In tutti i Paesi colpiti dal virus, scienza e politica hanno sancito un’alleanza forse inedita, almeno nelle forme stringenti assunte oggi. Del resto, sia i politici che gli scienziati sono costretti ad avanzare in un terreno inesplorato, un campo minato dove è facile mettere il piede in fallo e se questo non succede lo sai solo dopo.
Le variabili in campo sono più numerose ed aleatorie di quanto non sembri a prima vista e, in fondo, questo determina il fatto che, in definitiva, l’unico provvedimento fuori discussione è quello – ad un tempo, il più semplice ed il più radicale – del “distanziamento sociale” che significa affamare il virus e costringerlo ad un digiuno mortale.
Se fosse il momento di arzigogolare attorno al virus ed, in generale, al nostro rapporto con i microrganismi, potremmo chiederci da dove trae tanta forza, apparentemente invincibile, questa forma di vita assolutamente semplice e primitiva.
Il nostro organismo, frutto di un percorso evolutivo che si protrae da miliardi di anni come può essere così vulnerabile ed esposto da essere messo sotto scacco dal più ultramicroscopico grumo di materia vivente? Il fatto è che la vita è un continuum in cui tutto si tiene e, in definitiva, solo la comparsa della coscienza umana, dopo una lunga serie di salti evolutivi, rappresenta, ma pur senza interrompere questa continuità biologica, uno stacco radicale – ontologico – dalle sue prime origini.
Ed il virus, in ultima istanza – non sembri un paradosso o un che di irridente nei confronti delle migliaia di vittime – è, o almeno mostra, l’essenza della vita, cioè questa straordinaria capacità di replicare se stesso e di riprodursi, sfruttando a suo vantaggio le stesse potenzialità della cellula che lo ospita. Non fa altro che questo: riprodursi, cioè attestare la “cifra” propria della materia vivente, ciò che la costituisce come tale. Al punto che la sua vita è, in sé, la stessa capacità di replicare se stesso;fuori dalla cellula muore perchè gli mancano la materia prima e le vie metaboliche necessarie a riprodursi.
Insomma, mostra come la vita, la sua natura più intima, la sua essenza sia questa perenne capacità di espandere se stessa. E – per quanto sia il miracoloso approdo di una complessità stupefacente, quindi, intrinsecamente fragile, cioè sostenuta da un equilibrio perennemente “ in fieri” -è, al tempo stesso, talmente forte da conferire una dimensione tragica a questa lotta estrema tra le polarità opposte entro cui si articola nelle sue mille forme. Perché – è terribile dirlo – si tratta davvero di una competizione ferale, di una battaglia campale tra due forme di vita che, l’una – ma, drammaticamente, anche l’altra – vogliono sopravvivere.
Ad ogni modo, chi critica un vero o presunto ritardo nei primi provvedimenti oppure una progressione eccessivamente scandita nel tempo delle restrizioni imposte, imputandole nel contempo alla scienza ed alla politica, deve tener conto della natura del tutto inedita di una prova del genere. Peraltro, nemmeno deve sorprendere il fatto che il parere degli scienziati non sia sempre univoco.
Tutto ciò che attiene il versante bio-medico non è certo, in nessun modo, ascrivibile al campo delle scienze esatte; anzi la stessa medicina, per quanto ovviamente si avvalga di un approccio scientifico e tecnologico sempre più avanzato, va oltre e non può prescindere da un versante interpretativo.
Ci sono situazioni territorialmente molto differenziate tra Nord e Sud, tra una regione e l’altra, all’interno della stessa regione, quindi anche determinati provvedimenti possono essere articolati, ma, in nessun modo, va comunque smarrita una strategia unitaria e, quindi, saldamente diretta e presidiata dal Governo centrale.
Il sistema sanitario, quello lombardo, ma non solo, sta – finora – reggendo l’urto, ma il collasso potrebbe avvenire se si entrasse in una sorta di “panico istituzionale”, cioè si arrivasse ad una rincorsa disperata e confusa alla “si salvi chi può”.
Politici e scienziati devono trasformare la loro collaborazione in una alleanza vera e propria, sapendo, in ogni caso, che la politica, in nessun modo, può dimettersi dalla propria responsabilità.
Domenico Galbiati

About Author