La Persona e i diritti

Tutti gli esseri viventi, animali e vegetali, hanno un percorso di esistenza, che chiamiamo vita; quindi, l’omeostasi, il metabolismo, la riproduzione e l’evoluzione definiscono un essere vivente; pertanto, ogni essere vivente dovrà poter accedere al necessario per realizzare la sua “vita”. Mi fermo a tale considerazione perché non intendo entrare nella disputa tra meccanicisti e olisti, ma voglio affermare con i filosofi e gli scienziati l’esistenza di un ordine cosmico naturale, complesso e dinamico, a cui tutti siamo sottoposti.

Tale identificazione dà all’essere vivente (quindi anche all’uomo) la possibilità di affermare la sua esistenza: basta solo questo per definire che ogni manifestazione di attività è positiva, perché serve a garantire l’esistenza; se fosse negativa affermerebbe la “non esistenza” (tale deduzione scaturisce dalla dicotomia naturale esistente nell’universo, come materia e antimateria, forza centrifuga e centripeta, stella e supernova e buco nero, ecc., senza peraltro dare valore, perché ogni manifestazione è prova di esistenza). L’uomo, nell’insieme degli esseri viventi, ha il “diritto” di affermare la sua esistenza; anche tutti gli altri esseri viventi pur non avendo codificato il “diritto” – secondo il nostro linguaggio – affermano sempre la propria esistenza, attraverso il ripristino dell’equilibrio dinamico, secondo la loro capacità di agire (l’alternarsi del riscaldamento e della glaciazione dall’epoca dell’esistenza della Terra, quando viene alterato, come abbiamo fatto noi con l’avvento dell’era industriale e moderna, ci costringe oggi ad attuare dei correttivi nella vita quotidiana, non si sa quanto efficaci, per ristabilire l’equilibrio).

Ogni cittadino è titolare di diritti e di doveri. Il diritto è la possibilità che il cittadino ha di affermare una sua volontà, in funzione della propria evoluzione personale, secondo il principio di “crescita naturale”. Tale diritto si esercita nell’assoluto rispetto di quello delle altre persone e degli altri organismi. La fonte primaria del diritto risiede nel principio della “crescita naturale” complessiva e integrale dell’uomo, assunto in ogni epoca e in ogni cultura, nei documenti fondanti come le Costituzioni e le Carte dei Diritti, in primo luogo la Carta Universale dei diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. Pertanto, il diritto della persona deve favorire la sua crescita in ogni ambito e il suo progresso e non può, in nessun caso, essere invocato o previsto per limitare la sua crescita e quella delle altre persone.

Non si può avere il diritto di uccidere, di torturare, violentare, di privare le altre persone delle libertà, né si può avere il diritto di compromettere l’equilibrio naturale, attraverso l’uso di prodotti o di atteggiamenti che possono nuocere alla salute delle persone o dell’ambiente in senso complessivo. Quindi il diritto si può esercitare solo per migliorare la condizione umana e personale, nel rispetto del diritto delle altre persone, per le quali ha il medesimo significato. Se tutte le persone esercitano il proprio diritto per migliorare la propria condizione, senza ledere il diritto altrui, la comunità evolve attraverso l’evoluzione dei suoi singoli componenti, con il beneficio di tutti, facendo collettivamente il beneficio della comunità stessa.

I limiti del diritto, prima che quelli di non ledere i diritti degli altri, sono rappresentati dal valore positivo che si attribuisce alla manifestazione di volontà della persona nel contribuire ad evolvere sé stessa e la comunità a cui appartiene, secondo l’etica naturale, che prevede solo percorsi in direzione dell’esistenza e mai della non esistenza. Tale principio è confermato da quanto avviene nella catena alimentare, dove vi è un rispetto all’interno della stessa specie, mentre l’alimentazione avviene verso specie diverse, nel rispetto di un equilibrio naturale. Anche la classificazione delle persone secondo la “razza” è stata smentita dai genetisti, che hanno dimostrato che esistono più differenze tra persone della stessa “razza” che tra quelle di “razze” diverse, sulla base del sequenziamento del genoma umano, la classificazione degli aplotipi e l’esame degli alleli (Progetto HapMap).

Nel concetto del diritto come volontà della persona di evolversi, non è compresa l’equivalenza che ogni desiderio personale è un diritto, ma solo quel desiderio che evolve la persona e non lede il diritto degli altri e che sia riscontrabile nella generalità delle persone. È doveroso fare questa precisazione anche per definire gli ambiti dei cosiddetti “diritti civili”, alcuni dei quali non trovano riscontro nel contesto naturale, ma restano nell’ambito del desiderio personale, senza la dignità della terminologia giuridica, che si attribuiscono solo per generalizzare un fenomeno, che generale non è e non sarà.

