 1945.L’iniziativa di Jean Monnet si giustificava per le preoccupazioni che le due grandi potenze, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, avevano sul ruolo politico e sociale della Germania. Si volevano, infatti, prevenire i conflitti tra quest’ultima nazione e gli altri Stati Europei, legandola politicamente ad essi. Occorreva approvare regole che, privassero la Germania, dello sfruttamento delle sue regioni industriali, atte alla produzione di armi, quelle ove si estraeva il carbone e l’acciaio.

Nel contempo si doveva evitare che nel grande paese europeo, si alimentassero le brame di rivalsa, che avevano portato alla Seconda Guerra Mondiale.

Ciò si poteva raggiungere evitando controlli unilaterali e discriminatori, attraverso una regolamentazione che avrebbe dovuto porre i giacimenti della Renania e della Westfalia e della Lorena sotto una comune amministrazione sovranazionale. In pratica si comunitarizzavano questi settori chiave della Germania e della Francia e si proponeva un cammino verso l’integrazione Europea, che avrebbe potuto poi sviluppare una Unione di tipo federale. L’idea fu accolta favorevolmente, dai principali esponenti politici dell’epoca, in particolare dai leader della Germania (Konrad Adenauer), dell’Italia (Alcide De Gasperi) e del Belgio, Olanda e Lussemburgo.

2) La Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.

Veniva così da sei Stati Europei (Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Federale Tedesca) firmato a Parigi, il 18 aprile 1951 il Trattato sulla Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio. Esso prevedeva quattro istituzioni l’Alta Autorità e il Consiglio, inoltre l’Assemblea Parlamentare e la Corte di Giustizia. Il primo Presidente dell’Alta Autorità fu Jean Monnet. Il progetto di integrazione Europea, così realizzato comportava una strategia alternativa, rispetto a quella messa in atto, all’indomani della Prima Guerra Mondiale col Trattato di Versailles. Tutte le parti, anche quelle vinte venivano trattate sulla base del principio di eguaglianza e con pari dignità sociale.

Il disegno della Comunità era dinamico e flessibile. La Comunità del Carbone e dell’Acciaio, cui il relativo Trattato aveva dato corso, non veniva concepita   in modo chiuso, ma suscettibile di evoluzioni e sviluppi. L’accordo prevedeva una Unione o Comunità tra i Popoli e non tra gli Stati, preservando l’identità delle popolazioni europee.

Si voleva promuovere inoltre un mercato libero, poiché i fondatori della Comunità pensavano che il protezionismo allora dominante, fosse un ostacolo allo sviluppo di ogni singolo Stato. Inoltre almeno nella prima concezione della Comunità Europea, si intendevano raggiungere obiettivi di giustizia sociale ed economica che fossero accettabili da tutte le forze politiche.

3) Le Comunità Europee.

Il 27 maggio 1952, gli Stati aderenti alla CECA firmavano, su iniziativa della Francia, il Trattato, che avrebbe dovuto istituire la   Comunità Europea di Difesa. In base allo stesso si sarebbero dovute formare Forze Armate Federali, con Unità provenienti dai diversi Stati membri. Il Parlamento francese, però, respinse l’adesione di questo importante paese alla CED, cosicché il passaggio da una Unione Economica a una Politica fu bloccato. Un nuovo tentativo, per rilanciare l’integrazione iniziata con la CECA, fu intrapreso nel 1955. Il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo proposero la fusione di tutte le economie nazionali in un unico mercato economico interno europeo.

Alla Conferenza di Messina del 1 e 2 giugno 1955 i governi dei sei Stati membri della CECA incaricarono un gruppo di esperti governativi, presieduti dal Ministro degli Esteri Belga Spaak, di realizzare il progetto. Gli esperti nell’aprile consegnarono un rapporto per la costituzione della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell’energia atomica (EURATOM).I trattati istitutivi delle due Comunità furono firmati a Roma il 25 marzo 1957.  In essi si stabiliva un termine, per la costruzione del mercato comune, previsto in 12 anni. In questo periodo la realizzazione del mercato comune sarebbe dovuta avvenire gradualmente. La costruzione politica del MEC non era esente da crisi, soprattutto perché la Francia si riteneva penalizzata nel finanziamento, da parte della Comunità, della propria agricoltura. Intanto, su iniziativa della Gran Bretagna, che non aveva ancora aderito al progetto comune, veniva creata l’EFTA, che era una zona di libero scambio tra questa nazione e altri sei paesi europei, in concorrenza con la CEE.

