Non se ne parla o, meglio, non se ne parla abbastanza ma, accanto all’emergenza sanitaria ed economica, c’è anche un’altra emergenza non meno grave: quella delle scuole paritarie. Infatti la pandemia sta determinando uno scenario tale per cui rischia sostanzialmente di chiudere i battenti il 30% degli istituti paritari. Il che, si badi, non è un dramma solo per queste scuole, ma per tutti dato che si materializzerebbe – di punto in bianco – la necessità di ricollocare circa 300.000 studenti e sostenere oltre 40.000 lavoratori disoccupati, cosa che potrebbe comportare fino a 5 miliardi di spesa pubblica. Una catastrofe nella catastrofe.
Ma al di là di questo scenario oggettivamente da incubo, che cosa sono le scuole paritarie? E perché rappresentano una risorsa collettiva? Per rispondere a tali interrogativi occorre anzitutto chiarire che – alla luce di quanto stabilito dalla legge 62 del 2000 – le paritarie sono quella tipologia di scuola non statale eppure comunque pubblica, dal momento che svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione; tant’è che, per gli alunni, la regolare frequenza della scuola paritaria costituisce l’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Detto questo, le scuole paritarie sono importanti perché, con la loro presenza e la loro attività assicurano un diritto semplicemente fondamentale in democrazia: quello della libertà educativa, e cioè della facoltà per le famiglie di poter garantire ai loro figli la formazione che meglio credono. Principio già importante a priori, esso diviene decisivo in un tempo qual è quello odierno in cui, come purtroppo sappiamo, la scuola statale è aggredita dai tentacoli dell’ideologia gender e dell’indottrinamento Lgbt. Tutte insidie rispetto alle quali gli istituti paritari costituiscono una sorta di oasi, un presidio di libertà.
D’accordo, ma quali sono i numeri di questa realtà scolastica? Dati alla mano, è così significativa? Se si considera l’arco educativo e didattico che va dall’infanzia fino alle scuole secondarie di secondo grado, ad oggi l’ambito paritario garantisce l’istruzione ad un esercito di 870.000 studenti, 18.000 dei quali diversamente abili. Ciò significa che il servizio che il comparto paritario offre nell’istruzione è decisamente imponente. Imponente e conveniente, oltretutto.
Sì, perché, anche se tutt’ora circola il mito delle scuole paritarie come opzione di famiglie privilegiate, la realtà è che gli studenti iscritti a queste scuole – in media, s’intende – costano allo Stato 500 euro ciascuno all’anno, mentre il costo medio che lo Stato sopporta per gli studenti delle scuole pubbliche è pari a 6.500 euro per ognuno. Ora, non occorre essere fini matematici per capire che quindi non solo le scuole paritarie non sono un aggravio per nessuno, ma rappresentano un vero e proprio affare per tutte le famiglie.
Smettiamola, allora, di considerare le scuole paritarie un privilegio per alcuni dato che esse, numeri alla mano, sono invece un patrimonio comune – come poc’anzi ricordato – sia sotto il profilo valoriale sia sotto quello economico e di funzionamento del sistema scolastico. Suonano a questo proposito interessanti le parole di una coraggiosa dichiarazione dell’allora ministro Luigi Berlinguer, il quale ebbe a dire: «È tempo di chiudere questo conflitto del Novecento: scuole statali contro private. Non esiste, non è più tra noi, ci ha fatto perdere tempo e risorse». E ancora: «Basta guardarsi in giro e si scopre che l’insegnamento è pubblico, fortemente pubblico, ma può essere somministrato da scuole pubbliche, private, religiose, aconfessionali in una sana gara a chi insegna meglio».
Se anche Berlinguer, uomo intelligente ma non ascrivibile alla galassia politica conservatrice, la pensava così, perché il Parlamento attuale – in un clima sociale difficile che quindi dovrebbe esortare all’unità – non mette da parte le divisioni e i pregiudizi per sostenere le scuole paritarie come meritano? Vale la pena chiederselo nell’auspicio che, una volta tanto, la ragionevolezza e il riconoscimento delle scuole paritarie come tesoro comune possano prevalere.
Giuliano Guzzo
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