In ogni puntata che si rispetti di CSI New York, quando un caso di omicidio risulta apparentemente irrisolvibile, la squadra agli ordini di Mac Taylor tira fuori il proverbiale asso nella manica. Che sia uno spray miracoloso o l’ultima versione di Luminol, non esiste impronta digitale che possa sfuggire al team di detectives della scientifica più famoso al mondo: e il mistero, da inestricabile, diviene immediatamente chiaro, quasi elementare nella sua risoluzione.

Insomma, la chiave di tutto è racchiusa in una parola: reagente. Nei mercati finanziari questo ruolo – spesso riferito con la formula più cruda e bellica del “canarino nella miniera” – è svolto spesso e volentieri dalle materie prime, le cosiddette commodities. I cui andamenti di prezzo, soprattutto rispetto ai futures, svelano ciò che le valutazioni spesso gonfiate e manipolate del mercato equity tendono a nascondere o camuffare: ovvero, la realtà macro.

E nei momenti di particolare tensione e incertezza come quello attuale, dominato dall’allarme per il coronavirus cinese e il suo potenziale impatto globale, dare un’occhiata allo stato di salute dei materiali che vengono utilizzati per produrre manufatti fisici offre uno sguardo di realismo, spesso spietato, che i listini tendono invece strumentalmente a celare, pena sell-off decisamente dolorose. E se oro e petrolio rappresentano la punta di diamante delle analisi
economiche e geopolitiche – il primo rispetto all’avversione al rischio e il secondo in relazione al consumo di energia che la produzione mondiale richiede -, un terzo incomodo fa capolino nei report: il rame. O, come viene definito con grande deferenza sui mercati, Mr. Copper.

Materiale di primaria importanza in più di un ambito manifatturiero e industriale, il rame è particolarmente legato ai destini economici della Cina. E come sta in questo periodo? Da 11 giorni a questa parte, ovvero da quando il coronavirus ha cessato di essere un fenomeno “limitato e contenuto” e ha svelato al mondo il suo reale potenziale di rischio, il prezzo del rame appare in caduta libera.

E che Mr. Copper possa anche questa volta rivelarsi un reagente affidabile lo confermano indirettamente due dati, entrambi recentissimi. Il 29 gennaio, infatti, due notizie sono passate pressoché sotto silenzio. La prima la riportava la Reuters in un suo articolo, nel quale venivano riprese le dichiarazioni rilasciate al settimanale Cajing da Zhang Ming, economista definito “governativo”. Ovvero, membro della task-force del ministero.

E cosa diceva questa fonte decisamente accreditata? Che stante i ricaschi del coronavirus, se la situazione non
venisse contenuta in tempi rapidissimi, la crescita economica cinese del primo trimestre – annualizzata – potrebbe essere al di sotto della soglia psicologica del 5%. Insomma, dopo l’alibi della guerra commerciale per giustificare il rallentamento del Pil patito nel 2019, Pechino pare mettere le mani avanti anche per la prima metà del 2020. E al netto della certezza di un intervento della Banca centrale a sostegno dell’economia, sottolineato a chiare lettere da Ming, in molti cominciano ad aggrottare seriamente le ciglia, poiché fino ad oggi i tassi di crescita cinesi erano sì tacitamente accettati come reali ma tutti sapevano, in cuor loro, quanto in realtà fossero sovrastimati almeno
di un 1-1,5%. Andare sotto il 5%, di fatto, potrebbe realisticamente tradursi in una Cina motore del mondo che cresce solo del 3,5% circa nel primo trimestre: ingestibile, al netto dell’indebitamento globale. A meno di un QE sincronizzato e a forza quattro.

Seconda notizia, il fatto che la Fed nell’ultima riunione del board non si sia limitata al mantenimento dell’attuale tasso benchmark e all’aumento frazionale di quello sulle riserve bancarie, bensì abbia prolungato fino alla fine di aprile le aste term e repo di finanziamento emergenziale per il sistema finanziario (il cui termine era stato invece fissato, non più tardi di due settimane fa, a metà febbraio) e gli acquisti mensili di T-bill in seno al nuovo QE fino a tutto il secondo trimestre di quest’anno, ovvero fino all’estate contro le attese di uno stop ad aprile.

Insomma, c’è timore. Ma un timore tutto focalizzato sulla finanza, non sull’economia reale. Ancora una volta, la missione pare quella di salvare il soldato Wall Street. La serie storica  illustra come la contemporaneità di calo per quotazioni di petrolio e rame e aumento di quelle dell’oro – trend proseguito per tutto il mese di gennaio – sia sempre rivelatrice dell’imminenza di una selloff azionaria.

Insomma, la Fed come la Mentadent: prevenire è meglio che curare. Ma altre due commodities parlano in queste ore, operando in modalità silent witness autoptico: la soia e il palladio. Anzi, nel primo caso, i suoi futures.
Gli analisti cominciano a trarre due conclusioni ben poco rassicuranti.

Primo, un andamento di prezzo in prospettiva simile per la materia prima agricola al centro della cosiddetta Phase one dell’accordo commerciale fra Usa e Cina, pare dimostrare come quest’ultimo sia stato poco più che un paravento formale e senza contenuti.
A fronte della quantità di soia millantata da Donald Trump come garantita da Pechino in sede di acquisti per il 2020, una dinamica di prezzo dei futures di questo genere appare infatti totalmente sconnessa dalla realtà. E  tremendamente rivelatrice di un bluff.

Secondo, dopo aver raddoppiato il proprio prezzo in un anno e aver sfondato i 2.500 dollari l’oncia sull’aspettativa di un boom totale dell’auto ecologica, il palladio infatti sta patendo un calo continuo delle quotazioni spot, arrivando a perdere il 6% solo nella giornata del 21 gennaio scorso, peggior calo giornaliero dal marzo 2019.

E se esplode la bolla dell’auto elettrica e del business delle catalitiche e del green-motive in Cina il danno sarà davvero di quelli epocali.

In primis, per le fantasmagoriche proiezioni di vendite che non più tardi del 29 gennaio hanno permesso a Tesla di presentare utili record e volare in Borsa. Almeno, questa pare la sentenza attuale emessa dai “reagenti” del
mercato.

Mauro Bottarelli

Tratto da un articolo pubblicato su Businnes Insider

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