Pare proprio che non si voterà in autunno. La formazione di un nuovo governo, vedremo se di legislatura o di più corto respiro, permetterà di continuare i lavori per dare vita ad forza autonoma per una nuova stagione politica dei “liberi e forti”.
Se ne parla da tempo. A fine maggio avevamo lanciato l’idea di chiamare a raccolta tutte le realtà democratiche popolari, sociali e solidali di ispirazione cristiana sempre più disperse e silenti nella palude della Seconda Repubblica. Quella adunata nazionale – per superare personalismi che ancora permangono dopo la deriva individualista che ha ridotto i Popolari all’insignificanza – la pensavamo convocata dalle tre testate on-line che rappresentano il popolarismo e promuovono il dibattito politico tra i cattolici democratici: “Il Domani d’Italia”, “Politica Insieme” e “Rinascita popolare”. “Purtroppo remore e distinguo non hanno al momento permesso di procedere” scrivevo il 26 giugno scorso preannunciando l’incontro dell’11 luglio a Torino tra le realtà del Nord, “una tappa intermedia, in attesa che maturino – speriamo presto – i tempi per il coinvolgimento nazionale di tutti i liberi e forti”.
L’estate è servita a far maturare non solo i frutti sugli alberi ma anche la consapevolezza di una iniziativa coordinata e unitaria. I convegni di Politica Insieme e poi di Rete Bianca nel mese di luglio non sono stati tappe di percorsi autoreferenziali ma hanno portato alla condivisione di contenuti e obiettivi – come da noi sempre auspicato – con scambi di le testate e documenti concertati e diffusi insieme, oltre a un flusso incessante di articoli e commenti all’attualità politica che confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, il valore e la vitalità della nostra tradizione politica. Il confronto tra Popolari ha lentamente definito le caratteristiche di una nuova presenza (autonoma, laica, programmatica, ancorata alla Costituzione e ispirata alla Dottrina sociale), lasciando per la propria strada sia chi coltiva un disegno di rassemblement “centrista” all’insegna del moderatismo, sia chi intende continuare un problematico percorso interno al PD o da suo “satellite”.
Il ricco dibattito che abbiamo alle spalle è certamente stato necessario e utile, anche per passare dalla consapevolezza di alcuni alla convinzione di molti. Evitiamo però il fuorviante obiettivo di voler coinvolgere tutti per partire (che poi nella testa di qualcuno è la scusa per non fare nulla). Tornando indietro di un secolo, ricordo che il Partito popolare partì anche senza imbarcare autorevoli personalità del mondo politico cattolico: penso a Filippo Meda sul fronte moderato e a Guido Miglioli su quello sociale e sindacale, che aderirono solo in un secondo momento. E persino uno di quelli che ricordiamo tra i Popolari intransigenti e antifascisti più vicini a Sturzo, Giuseppe Donati, alle elezioni del novembre 1919 presentò una propria lista democratico cristiana alternativa al PPI.
Il confronto interno deve certamente proseguire per spiegare e definire gli elementi forti della nostra proposta.
Ma ora siamo giunti al momento di dover passare dalle parole ai fatti.
Cominciamo a costruire lo strumento attraverso cui rendere concreta la nuova stagione politica dei “liberi e forti”.
Anche se nella storia recente abbiamo visto nuove forme cosiddette “liquide” di aggregazione politica – il partito-azienda, il partito del capo, il movimento della democrazia del web (filtrata da un’azienda…) – credo che sia necessario rifarsi alle modalità tradizionali che ritroviamo nella storia dei partiti democratici e popolari. Elenco in ordine i passaggi da fare in successione.
1. Definizione di un manifesto/appello ideale
Tante belle pagine sono già state scritte e pubblicate: la presentazione di Politica Insieme (qui il link), il manifesto di Democrazia Solidale (qui il link), il documento conclusivo del convegno organizzato da Rete Bianca a Roma il 22 luglio (qui il link), il documento di sintesi del convegno di Torino dell’11 luglio (qui il link), e richiamerei ancora la riscrittura dell’Appello “ai liberi e forti” fatta in occasione del centenario di fondazione del PPI (qui il link). Certamente ho dimenticato altri documenti cui ispirarsi. Ma solo partendo da questi è possibile che 3 o 4 persone, lavorando insieme anche a distanza, preparino in una settimana una bozza condivisa e condivisibile.