L’iniziativa andava incontro a un clamoroso fallimento economico, per cui il 1 gennaio 1973 il Regno Unito, la Danimarca e l’Irlanda aderivano alla CEE. Nel 1976 entrava a far parte della Comunità la Grecia e nel 1986 la Spagna e il Portogallo. Dal 1 gennaio 1995 aderiranno Austria, Finlandia e Svezia.

A partire dal 1980, le due Comunità non erano più finanziate dai contributi dei singoli Stati, ma avevano autonomia finanziaria, potendo disporre di proprie autonome risorse. Il Parlamento Europeo importante istituzione della Comunità, veniva eletto a suffragio diretto fin dal 1979; l’istituzione già dal 1977 poteva controllare il bilancio comunitario.

5 ) L’atto Unico Europeo

Dopo un vertice europeo, tenutosi a Parigi, il 17 febbraio e 28 febbraio 1986, a Lussemburgo e all’Aia, i dodici membri della Comunità firmarono   l’ Atto Unico Europeo. Si trattava di un documento molto importante. Gli Stati aderenti, infatti, stabilivano che le tre Comunità, oltre a una politica economica potevano disporre di una Cooperazione politica europea, cioè di una attività politica in senso stretto, al fine di contribuire insieme a far progredire l’Unione Europea. Nel 1988, con la Conferenza di Hannover, i Capi di Stato e di Governo incaricavano un gruppo di esperti di progettare una Unione Economica e Monetaria. Si intendeva   arrivare ad una moneta unica europea.

Il 10 dicembre 1991, a Maastricht, in una prima Conferenza intergovernativa, gli Stati aderenti precisavano che era necessario modificare il trattato istitutivo in vista anche della istituzione di una Banca Centrale Europea. In altra conferenza intergovernativa parallela, si stabiliva che dovevano essere rafforzati i poteri del Parlamento Europeo, la dimensione sociale della Comunità, sviluppare un diritto europeo del cittadino. Si voleva che le Comunità assumessero maggiori poteri, nel campo della politica di sicurezza e della politica estera, mediante l’abolizione delle dogane all’interno dei singoli paesi della Unione.

Gli esiti di queste Conferenze sfociarono nel Trattato sull’Unione Europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992. Il Trattato così concluso non ebbe vita facile; in un primo tempo non veniva ratificato dalla Danimarca..Nel frattempo si verificava l’incorporazione nella Repubblica Federale Tedesca, della Repubblica Democratica Tedesca, con la caduta del muro di Berlino, a partire dal 3 ottobre 1990, senza che ciò comportasse una modifica dei trattati. Già nel Trattato di Maastricht si prevedeva la possibilità di una sua revisione, a causa delle prospettive di allargamento dell’Unione, per cui si sarebbe dovuto procedere ad una riorganizzazione della stessa.

Questa si realizzava col Trattato di Amsterdam del giugno 1997, che fu criticato, da coloro che ritenevano che avesse lasciato nell’ombra, la possibilità di pervenire a una autentica unione sociale. Vi si prevedeva, però, la partecipazione del Parlamento Europeo, nella elezione del Presidente della Commissione Europea, la più importante istituzione della Unione.

Per rilanciare l’Unione, con la Dichiarazione di Laeken del 14-15 dicembre 2001, si stabiliva di convocare una Convenzione che avrebbe dovuto dibattere le questioni essenziali, che il futuro dell’Unione comportava e per ricercare le diverse soluzioni possibili. La Convenzione elaborava il progetto di “Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa”.

6) Il Trattato Costituzionale

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa veniva, poi, solennemente firmato a Roma il 29 ottobre 2004. Il documento prevedeva che dovesse essere ratificato dalle parti contraenti conformemente alle rispettive norme costituzionali. Solo una parte degli stati aderenti procedeva a questo passaggio. In Francia e nei Paesi Bassi si indiceva un referendum popolare sulla ratifica, che aveva esito negativo. Si doveva così rinunciare al “Trattato Costituzionale”.

