Abbiamo bisogno di una scuola di uomini liberi e non di docenti eroi che sfidino gli schiaffoni del Ministro. E tanto meno di educatori che possano ambire al suo benevolo compiacimento.
Sulla scorta delle recenti dichiarazioni del Ministro Valditara, indirizzate alla Preside di Firenze e al Preside del Liceo Carducci di Milano, si potrebbe tagliare la testa al toro e dalla duplice denominazione, da quando alla Pubblica Istruzione si è aggiunto il Merito, passare direttamente a “Ministero della (Ri)Educazione Nazionale”, scolpito a carattere cubitali sul frontespizio del palazzo di Viale Trastevere.
Di questo passo, distribuendo, a destra ed a manca, pagelle al merito o al demerito dei presidi, il Ministro finisce, lo voglia e lo sappia o meno, per vestire i panni aulici e severi del Precettore Nazionale. Non si capisce chi glielo faccia fare, né quale autorità – men che meno quale autorevolezza – legittimi questa propensione a distribuire buffetti
ad un preside, bacchettate ad un altro. Da quel po’ che si capisce, parrebbe che il discrimine tra il primo ed il secondo sia la consonanza o meno del loro pensiero alle personali propensioni del Ministro.
E c’è vivamente da sperare che almeno sia davvero cosi. Ove, al contrario, la linea di demarcazione tra presidi buoni e presidi cattivi rispondesse piuttosto ad un criterio che, al di là del Ministro come tale, esprimesse un indirizzo del governo complessivamente inteso, saremmo nell’anticamera di un regime e si dovrebbe chiederne conto alla Presidente del Consiglio.
Saranno contenti gli studenti di apprendere che le forche caudine dell’umiliazione non sono un rito rieducativo riservato a loro soltanto, ma rappresenta il merito – è il caso di dirlo – del nuovo modo d’intendere la scuola e, dunque, tocca anche a presidi e professori.
In ogni caso, si pongono almeno due questioni straordinariamente serie in un ambito delicatissimo per l’educazione e la coscienza delle giovani generazioni qual è la Scuola. Anzitutto, il fatto che un docente possa essere, pubblicamente ed impunemente, redarguito dal più alto esponente politico ed istituzionale dell’ amministrazione scolastica: ne accresce l’autorevolezza oppure concorre a fiaccarne l’immagine agli occhi dei ragazzi? Eppure, il “merito” dovrebbe evocare il valore, certo non di una disciplina acritica, almeno del rispetto nei confronti dei propri insegnanti. In secondo luogo, stiamo attenti a non creare un clima tale per cui venga compromessa o almeno compressa la libertà di insegnamento ed ogni docente, in certi frangenti e su determinati argomenti, debba darsi una buona ed abbondante dose di coraggio in più per esprimere le proprie idee, ove temesse che possano essere difformi dagli intendimenti del potere che il Ministro incarna.