Un desiderio personale, ancorché legittimo, non può assumere il termine (essere millantato) di “diritto” e quindi potrà essere tutelato come manifestazione personale, se non lede i diritti altrui e se rientra nell’ambito dell’Etica naturale; in tal caso il desiderio o l’atto compiuto, se non ledono il diritto degli altri, sono tutelati come manifestazione libera del pensiero e della scelta che ogni cittadino può fare. Inoltre, la tutela di una condizione particolare, proprio in virtù del principio del rispetto della minoranza o delle minoranze, non può e non deve obbligare la maggioranza a condividere la stessa condizione particolare (dittatura della minoranza), così come la maggioranza “deve” riconoscere la “condizione particolare”, per evitare di imporre la “dittatura della maggioranza”; in tal caso i distinguo, anche terminologici, sono dovuti e obbligati, per evitare confusioni, ma soprattutto per verificare il rispetto e la tutela delle differenze.

La persona e i doveri

Nell’ordine cosmico naturale vi sono dei comportamenti o delle reazioni indotte obbligatoriamente dall’ambiente o per la ricerca di uno stato di equilibrio modificato da ripristinare; senza tali comportamenti o reazioni si accentuerebbe il disequilibrio, generando delle reazioni conseguenti, che porterebbero al caos. Da questo probabilmente nasce quello che definiamo “dovere”. Il “dovere” è sempre qualcosa che si deve fare, stanti le circostanze che lo richiedono, e non può essere eluso o rinviato.

Il dovere è un obbligo, che può essere assunto personalmente oppure può essere prescritto per mantenere le corrette relazioni sociali, secondo la legge naturale, quella positiva, le culture e le consuetudini dei popoli. Quando si contravviene all’espletamento di un dovere si incorre conseguentemente in una sanzione, che può essere riparatoria o pedagogica, per sottolineare che il comportamento richiesto dal dovere deve essere mantenuto, salvo casi di impossibilità manifesta. Il senso del dovere deve essere presente in ogni persona e serve a definire l’ambito di libera scelta di ciascuno, a tutela dei diritti individuali e collettivi di tutti.

Il mancato rispetto di un dovere arreca danno alle singole persone e alla collettività, perché manifesta un comportamento in contrasto con il sentire comune, regolato dalla legge naturale, quella positiva e dalla cultura e consuetudine del gruppo sociale di appartenenza. Chi non compie il proprio dovere arreca danno alla collettività e impedisce che questa evolva secondo il percorso naturale dato, mancando del contributo dell’inadempiente. La persona ha il diritto di esercitare la propria volontà e nel contempo ha il dovere di rispettare l’esercizio della volontà altrui, evidentemente nell’ambito definito dalle leggi, ambito univoco e valido per entrambi.

Tali brevi considerazioni e precisazioni nascono dalla constatazione della trasformazione sociale in atto, che privilegia l’aspetto individualistico rispetto a quello sociale e solidaristico, che enfatizza i diritti (o presunti tali, perché molti scambiano i propri desideri per diritti) della persona rispetto ai doveri che la persona ha. Se si lascia che tale interpretazione si affermi come pensiero uniforme, ci troveremo in una società nella quale la regola sarà non più la convivenza pacifica, ma la prevaricazione continua di coloro che vorranno affermare il proprio “diritto” anche a danno degli altri e quindi non considerando il “dovere” del rispetto delle altrui libertà.

Considerazioni generali

Quindi è conseguenziale affermare che il diritto e il dovere trovano l’equilibrio se ad ogni diritto corrisponde un dovere e viceversa. Se i diritti sopravanzano i doveri si costruisce una società egoistica e verosimilmente violenta, mentre se sopravanzano i doveri si costruisce una società antidemocratica, dove i diritti vengono conculcati e i doveri sottomettono la popolazione ad una volontà prevaricatrice e dispotica.

Non intendo affrontare la problematica plurisecolare tra giusnaturalismo e giuspositivismo (iniziata da Ugo Grozio), anche se, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche, si conferma l’esistenza sempre di un ordine cosmico, che coinvolge anche l’uomo come componente vivente dell’universo. Quindi la sua stessa evoluzione e l’evoluzione dei rapporti con i suoi simili e l’ambiente seguono regole che dovrebbero essere rispettate, altrimenti ci troveremo, come in effetti siamo, a subire dei mutamenti ambientali epocali, che potrebbero mettere a repentaglio la stessa esistenza umana (Laudato Si’).

