Oltre che dare conto della evoluzione dei disoccupati presi in carico dai servizi pubblici per l’impiego, l’ultimo monitoraggio effettuato dall’Anpal (CLICCA QUI) sullo stato di attuazione del Programma GOL al 31 dicembre 2022 contiene una valutazione della condizione lavorativa delle persone iscritte da almeno 65 giorni: 370 mila sul totale dei 709 mila presi in carico (52%).

Sul campione preso in considerazione, uno su quattro (il 24,2%) pari a 89.719, risulta avere un rapporto di lavoro in essere. Tra questi, solo il 17,1% risulterebbe occupato con un rapporto di lavoro avviato dopo l’ingresso in GOL, escludendo i lavoratori con redditi molto bassi (i cosiddetti woorking poor) che conservano lo stato di disoccupazione. Dati i tempi ristretti per l’avviamento del nuovo programma, è lecito supporre che la ricerca delle nuove opportunità lavorative sia avvenuta in modo spontaneo, a prescindere dalle misure adottate a favore dei disoccupati per l’adeguamento delle competenze e per favorire l’inserimento lavorativo. Circa 24 mila beneficiari risultano invece essere titolari di un rapporto di lavoro prima dell’iscrizione al programma (7,1%).

Il monitoraggio conferma il raggiungimento del target europeo del Pnrr per il 2022: almeno 300 mila disoccupati da prendere in carico dai servizi pubblici per l’impiego, aumentato a 600 mila per una scelta autonoma del nostro Paese prevista nel decreto attuativo del programma GOL. Per quanto numericamente alti, erano esiti non particolarmente sfidanti dato che l’obbligo della sottoscrizione del patto di servizio è già obbligatoria per i beneficiari dei sostegni al reddito: Naspi, Diss-Coll, Reddito di cittadinanza che ordinariamente sono numericamente superiori a quelli presi in carico.

Sintomatica di qualche difficoltà del Programma è anche la distribuzione dei beneficiari di GOL tra i 5 percorsi previsti dal programma. Circa la metà dei beneficiari del Programma (51,3%) è inserita nel percorso di “Reinserimento lavorativo” finalizzato alle persone ritenute più occupabili nel mercato del lavoro in relazione al profilo professionale e alle esperienze (Azione 1). La gran parte delle persone che hanno trovato spontaneamente un lavoro risultano appartenere a questo gruppo.

Solo una quota residuale di beneficiari, il 3,6%, appartiene al percorso “Lavoro e inclusione” (Azione 4) che riguarda casi più complessi e che investono ambiti diversi dalla sola sfera lavorativa (bisogni di persone con disabilità, madri singles, giovani drop out, persone che non hanno assolto l’obbligo di istruzione, ex detenuti…). Non ancora disponibili invece i dati del percorso “Ricollocazione collettiva”, destinato a lavoratori ancora formalmente occupati in situazioni di crisi aziendali, non ancora attivato da tutte le Regioni, e che richiede il concorso attivo delle Parti sociali (Azione 5).

L’assunzione di una metodologia condivisa per le prese in carico da attuare nei territori regionali rappresenta una evoluzione positiva. Ma riguarda solo un aspetto preliminare del percorso di orientamento che presuppone una governance più complessa e che rimane fortemente differenziata per le forme di collaborazione tra servizi pubblici e privati dell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, nell’organizzazione dell’offerta formativa e degli incentivi per le imprese. Queste invece sono elementi decisivi per valutare l’efficacia delle iniziative di politica attiva, in termini di risultati occupazionali e di riduzioni dei tempi delle transizioni lavorative, che avvengono spesso in modo spontaneo per le persone che non beneficiano dei sussidi.

Altro limite è rappresentato dalla valutazione “a tavolino” dell’occupabilità delle persone in relazione alle tendenze di una domanda di lavoro altamente differenziata da parte delle imprese. Una quota significativa della potenziale domanda di lavoro può essere soddisfatta con percorsi di apprendimento in ambito lavorativo. In questo senso, il coinvolgimento delle Parti sociali per agevolare i percorsi di inserimento e di ricollocazione dei lavoratori risulta inadeguato e sottodimensionato rispetto alle potenzialità degli enti bilaterali promossi dalla contrattazione per migliorare le competenze dei lavoratori e per gestire l’impatto delle ristrutturazioni aziendali e settoriali.

Proprio in termini di occupabilità, il monitoraggio conferma la particolare criticità delle persone in età di lavoro che beneficiano del Reddito di cittadinanza per scarsità e anzianità delle loro esperienze formative. La gran parte di queste vengono classificate – a nostro avviso impropriamente – tra i disoccupati che richiedono i più consistenti percorsi di formazione. Mentre sarebbe opportuno favorire l’inserimento lavorativo, anche di breve periodo, in attività che non richiedono particolare competenza consentendo l’integrazione tra i sostegni pubblici e le remunerazioni salariali.

Il 2023 rappresenta quindi un anno decisivo per la verifica dell’efficacia del programma Gol (CLICCA QUI), non solo per il raggiungimento dei suoi obiettivi formali in termini di numero di persone prese in carico e di corsi formativi avviati, ma per la sua effettiva capacità di incidere sulle dinamiche reali del mercato del lavoro, a partire dal contributo che può essere offerto dalle importanti risorse disponibili – gli altri 3,5 miliardi del Pnrr sommati a quelli residui del React-Eu e alle ordinarie programmazioni 2021-2027 – per la riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, in aumento in esponenziale anche per le qualifiche basse e medio. Adeguare la governance valorizzando i protagonisti della domanda e dell’offerta di lavoro, adeguare l’offerta formativa e i panieri di servizi personalizzati per le diverse platee di beneficiari, valutare l’efficacia delle iniziative sulla base del loro impatto effettivo sul mercato del lavoro: sono queste le principali cose da fare.

Natale Forlani

Pubblicato su Il Sussidiario.net (CLICCA QUI)

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