Il seguente articolo è stato pubblicato dalla Rivista Solidea a firma di Chiara Lodi Rizzini 

Gli individui più vulnerabili sono più esposti a fattori che ne condizionano negativamente la salute e al contempo hanno meno opportunità di curarsi e di fare prevenzione. Infatti, si trovano più facilmente in condizioni di povertà sanitaria, termine con il quale si identificano le conseguenze della scarsità di reddito sull’accesso a quella parte delle cure sanitarie che restano a carico degli indigenti a causa del mancato intervento del SSN, come tipicamente accade per l’acquisto dei farmaci da banco e per la compartecipazione alla spesa sanitaria mediante il pagamento dei ticket (Osservatorio povertà sanitaria).

Secondo l’undicesimo rapporto Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci, realizzato dall’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria, nel 2023, 427.177 persone si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria e hanno chiesto aiuto ad una delle 1.892 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. Un aumento del 10,6% rispetto al 2022.

Alla radice vi è un problema economico e, in particolare, un reddito insufficiente per far fronte alle spese sanitarie.

Tuttavia, come scrivono i ricercatori dell’Osservatorio, tante persone in condizioni di povertà non riescono ad accedere alle cure non solo perché non hanno risorse economiche, «ma perché spesso sono privi di qualsiasi rete di protezione sociale o di amicizia, ignorano i propri diritti sanitari e non hanno nessuno che li aiuti a districarsi tra gli strumenti di scelta o tra la burocrazia».

Health literacy, digital health literacy, healty housing

La povertà sanitaria è, infatti, profondamente connessa ad altre dimensioni di vulnerabilità. Anzitutto vi è una determinante educativa.

Il livello di istruzione, ma soprattutto di alfabetizzazione sanitaria (o health literacy), influenza la salute e l’accesso alle cure. L’Health Literacy, concetto complesso e in continuo aggiornamento, è stato definito dall’OMS nel 1988 come «l’insieme delle capacità cognitive e sociali che determinano la motivazione e l’abilità degli individui per accedere, comprendere e utilizzare le informazioni, sì da promuovere e mantenere un buon livello di salute».

L’alfabetizzazione sanitaria implica quindi di saper leggere, decodificare ed elaborare informazioni relative alla propria salute che vanno dal comprendere un referto medico, all’orientarsi all’interno dei servizi sanitari, fino al compiere scelte consapevoli a favore del proprio benessere. Determina quindi la capacità di mettere in atto comportamenti preventivi nei confronti delle malattie, di comunicare correttamente disturbi e bisogni e di orientarsi rispetto alle cure disponibili. Chi ha bassi livelli di scolarizzazione o ha una scarsa conoscenza della lingua italiana risulta quindi molto vulnerabile.

Altra dimensione – connessa alla precedente – è quella della digital health literacy, una sorta di convergenza tra digital literacy e health literacy (Honeyman et al., 2020) che riguarda sia le competenze nell’utilizzare gli strumenti digitali sia la disponibilità di strumenti digitali. In tema salute, essa si esplicita nella capacità di comprendere – e soprattutto, di “filtrare” – le informazioni disponibili su internet, che spesso confondono, disorientano e spaventano. Inoltre, riguarda la capacità di utilizzare gli strumenti digitali in ambito sanitario, ad esempio per consultare il fascicolo sanitario elettronico, prenotare esami diagnostici, accedere ai referti ecc.

Infine, un terreno ancora relativamente poco esplorato è l’utilizzo di telemedicina, teleassistenza e telemonitoraggio, che richiede abilità non solo al personale medico sanitario, ma anche ai pazienti stessi, oltre a una determinata dotazione infrastrutturale e tecnologica.

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