Quindi l’ordine naturale cosmico è la fonte del diritto naturale, che dovrebbe costituire il paradigma obiettivo per informare il diritto positivo, che deve sempre essere rivolto al conseguimento del benessere complessivo del mondo, inteso nella sua composizione umana, animale, vegetale, fisica, magnetica, elettrica, rispettandone l’equilibrio dinamico naturale. Inoltre, il diritto naturale è insito nell’esistenza stessa della persona, è innato e si manifesta con l’esistenza e finisce con la morte, anche se ha esplicato effetti per tutta la vita, che la memoria collettiva stratifica, custodisce e condivide con la vita dei posteri; tale memoria è una parte importante dell’evoluzione umana, perché consente il confronto tra le condizioni di vita del passato, quelle del presente e quelle ipotetiche future.

Penso che ogni persona dovrebbe porsi il problema di definire i propri diritti e doveri, seguendo l’evoluzione , perché è necessario che ciascuno guardi al problema con un’ottica che ponga le due prospettive: l’esercizio del diritto proprio e l’esercizio del diritto altrui e successivamente guardi al rispetto del dovere proprio e di quello altrui, per interpretare i ruoli e rendersi conto che devono essere e stare costantemente in equilibrio, senza prevalenza di uno sull’altro; qualora ci fosse una prevalenza dovrebbe essere subito corretta, per evitare derive che annichiliscono l’esistenza stessa del genere umano.

L’affermazione di una cultura mondiale libertaria, in contrapposizione ad una cultura “convenzionale” e sostanzialmente conservatrice di modelli superati, nel corso degli anni ’60 e ’70 dello scorso secolo, ha ispirato una serie di modifiche dei costumi e conseguentemente della parte di legislazione relativa, dando vita alla società della seconda metà del secolo scorso, che ha rivelato tutti i suoi limiti in questo primo ventennio del XXI secolo. Anche le teorie economiche moderne, che hanno avuto origine da Adam Smith, hanno modificato così tanto la natura stessa del pensiero smithiano, da impostare la globalizzazione dei mercati, dopo la caduta del Muro di Berlino, in totale libertà e con la presunzione della autoregolamentazione, da trasformare il pensiero “La ricchezza delle Nazioni” in “la ricchezza di pochi” con il conseguente impoverimento di popoli e quindi delle “Nazioni”.

La mitigazione introdotta da alcune forze politiche in occidente con l’applicazione della “economia sociale di mercato”, che ha governato i processi economici occidentali fino agli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, è stata spazzata via prepotentemente dall’affermazione del leaderismo finanziario, che ha oligopolizzato il governo dei mercati dell’economia reale, con le conseguenze che sono a tutti note e subite con le crisi del 2006 2009 e successive, senza possibilità di individuare delle soluzioni credibili. Anche in tale ambito è venuto meno l’equilibrio tra diritti e doveri e l’arricchimento individuale ha prevalso sull’arricchimento sociale, con una gestione dirigistica dell’economia da parte della finanza mondiale.

Il riverbero di tale modello economico ha avuto effetti nel sociale, trasformando una società solidaristica in un’altra individualistica in ogni parte del mondo (la denatalità in Italia e nei Paesi più ricchi misura il grado di cultura individualistica, come i divorzi, l’aumento delle violenze di genere, ecc.). Inoltre, ha indotto alcuni intellettuali ad affermare la necessità della “calcel culture”, di un revisionismo spinto e di una iconoclastia rispetto a tutto quello che ha contraddistinto l’evoluzione dei rapporti sociali.

La negazione della scoperta dell’America da parte di Colombo e le manifestazioni contro il Columbus Day il 12 ottobre sono la punta dell’iceberg del negazionismo, che, come tutti i negazionismi, avrà valenza per “l’espace d’un matin”, fino a quando non verrà ripristinato l’equilibrio culturale, fondato su fatti storici incontestabili. La Corte Suprema USA sta modificando una serie di norme federali, che si erano stratificate nel tempo e si ha il sospetto che lo faccia per realizzare un revisionismo, ispirato da una politica sovranista (America First), voluta dalla globalizzazione tout court, senza regole e senza la ricerca di equilibrio dell’economia. Come era prevedibile il revisionismo e tutti i revisionismi e le restaurazioni creano movimenti sociali di frizione e di attrito, frantumando la coesione sociale e la convivenza civile.

