Nei giorni scorsi, a Milano, è stata inaugurata l’opera “L’albero della vita”, con l’intento di raccontare alla cittadinanza il tema delle migrazioni attraverso l’arte. Fortemente voluta dalla Fondazione Progetto Arca, il murales è ospitato nel cortile del Cas, acronimo di Centro di Accoglienza Straordinaria, di via Fantoli, nella periferia del capoluogo lombardo. Un’esperienza che unisce arte, partecipazione e accoglienza, nata per restituire dignità e bellezza a un luogo abitato da persone vulnerabili. Interris.it ne ha parlato con la dottoressa Alice Stefanizzi, direttrice della comunicazione e raccolta fondi di Progetto Arca.

L’intervista

Dottoressa Stefanizzi, com’è nata e come si è sviluppata l’iniziativa “L’albero della vita”?

“L’albero della vita’ è nato nel nostro centro di accoglienza straordinaria di via Fantoli, con l’intento di rendere più bello questo luogo. Crediamo infatti che chi si trova in una situazione di fragilità, se vive in un ambiente accogliente e curato, riesca a maturare pensieri più positivi e profondi, capaci di aiutarlo a uscire dalle difficoltà e intraprendere un nuovo percorso di vita. Da qui è nata l’idea di contattare l’artista Pongo, conosciuto a livello internazionale, chiedendogli di realizzare un’opera significativa e d’impatto. È così che ha preso forma ‘L’albero della vita’. Prima ancora che il murales venisse realizzato, abbiamo presentato il progetto agli ospiti del centro, tutti richiedenti asilo, che si sono mostrati entusiasti. Hanno chiesto all’artista di poter partecipare attivamente, trasformando la creazione in un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. Il murales è così diventato qualcosa di grande, condiviso, e soprattutto bellissimo.”

In che modo, secondo lei, quest’opera ha dato alle persone coinvolte la possibilità di esprimere sé stesse e, al contempo, di lanciare un messaggio di speranza?

“Faccio un esempio molto concreto: quando Pongo ha presentato la bozza del disegno agli ospiti, uno di loro ha alzato la mano e, insieme ad altri, ha proposto di aggiungere alcuni uccellini all’albero, come simbolo di libertà e della capacità di spiccare nuovamente il volo. Questo gesto dimostra come il disegno abbia stimolato una riflessione personale e profonda, rappresentando un vero momento di partecipazione emotiva e simbolica. Successivamente, molti di loro hanno preso in mano i pennelli, contribuendo attivamente alla preparazione del muro e alla realizzazione dell’opera insieme a Pongo. Ma la partecipazione più autentica è quella interiore: il murales rende questo luogo più bello e, soprattutto, li aiuta a immaginare e cercare un futuro migliore.”

Quali sono i vostri desideri per il futuro per lo sviluppo di iniziative come questa?

“Le forme di accoglienza di Progetto Arca sono diverse: dal Cas, come in questo caso, fino agli appartamenti che offrono un contesto più funzionale e personalizzato per ricostruire la propria vita. Negli ultimi anni, il nostro obiettivo è sempre stato quello di garantire luoghi di accoglienza dignitosi, dove le persone possano ritrovare serenità. Crediamo molto nel potere della bellezza: un luogo ‘bello’ è un luogo dove ci si può sentire a casa, soprattutto per chi, a causa delle difficoltà vissute, non ha mai avuto una vera casa. Attraverso iniziative come questa, si possono gettare le basi per un nuovo inizio, fatto di resilienza, ricostruzione e speranza: tutto ciò che può dare forma ai desideri più autentici di una persona.”

Christian Cabello

Pubblicato su www.interris.it

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