“Prima di riformare le istituzioni è necessario rafforzare la loro legittimità democratica, anche a costo di discussioni vivaci e su argomenti scomodi”. Lo ha sostenuto in un vibrante discorso Wolfang Schauble, il presidente del Bundestag e già potente ministro delle finanze della Merkel, inaugurando una riunione congiunta dei parlamenti tedesco e francese ad Aquisgrana.
L’appello vale per l’Europa come per le istituzioni del nostro Paese, più di altri a rischio come emerge dalla mediocre cronaca politica di tutti i giorni, da alcuni accorati appelli di costituzionalisti e dalle frequenti annotazioni del Presidente della Repubblica che accompagnano la promulgazioni delle leggi.
La legittimità democratica delle istituzioni è frutto della storia repubblicana e appartiene anche ai valori che hanno ispirato l’impegno politico dei cattolici democratici, e l’appello di Schauble sembra ritagliato in un momento in cui cerchiamo un varco per il ritorno al nostro impegno politico diretto, sia per ora di movimento che auspicabilmente di soggetto politico. E ciò non solo e non tanto “per fare la guardia alle istituzioni” ma piuttosto per uscire da quella fragilità della democrazia italiana che è ancora conseguenza di “diversità culturali che si elidono a vicenda” come notava Aldo Moro in tempi non lontani.
Se quelle diversità culturali erano tra cattolici sociali, comunisti, socialisti e conservatori, oggi in tempo di eclissi delle ideologie sono più rischiose per il rumoroso ingresso sulla scena dei populismi, dei sovranismi e per le disuguaglianze più avvertite che mai, dopo gli effetti della globalizzazione e della più lunga crisi economica del dopoguerra. Prevale infatti nei due partiti di governo una dimensione prevalentemente soggettiva della politica: i buoni contro i cattivi o entrambi presunti tali, del tutto estranea alla nostra cultura. Il riferimento all’individuo o al soggetto è solo strumentale e serve ad alimentare le paure, la precarietà dei confini, il rischio della povertà, la perdita delle identità, per attribuire solo allo Stato la funzione di difesa.
Il recente volgare attacco del ministro Salvini nei confronti della Caritas altro non è che la conferma di questa concezione della politica alla quale si accompagna il neo statalismo del ministro Di Maio che vuole sconfiggere la povertà con manovre assistenzialistiche a debito. Due facce della stessa medaglia che svela una fiducia illimitata nel vecchio paternalismo e che nega i principi della solidarietà e della sussidiarietà che appartengono all’anima del Paese e sono centrali nella dottrina sociale cristiana.
La nostra visione della politica è ben altra, è espressione dei processi storici, sia di quelli in corso che di quelli che si preannunciano, dove al centro c’è la libertà come elemento costitutivo e irrinunciabile della persona e dove la democrazia recupera la sua carica anche in quanto strumento di promozione sociale.
Ben venga quindi l’esortazione di Schauble, non a caso leader dei cristiano sociali bavaresi, a rafforzare la legittimità democratica delle istituzioni mentre si sta consumando una emergenza culturale e di valori.
Ciò che siamo chiamati a fare in questa emergenza altro non è che l’opposizione, forte e chiara, senza indugiare sulle noiose rissosità tra i due partiti di governo e senza cercare sponde tra gli stessi. All’apparenza infatti sembrano litigare su tutto ma di fatto, in ultima analisi, esprimono visioni complementari e mettono in discussione la stessa idea di persona. La nostra consapevolezza è che lo Stato democratico è altra cosa.
Guido Puccio
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