La modifica di una norma non può essere causata dal revisionismo, ma deve essere il frutto di una evoluzione del concetto stesso trattato nella norma, a vantaggio sempre dell’esistenza e mai contro la vita. Se la modifica normativa serve per il progresso della persona, non ci sarà nessun movimento popolare che si opporrà, perché nessuno vuole andare contro il miglioramento delle condizioni di vita, anzi il miglioramento sarà favorito. Peraltro, il fenomeno “sovranista” è stato causato dalla pretesa delle centrali di governo della comunicazione di tentare di uniformare tutte le culture, azzerando tutte le specificità che ciascuna ha e che caratterizza il suo essere sulla base dell’accumulo secolare di usi e costumi, che hanno definito l’identità di un popolo.

Il presupposto è il linguaggio informatico dei programmi a più larga diffusione, che le case produttrici – poche unità – hanno ritenuto di adottare in ogni angolo del mondo per i loro prodotti. I programmi open-source, che pur esistono, hanno una scarsissima diffusione e quindi qualsiasi cosa si voglia fare con un pc, è necessario dotarsi del programma standard. Tali programmi, pedissequi nel loro utilizzo, ancora non è dato sapere se potranno causare effetti sullo sviluppo di alcune parti cognitive dell’uomo, svantaggiando altre parti e quindi creando una dipendenza funzionale al prodotto.

Anche la pretesa del “polically correct” da usare non è altro che un linguaggio che sostanzialmente limita l’espressione spontanea dell’individuo e pretende di assoggettare le pulsioni emotive ad un “più consono” atteggiamento, che in definitiva potrebbe risultare falso e ipocrita. Altro tentativo di azzeramento culturale della globalizzazione è riservato all’alimentazione, all’abbigliamento, alle letture, per tentare di formare un “pensiero unico”, che torni a vantaggio delle produzioni e nello stesso tempo massifichi le popolazioni (si guardino i dati sull’obesità negli USA). Prima è stato trattato il tema della diversità, come momento essenziale e irrinunciabile della persona, che ne fa un essere unico e originale e si è detto che la diversità deve essere sempre difesa e tutelata ed evidenziata, quando si cerca di nasconderla, proprio per garantirne la tutela.

Il processo dell’uniformizzazione dei popoli, quindi, è contro la natura stessa e va respinto, per favorire una “globalizzazione delle differenze” nell’armonia della difesa dei diritti e dei doveri, che non corrisponde al pensiero del movimento sovranista, ma è una dimensione della convivenza pacifica, che tutti auspicano e invocano e che per gli Stati si configura nell’affermazione del multilateralismo. Pertanto, i processi di miglioramento delle condizioni di vita, per come sottolinea anche la PAV (Pontificia Accademia per la Vita) devono seguire il percorso naturale, che i continui traguardi della conoscenza raggiungono, attraverso la ricerca scientifica, filosofica, etica, nel rispetto assoluto del principio della difesa della vita.

L’era del “linguaggio veloce” divide i soggetti in categorie di appartenenza superficiali e quindi parlare oggi di “difesa della vita” spinge i superficiali o i cosiddetti anticlericali e laici a classificare come “antiabortisti” tutti coloro che affermano il Valore assoluto della vita. 8 Difendere la vita è un atteggiamento insito in ogni essere vivente (non soltanto per l’uomo) perché è nel principio stesso di natura ricercare sempre le condizioni propizie per la conservazione dell’individuo e della specie; non esiste nessun caso in natura che contraddica tale Principio; quindi, la vita non è sottoposta alla volontà di chi la possiede, ma appartiene al Principio di natura. Affermare tale Principio e difenderlo non esclude che ci possa essere una casistica definita per la quale si potrà prevedere l’interruzione della vita (che non può essere un atto di volontà, ma una ineluttabilità professionalmente accertata).

Quindi le categorizzazioni tra progressisti e conservatori, tra laici e aderenti ad una fede, sono strumentali, superficiali, giustizialiste e prepotenti, perché suppongono un giudizio sommario che non può aver luogo per argomenti e problematiche serie e importanti, tantomeno per la vita, che è l’”unica” condizione indisponibile di esistenza. Non ci possono essere conclusioni a tale riflessione, in quanto la ricerca in ogni campo potrà arricchire di elementi cognitivi il quadro per dare, sempre più, maggiore completezza alla persona, inserirla nella società, renderla sempre più consapevole delle proprie possibilità per sé stessa e per la comunità e assegnandole sempre un maggior ruolo sociale, contro ogni individualismo ed egoismo, che distruggerebbero l’umanità.

La persona è la prova dell’ordine naturale cosmico complesso e dinamico, che la fisica quantistica da qualche tempo ha iniziato a spiegare, sapendo che il percorso è ancora all’inizio e il traguardo, almeno per me cattolico, non può che essere escatologico.

Vitaliano Gemelli

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