Il quotidiano  “La Repubblica” ha recentemente pubblicato alcuni dati sui salari italiani messi a confronto con quelli degli altri paesi europei che meritano particolare attenzione.

Al netto dell’inflazione , nel settore privato , le retribuzioni  medie  annue, nell’ultimo trentennio, sono diminuite in Italia del -2,9%, mentre in Germania sono aumentate del + 33,7 % e in Francia del + 31,1%.

È un dato di lungo periodo, per cui può essere ritenuto espressione di un andamento strutturale della economia italiana: le imprese , cioè, continuano a trovare la loro competitività nel basso costo del lavoro. È una caratteristica delle economie deboli, che evidenzia una fragilità  di fondo , soprattutto se si fa il confronto con i sistemi produttivi del resto dell’Europa occidentale.

Ne viene una conferma della fondatezza della  domanda di una politica di intervento strutturale, che coinvolga università e centri di ricerca, per iniettare dosi di dinamismo tecnologico nel sistema produttivo, unica via per avere prodotti di qualità  il cui prezzo consenta margini di remunerazione in grado di garantire ai lavoratori un livello “europeo” di benessere.

Il dato riportato, altresì, dimostra che, al contrario, i continui  interventi congiunturali “a pioggia”, voluti dalle forze sociali, e benedette dai partiti in questi ultimi trenta anni, hanno contribuito ad aumentare le disuguaglianze sociali.

 

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