Laura Linda Sabbadini interviene sulle colonne de La Stampa per commentare un punto della relazione
del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco che la direttrice centrale dell’Istat definisce ” drammaticamente chiaro” perché la crisi conseguente provocata dalla pandemia farà calare il reddito delle famiglie tanto più alto quanto queste presentano al momento  redditi bassi.

Secondo la Sabbadini, il 20% delle famiglie che hanno redditi più bassi, subirà una diminuzione due volte maggiore del 20% di chi ha redditi più alti. “Il che significa – scrive-  che le diseguaglianze sociali cresceranno e di molto. E aumenteranno i disagi proprio di chi stava già peggio. E purtroppo piove sul bagnato. Perché il nostro Paese non è riuscito all’indomani dell’uscita dalla recessione nel 2014 a mettersi sulla strada di una crescita inclusiva”.

Questo è accaduto, a suo avviso, “perché la crescita è stata debole e non ci ha permesso di tornare ai livelli pre-crisi del Pil. Tanto meno è stata inclusiva, visto che la povertà, dopo essere raddoppiata nel 2012 e triplicata per bambini e giovani, è migliorata solo nel 2019 e non è certo tornata ai livelli di partenza.

Per la direttrice centrale dell’istat, bisogna ora attendersi una fase critica in cui si finirà per andare ancora più indietro: tanti perderanno il lavoro. A suo avviso le future difficoltà nascono perché “di segmenti fragili e più vulnerabili nel mercato del lavoro ce ne sono molti, dai precari agli irregolari, segmenti più difficilmente tutelabili soprattutto nei settori che più sono rimasti sospesi” e perché “gli stessi ammortizzatori sociali sono transitori”.

La Sabbadini ne è convinta: “Sarà dura, durissima. Ma ci sono alcune parole chiave che dovranno guidarci. La prima è unità. Unità tra Italia e Europa, unità tra Nord e Sud, no a conflitti e strumentalizzazioni politiche. Dobbiamo tutti guardare a un’unica cosa, l’interesse del nostro Paese. Non possiamo permetterci altro. Come è successo nel lockdown, tutti uniti e compatti contro la crisi. Manifestando un senso civico come mai successo prima in tutte le zone del Paese, come ha documentato l’Istat”.

C’è poi a suo avviso una seconda parola, che è quella della solidarietà “perché chi ha di più
deve aiutare chi sta peggio”, soprattutto quando le difficoltà crescono. “La crisi precedente – aggiunge la studiosa di statistiche- ci ha mostrato che nonostante l’aumento delle diseguaglianze il nostro tessuto sociale ha retto. Non sono emersi segnali di disgregazione sociale, non sono aumentati omicidi o violenze, come accade in queste occasioni. Le reti familiari e del volontariato sono state un baluardo fondamentale. Dobbiamo nutrirci di queste. Più ci aiuteremo
l’un l’altro più riusciremo a superare le avversità”.

Una terza parola è poi quella dell’ opportunità. Certo, dice la Sabbadini, è una parola difficile da utilizzare “dopo tanto dolore e tanti morti” e di fronte a una crisi che si preannuncia così dura. A suo avviso, però, “è la parola
che sintetizza il grande salto che dovremo fare. Noi italiani siamo sempre stati all’altezza delle situazioni difficili, reagendo con creatività, passione, determinazione”.

E’ necessario però che la classe dirigente faccia propria  la raccomandazione di Keynes: procedere al varo di un piano che consenta di resistere a lungo… concepito in uno spirito di giustizia sociale…occasione per procedere più avanti di quanto si sia fatto finora, verso una riduzione delle diseguaglianze.

Per la Sabbadini “è  arrivata l’ora del nostro New Deal, del grande piano per la ricostruzione nazionale economica, sociale e ambientale. E’ arrivata l’ora della fiducia tra noi tutti. Trasformeremo le nostre sofferenze in un grande balzo in avanti se riusciremo a mettere al centro le persone e i loro bisogni in un grande piano di rilancio di
investimenti pubblici e privati che rimodernerà il Paese.

 

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