Alla luce della recente crisi sanitaria, alla quale ha fatto seguito quella economica, immaginare che lo Stato possa gestire una intera rete autostradale, seppure in partnership, appare davvero arduo. Tuttavia sappiamo bene com’è andata: il crollo del ponte di Genova; i tanti, troppi morti, le polemiche e, infine, la soluzione individuata non più di qualche giorno fa, che alla fine accontenta tutti ma forse, a ben vedere, non accontenta nessuno.
L’eterna disputa tra pubblico e privato; dobbiamo favorire un punto d’incontro – di Vincenzo Salvati
Di certo, tutto il dibattito scaturito dalla querelle per la gestione di Aspi ha alimentato quella demonizzazione del privato a favore del pubblico che storicamente ci portiamo dietro. Anzi, in Italia proprio la paura di aprire ai privati, senza steccati ideologici e senza pregiudizi, ha prodotto un rallentamento dello sviluppo economico e persino sociale di gran parte del territorio, a cominciare dal Sud.
L’idea che lo “Stato madre” dovesse garantire il suo abbraccio rassicurante, anche a costo di indebitarsi e sperperare fondi, ha sempre prevalso, in alcuni ambienti della nostra società e della nostra cultura, su una ipotesi di un rapporto paritario, direi persino di sana concorrenza, tra pubblico e privato.
Si pensi alle scuole: “Prima la scuola pubblica” è uno slogan che molto spesso è stato usato con intenzioni strumentali e con l’obiettivo di mettere in cattiva luce gli istituti scolastici privati. E, sempre strumentalmente, ci si dimentica che esiste un solo sistema scolastico in Italia, composto insieme da scuole gestite dallo Stato e da quelle pubbliche non statali che rispondono a requisiti ben precisi. Questo sistema è, appunto, un sistema pubblico: cioè a disposizione di tutti.
E’ persino noioso anche dover sottolineare che non tutte le scuole veramente definibili private sono uguali. Non tutte sono dirette da imprenditori che puntano soltanto al denaro o agli aiuti dello Stato e regalano il diploma senza troppi patemi.
Tornando alle scuole pubbliche non statali c’è da considerare che se non ci fossero state le paritarie, in ampie zone del territorio italiano il sistema scolastico sarebbe in gravissima difficoltà e intere regioni rischierebbero la paralisi. Le scuole paritarie non sono quindi qualcosa di estraneo al sistema, ma ne fanno parte integralmente e spesso con risultati di alto livello. Questo tipo di scuole, cattoliche e non, operano con le stesse finalità di quelle del servizio pubblico: sono scuole che svolgono programmi allineati a quelli ministeriali. In questo caso, affermare che il privato è solo business e profitto è una banalizzazione insopportabile che, però, nell’Italia delle resistenze all’innovazione, alla concorrenza e alla meritocrazia non solo è dura a morire, ma spesso si rinvigorisce.
In definitiva, nella scuola come in altri settori, prevale ancora la tendenza a guardare al privato in maniera “ideologica”, con quegli atavici condizionamenti che hanno sempre impedito autentiche pacificazioni sociali e culturali. Dobbiamo farci carico di superare questi condizionamenti e favorire, in questo come in altri ambiti, un processo di modernizzazione del Paese.
Vincenzo Salvati