E’ il momento della responsabilità. Giorgia Meloni usò questa espressione non appena seppe del risultato elettorale che lo scorso 25 settembre confermò le previsioni della vigilia e reso possibile il fatto che sarebbe stata lei a ricevere l’incarico di formare il nuovo Governo.

Già molto si è scritto sul contesto in cui ciò accadrà e della necessità che, nonostante abbia chiesto i voti esclusivamente contro la cosiddetta Agenda Draghi, finisca per proseguire lungo quel solco. L’Agenda Draghi è cosa vaga, secondo alcuni neppure esiste. Ma il termine riconosce il fatto che si tratta di lavorare in stretta connessione con il resto d’Europa, nonostante le tensioni e le divisioni che si ripropongono oggi più che mai. Proseguire sul solco già tracciato,  non sarà facile per un pregresso di pensiero politico e di atteggiamenti.

Molto spesso, però, la storia ce lo dice a bizzeffe, interviene la “grazia di stato” che è cosa diversa dallo “stato di grazia”. Nel senso che la forza delle cose porta a fare ciò che prima si è osteggiato o a smentire quel che sempre prima si è detto, in questo caso molto promesso. Poi, non mancherà chi potrà parlare di vera e propria “truffa elettorale” e chi, invece, elogerà una eventuale sapienza politica. In ogni caso, non è facile fare dietrofront, anche se in questo momento giustificato dall’atlantismo più che da un sussulto di riscoperto europeismo.

Una lezione e un monito vengono dal Regno Unito dove il nuovo Governo di Liz Truss si è dovuto rimangiare la promessa della tanta attesa, e tanto sbandierata, riduzione delle tasse per i più ricchi. Adesso, ai numeri 10 e 11 di Downing Street, dove stanno rispettivamente il Primo ministro e il suo più importante collaboratore, il Cancelliere dello Scacchiere, corrispondente al nostro Ministro del Tesoro, devono fare una cosa che non si ricorda a memoria d’uomo, e cioè riscrivere la legge di bilancio, con grande sconcerto nello stesso Partito conservatore che esprime entrambi.

L’idea che la riduzione delle tasse per i ricchi, vecchio ritornello caro a tutta la destra mondiale, serva a creare ricchezza e lavoro e incoraggi e aiuti il mercato a trovare in se stesso le ragioni per una ripresa è subito fallita. Mai visione ideologica è stata così sonoramente smentita proprio da chi, in teoria, ne avrebbe dovuto trarre il primo  beneficio che, poi, a cascata sarebbe dovuto andare ad irrorare l’intera sottostante economia, avrebbe aumentato il numero degli occupati e, miracolosamente, fatto pure aumentare le entrate pubbliche. Il mercato finanziario, infatti, ha risposto con il crollo delle borse e un netto calo della fiducia nelle finanze britanniche.

La lezione è di principio economico, di cui magari tanti pensatori liberisti cercheranno un modo di liberarsi al più presto. Il monito è diretto a quei governanti che antepongono un teorema al necessario esame realistico ed oggettivo sullo stato delle cose. Nel caso di Giorgia Meloni, diventano cruciali i rapporti con tutti quelli della sua coalizione che hanno promesso a piene mani nel corso della campagna elettorale paci fiscali di ogni genere e flat tax. L’idea, poi, di coprire tutte queste mancate entrate con la soppressione del Reddito di cittadinanza sta a dimostrare una certa faciloneria con cui si evita di riflettere sulle condizioni sociali in cui si trova una buona parte del Paese.

Matteo Salvini, dopo che il Presidente di Confindustria Bonomi si è scagliato contro la flat tax, dice che la Lega va avanti comunque. E non si tratta di un’estemporanea dichiarazione fatta sotto un ombrellone del Papeete beach, bensì di una vera e propria presa di posizione ribadita dinanzi al Consiglio federale dei leghisti. Salvini ha dietro tutto il partito visto che persino Giancarlo Giorgetti china definitivamente il capo chiedendo per il capo della Lega il Ministero degli interni e, dopo essere stato uno dei ministri più importante del “tecnico” Draghi, archivia l’esperienza dei tecnici nel governo.

Salvini vuole alleviare il carico fiscale fino a a 100 mila euro di fatturato e parla, quindi, soprattutto a quel reticolo di piccole e piccolissime imprese del Nord, ma non solo, che con Confindustria non hanno proprio niente a che fare. Ma questo complica non rende più facile il compito di Giorgia Meloni che sulla politica fiscale deve dimostrare la coerenza tra lo schema politico cui ha lavorato, e per il quale ha vinto, e quello socio economico che sta alla base della destra. A mano a mano che andremo avanti, scopriremo quanto non basti parlare del grave problema del costo delle energie per disegnare un assetto e una squadra di governo. E in questo non aggiungendo niente di nuovo a quanto pensato da Mario Draghi il quale, bisogna riconoscerlo, è stato uno dei primi a richiamare l’attenzione dell’Unione europea affinché si affrontasse tutti insieme un comune tremendo problema.

Il governo che probabilmente vedrà la luce con la Meloni a Palazzo Chigi, e la cui composizione è ancora in alto mare, dovrà fare i conti con la necessità di Salvini e Berlusconi di recuperare il terreno elettorale perduto e la questione della fiscalità potrebbe costituire proprio uno degli elementi di catalizzazione di un tale andamento.

Dalla principale isola britannica viene la conferma sulla  necessità di abbandonare, quando serve, le visioni ideologiche per misurarsi con le cose concrete. Le quali non sono neutrali, però, e possono finire per far saltare tutte le coalizioni di questo mondo.

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