2. Definizione del programma
In contemporanea occorre predisporre un programma che deve avere poche idee forti, chiare e comprensibili, da declinare in 10-15 punti sintetici (diciamo 12 se vogliamo restare nella nostra tradizione…) da contenere assolutamente in due pagine scritte. Anche qui non si parte da zero. Come Popolari piemontesi mettiamo a disposizione la riscrittura attualizzata del programma del PPI (qui il link) e la relazione sui “capisaldi di un programma condiviso ed efficace” tenuta a Torino (qui il link).
Con il solito sistema delle revisioni successive, sarebbe possibile in un paio di settimane arrivare ad una bozza definitiva.
Poi il programma sintetico andrebbe espanso in un documento di 30-40 pagine in cui ogni punto viene spiegato a chi è interessato a capire meglio i contenuti proposti. Questo è un lavoro più lungo, che deve coinvolgere esperti e, in qualche caso, richiederebbe incontri seminariali a tema. Obiettivo credibile sarebbe di averlo pronto nell’autunno.
3. Definizione del nome e simbolo
Prima di presentare manifesto e programma sintetico, sarebbe opportuno decidere il nome del soggetto politico. Anche per evitare che lo battezzino a loro piacimento i media e gli avversari politici – “partito cattolico”, “nuova DC”, “la cosa bianca” o simili –. Per decidere il nome sarebbe opportuno che si ritrovassero una ventina di persone, quelle che nei loro ambiti hanno fatto fare passi avanti al progetto in questi mesi; una sorta di “piccola costituente” analoga a quella che organizzò il lancio del Partito popolare sturziano. Anche se oggi non c’è un Luigi Sturzo, non mancano persone intelligenti, formate e competenti per assumersi la responsabilità di una scelta. A proposito, se siamo, in quanto “liberi e forti”, una classe dirigente diffusa, possiamo anche lasciare da parte il tema del “chi è il capo?” che continua ad assillare qualcuno…
Tornando al nome, a mio giudizio occorre puntare su un marchio nuovo, semplice e immediato, capace di arrivare senza mediazioni culturali a tutti gli italiani, anche ai giovani. Il simbolo dovrà essere conseguente al nome prescelto, con le stesse caratteristiche di semplicità e immediatezza. Scelti nome e simbolo si procede alla registrazione e alla costituzione formale con i necessari passi notarili.
4. Presentazione in una assemblea nazionale costituente
Una volta definiti il manifesto/appello e il programma (anche solo quello sintetico), e decisi e registrati il nome e il simbolo, bisognerà organizzarne il lancio e la presentazione in un’Assemblea nazionale, aperta a singoli, gruppi e associazioni interessati al progetto. La sua forza sarà proprio nell’adesione di tante (100? 200? 300? mille?) realtà locali che, riconoscendosi nei documenti preparati daranno l’avvio ufficiale alla nuova stagione dei “liberi e forti”. È fondamentale che il nuovo partito/movimento nasca dal basso, come fermento di una presenza diffusa sul territorio e non come operazione concertata in qualche caminetto. In tale processo tutte le persone stimate e stimabili sono benvenute, anche chi ha una storia politica importante alle spalle. Se invece fossero i “soliti noti” – comunque coinvolti nelle derive della Seconda Repubblica – a monopolizzare la scena, l’insuccesso sarebbe garantito.
5. Lancio dell’organizzazione
A questo punto potrà partire l’organizzazione territoriale, sia con l’adesione di realtà già esistenti sia con la costituzione di nuove sezioni locali, guidate da poche e semplici indicazioni. La diffusione territoriale sarà decisiva sia per indicare la natura del nuovo soggetto politico sia per poter superare lo scoglio della raccolta firme per la presentazione delle liste elettorali. E ovviamente servirà un sito web di raccordo nazionale, che non parte da zero ma dalle risorse già esistenti e operanti.
La scaletta presentata per passare all’azione va considerata una proposta da definire e migliorare, ma vuole essere un richiamo sulla necessità di passare all’azione, anche senza interrompere le analisi e gli approfondimenti ideali. La saggezza popolare sa che le parole e i fatti non si pesano sulla stessa bilancia: dal Piemonte invitiamo quanti ci leggono a fare squadra e passare ai fatti. Anche perché, come scrisse sant’Agostino, “solo i fatti danno credibilità alle parole”.
Alessandro Risso