Il 1 gennaio 2002 entrava in circolazione in dodici paesi dell’Unione Europea (quelli aderenti all’unione monetaria) la moneta unica “l’euro”. Il 28 febbraio dello stesso anno l’euro diveniva l’unica moneta a corso legale, in seguito alla fine del periodo di doppia circolazione. Ma il processo di integrazione non si arrestava; con la “dichiarazione solenne di Berlino dei capi di Stato e di Governo” si affermava che occorresse procedere ad un rinnovo dei Trattati, incorporando le innovazioni meno controverse del Trattato Costituzionale.

7 ) Il Trattato di Lisbona

Si giungeva in tempi molto rapidi, alla approvazione del nuovo Trattato che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea che veniva firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, noto come Trattato di Lisbona. L’ accordo riportava elementi di continuità rispetto al precedente “Trattato Costituzionale”. Vi si prevedeva che il Consiglio Europeo divenisse una istituzione stabile con un Presidente eletto per due anni e mezzo. Si istituiva la carica dello Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Si rafforzavano inoltre i poteri del Presidente della Commissione.

 Il Trattato di Lisbona prevede due documenti giuridici che regolano la vita della Unione. Sono il Trattato della Unione Europea” (TUE) e il “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea” (TFUE).

Il documento ha permesso di affrontare tante crisi che hanno interessato la vita della Unione. Da quella sul finanziamento di un paese in deficit come la Grecia, che si trovava attanagliata da una grave crisi economica, a quella del grande afflusso di migranti ai confini della Unione. Speriamo ora quella rappresentata dalla diffusione pandemica del virus Cov 19. A proposito della crisi migratoria i paesi europei e le istituzioni di Bruxelles sono attraversati da grandi discussioni sulla loro accoglienza e sul loro collocamento.  A causa della crisi economica un grande paese aderente, la Gran Bretagna, aveva deciso con il referendum dell’estate del 2016 di uscire dall’Unione (Brexit). Con la solenne dichiarazione di Roma del 25 marzo 2017, i Paesi Europei, su iniziativa della Germania, avevano firmato una  dichiarazione, con la quale si era deciso il rilancio dell’Unione, mediante la cosiddetta “Europa a più velocità” cioè mediante accordi tra gruppi limitati di paesi aderenti, su specifiche questioni.

8 ) I Principi dei Trattati Europei

Si trascrivono qui di seguito i principi fondamentali che debbono ispirare secondo il Trattato dell’Unione Europea, l’azione della stessa. Innanzitutto,  l’articolo 2, di cui si riporta la versione in inglese che afferma  “The Union is founded on the values of respect for human dignity, freedom, democracy, equality, the rule of law and respect for human rights, including the right of person belonging to minorities. These values are common to the Member States in a society in which pluralism, non discriminations, tolerance, justice, solidarity and equality between women and men prevail”.

Altra disposizione rilevante è contenuta nell’ articolo 3   che afferma ”1. The Union’s aim is to promote peace, its values and the well-being of its peoples. 2. The Union shall offer its citizens an area of freedom, security and justice without internal frontiers, in which the free movement of persons is ensured in conjunction with appropriate measures with respect to external border controls, asylum, immigration and the prevention and combating of crime.

9) Gli sviluppi possibili della Costruzione Europea.

A sessant’ anni dalla firma dei Trattati di Roma, si deve riflettere su come fino adesso si è sviluppato il cammino dell’integrazione Europea e su   quali siano i passaggi nuovi da intraprendere, per dare attualità e concretezza all’idea di Europa.

Innanzitutto, molti osservatori hanno rilevato che un rilancio dell’Unione è necessario, se non altro per motivi economici, perché i singoli Stati Europei non riescono a reggere la concorrenza svolta dagli Stati Uniti e dalle nuove potenze economiche. L’Europa sta diventando più debole, nel conservare i risultati economici raggiunti e nel promuovere le proprie strutture produttive. Sono soprattutto mancate, nel Continente, politiche comuni di sviluppo economico, per cui non si è affermata, con la liberalizzazione dello scambio di merci, persone, capitali, una forza e solidità della   sua economia. Vi è dunque una crescente fragilità, che rende più deboli i singoli Stati Nazionali, che vi possono far fronte solo con sforzi comuni.

D’altronde, sempre dal punto di vista economico, si è nei fatti affermata una Europa a due velocità, che la moneta comune non ha aiutato a superare; ciò perché non si è verificata una reale unificazione economica.Inoltre la Brexit ha nei fatti riavvicinato i paesi Europei alla NATO, proprio perché l’adesione della Gran Bretagna, era legata alla volontà di aderire ad una area di libero scambio e non a contribuire alla soluzione dei problemi della politica estera e della difesa.

