Perché seguiamo le “ sardine”? Perché la politica italiana, il sistema istituzionale, la vita sociale e civile hanno bisogno anch’essi degli Omega 3 per avviare un processo generativo. Tutto l’insieme del corpo pubblico italiano, infatti, ha la necessità di assume quei grassi polinsaturi che in quello umano rispondono al fabbisogno quotidiano d’energia e contrastano l’ossidazione delle cellule vitali.
Le “ sardine”, ma abbiamo l’ardire di pensare anche a noi stessi del Manifesto ( CLICCA QUI ) e alla rete sempre più diffusa di presenze civiche, spontanee e autonome, stiamo tutti svolgendo la funzione di ultimo e finale campanello d’allarme sul degrado delle relazioni e della vita pubblica. Siamo un po’ tutti, fenomeni nuovi e inediti, degli Omega 3.
Già circolano le prime illazioni su chi stia dietro le “ sardine”. La nascita di un nuovo soggetto politico d’ispirazione cristiana e popolare è avvertita come qualcosa di scomodo, rompe le uova nel paniere.
La smania del complottismo, della negazione della spontaneità dei fenomeni collettivi e il tentativo di distorsione di espressioni popolari di natura endogena, tali perché traggono la giustificazione della propria esistenza in mancanza di ascolto e in attese represse, emergono ogni volta che tali manifestazioni sembrano intaccare la cappa omertosa e conservatrice del sistema consolidato di potere e di comunicazione vigente. Si prova, pertanto, in vario modo, a delegittimare il “ nuovo” e la genuinità che appaiono fuori degli schemi e, soprattutto, ingovernabili.
Ci sarà pure qualcosa che giustifichi la dietrologia. Noi guardiamo, in ogni caso, al germinare spontaneo del nostro movimento, delle ” sardine” e delle liste civiche, particolari portatori di Omega 3. Le ” sardine” sembrano oggi prendere corpo in maniera incontrollata e senza alcuna incidenza da parte delle tradizionali formazioni politiche.
Sarebbe importante ascoltarne le motivazioni profonde, sociali, civiche ed esistenziali e capire come un tale movimento possa contribuire a quella rigenerazione di cui ha bisogno il Paese.
Lo stesso deve valere nei confronti di altri fenomeni politici di questa stagione. Della Lega non ci interessa l’espressione di vertice, attualmente rappresentata dal ” salvinismo”, cosa diversa dal leghismo storico e radicato al Nord. Dei 5 Stelle non si deve guardare alla rappresentanza ufficiale e del passaggio dal “ vaffa” all’accettazione altrettanto acritica di vecchi metodi verticistici. Lo stesso riguarda il Pd e Forza Italia.
Quello cui è necessario porre orecchio e attenzione è la sostanza “ popolare”che tutte queste entità rappresentano. E’ dei fenomeni sottostanti la politica che siamo chiamati a curarci.
In essi dobbiamo addentrarci per capire quanto e come sia possibile sostenere il senso di una nuova cittadinanza attiva, definire nuove relazioni nel mondo del lavoro, delineare un riconoscimento reale del ruolo sociale della famiglia e convergere nella consapevolezza che educazione e giustizia, oltre che un impegno vero per la Pace, restano i presupposti di ogni rinnovata iniziativa preoccupata di assicurare un futuro adeguato alle nuove generazioni, oggi represse da disoccupazione e precariato.
E’ chiaro che Matteo Salvini non abbia alcun interesse, forse neppure la capacità, di sintonizzarsi con queste nuove entità autonome. Il Pd, e l’apparato comunicazionale che lo sostiene, reagisce nè più nè meno come il vecchio Pci fece nel ’68 nei confronti dello spontaneo diffondersi della contestazione giovanile e dei primi fermenti di base emergenti nelle fabbriche: un miscuglio composto dal tentativo di strumentalizzare e dalla reazione stizzita verso chi disturba il manovratore.
Il partito di Nicola Zingaretti ha assunto una caratteristica smaccata: refrattarietà a ragionare in termini pluralisti e inclusivi. Un atteggiamento che non riguarda le solo “ sardine” le quali, in ogni caso, vanno bene solamente se possono essere parte del consolidamento di un fronte anti Salvini, ovviamente a guida esclusiva Pd.
La lontananza del Pd rispetto la realtà sociale e civile è oramai palpabile. E’ stato appena dimostrato in Umbria. Lo stanno confermando linguaggio e comportamenti in vista delle altre prossime elezioni regionali: incapacità ad aprirsi realmente alle nuove forze potenzialmente emergenti. Il Pd resta nella propria autoreferenzialità e si limita ad evocare un antisalvinismo scontato e senza molte prospettive, come dimostrano tutti i sondaggi. Il civismo, come appena accaduto in Umbria, è declassato a piccola“ foglia di fico”, utile a coprire solo una porzione delle proprie nudità.
L’ipotesi della nascita di un nuovo soggetto politico come il nostro spaventa il Pd. Reagisce tornando, come ricorda con grande lucidità Guido Bodrato ( CLICCA QUI ), a riproporre un’ipotesi di legge elettorale maggioritaria nella convinzione di uccidere nella culla tutte le novità scomode. Ignaro o dimentico di quello che hanno rappresentato sia il fenomeno grillino, sia quello della Lega, capaci di svilupparsi ed occupare la scena indipendentemente dal tipo di legge elettorale vigente.
I vertici del Pd, infatti, sono così lontani da legare la loro presenza ad un pensiero politico che ritengono impossibile che altri, potenzialmente alternativi, siano capaci di svilupparne uno in modo autonomo e indipendentemente da loro.
Poi, intendono chiedere di partecipare al fronte antisalviniano. Ad esso si affidano nonostante sappiano che, impostato com’è da loro impostato, è destinato solamente alla sconfitta.
Il ritorno all’ipotesi del maggioritario, infatti, è chiusura oggettiva alle novità, ai fermenti che spontaneamente si dispiegano nella società civile. E’ l’arrocco nel piccolo fortilizio del sistema di potere che ruota attorno agli interessi esterni ed interni al Pd. L’estremo tentativo d’intercettare forzosamente e speranzosamente tanto elettorato finito nell’astensionismo, tra cui quello di moltissimi cattolici. Pie illusioni?
Strano che entità interne al Pd, quelle che non sono di espressione post marxista, non si rendano conto di quanto questa strada sia sbagliata. Possibile che anche Franceschini, Castagnetti e compagni accettino supinamente la logica del ” adda passà a nuttata”?
Sembra davvero che i vertici del partito di Zingaretti diano per scontata la vittoria di Matteo Salvini. Allora, non resterebbe che attendere i suoi fallimenti e, quindi, finalmente sarà il momento di vedere l’inversione del moto del pendolo e il Pd tornerà vittorioso.
Possibile davvero che un gruppo dirigente serio e credibile possa fare questo ragionamento e non porsi il quesito di quale ne sarebbero il peso e il costo per l’Italia e gli italiani?
Giancarlo Infante