I paesi aderenti all’Unione, che hanno dato vita all’euro, dovranno costituire una componente sempre più integrata politicamente e socialmente, purchè essi riescano a superare le contraddizioni legate alla distribuzione ineguale di opportunità che la moneta unica comporta. Nell’ Unione Europea, a sviluppo diversificato e multiplo, però, alcune materie dovranno rimanere saldamente comuni. Esse sono la Difesa, la Lotta al Terrorismo, l’Immigrazione.

L’Unione sembrava trovarsi in una fase di stallo, dunque, che ha generato una deriva “populista”.

Le successive elezioni presidenziali Francesi e le elezioni parziali in alcuni importanti lander della Germania che hanno visto la netta vittoria delle forze politiche europeiste, hanno rasserenato il clima all’interno delle istituzioni politiche di Bruxelles, facendo ben sperare per una riforma positiva e costruttiva della costruzione giuridico-politica Europea. Inoltre dopo l’elezione del Parlamento  Europeo e della nuova Commissione nel 2019, le forze europeiste, hanno espresso il nuovo Presidente della Commissione Europea nella persona di Ursula Von der Layen.

10 ) Le dialettiche “intergovernativa” e “comunitaria”.

Esiste all’interno dei Paesi aderenti una diversa visione del ruolo e delle funzioni dell’UE. Ciò si riverbererà sulla prossima approvazione del suo bilancio nell’esercizio successivo alle elezioni Europee. I cosiddetti “paesi frugali”, per lo più del Nord Europa insistono, perché le risorse da destinare al bilancio siano il più basse possibili (l’uno per cento del Prodotto Interno Lordo dei singoli Stati). Si vuole limitare l’autonomia e la possibilità di spesa delle Istituzioni Europee, autenticamente sovranazionali (Parlamento e Commissione).

L’altra visione importa, invece, che si affermino politiche “sovra statali” o “comunitarie” che sopravanzino il concetto di una Unione aritmetica dei singoli interessi nazionali. Finalmente, dunque, si dovrebbe costituire, ad esempio un Esercito federale, che possa quanto meno affrontare, con capacità militari unitarie, le crisi di sicurezza più gravi. Inoltre in relazione alla politica estera europea, che si faccia riferimento agli interessi della Organizzazione Internazionale considerata nel suo complesso. Nel corso della “crisi del debito sovrano”, i paesi portatori di una visione “intergovernativa” come la Germania, l’Olanda, la Finlandia e la Norvegia si erano opposti a chè l’UE si dotasse di una politica fiscale unitaria che non fosse il mero aggregato di quelle nazionali. Ciò avrebbe attribuito alle Istituzioni una autonomia di intervento che avrebbe permesso di risolvere quella crisi, non nell’interesse degli Stati più forti, ma di tutta l’Unione Europea. La logica “intergovernativa” è emersa anche a proposito della crisi migratoria. I paesi del   gruppo di Visegrad hanno, autonomamente, innalzato nuovi muri alle loro frontiere, pretendendo di risolvere autonomamente il problema.

CONCLUSIONI.

Altra grande questione è quella della adesione alla UE della Turchia. E’ una grande Nazione transeuropea, la quale già aderisce al Consiglio d’Europa e la Nato e la cui integrazione permetterebbe all’Europa di proiettarsi in modo efficace, verso il Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa. In conclusione una appropriata azione politica delle Istituzioni, importa che si affrontino le sfide della costruzione europea con coraggio e lungimiranza. Tra queste il suo allargamento a Sud. Se l’Unione riuscirà a dotarsi di una reale “sovranazionalità” i singoli Stati aderenti, avranno maggiori responsabilità, ma anche si assicurerà una maggiore efficacia di prospettive e di azione.

Cesare Augusto Planica

 

BIBLIOGRAFIA

Piero Craveri in Idee per Salvare la fragile Europa in  Il Sole 24 Ore, Domenica 2 Aprile 2017

Sergio Fabbrini in Le scelte dell’Italia in una Europa Sovranazionale   in   Il Sole 24 Ore, Domenica 23 febbraio 2020

Luigi Daniele, Diritto dell’Unione Europea, quinta edizione, Milano 2014

Roberto Adam e Luigi Tizzano, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, seconda edizione aggiornata e ampliata, Torino 2010

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