Lo scorso 22 novembre, Politicainsieme.com ha pubblicato un intervento a firma Nino Galloni ( CLICCA QUI ) con il quale si poneva il problema se i cattolici possano presentare ” una loro visione delle problematiche economiche, non liberista, non legata alla decrescita (confondendo San Francesco e il Principe di Galles), ma socialmente cristiana”. L’amico Giuseppe Ignesti ha espresso una sua non condivisione delle tesi di Nino, il quale, a sua volta, risponde. Il punto del contendere è ovviamente quello della libertà, della visione liberale, del liberismo sfrenato e, ovviamente, del ruolo dello Stato in economia.
Da Giuseppe Ignesti
” Mi permetto di non condividere quanto affermato da Nino Galloni. Per vari motivi. In primo luogo sulla sua lettura storica, tutta imperniata sulla definizione della cultura liberale come liberista, perché dimentica di un dato storico, cioè che il liberalismo è stato alla base della democrazia moderna, così come le esperienze cattolico-liberali sono state alla base del successivo movimento democratico-cristiano.
Questa è una lettura che conduce poi a non comprendere il processo che si svolge sul piano culturale nello stesso mondo cattolico, nella stessa visione teologica, portando a una dissociazione tra piano politico e piano ecclesiale, che sono distinti ma non separati e quasi estranei e in conflitto.
Dal modernismo al Concilio Vaticano II v’è tutto un processo di presa di coscienza nella Chiesa che conduce alle riflessioni teologiche e alla pastorale contemporanee. Dobbiamo assumere noi posizioni politiche consapevoli di questi processi che non si divaricano, ma hanno un fondamento unitario. Tale fondamento è nella persona umana che è costitutivamente libera ed è portata da tale libertà a esigere a se stessa, e quindi dalla società, un dovere di impegno e di responsabilità.
Alla base il problema della libertà dell’uomo fonda la sua socialità, esige il suo dovere. Senza la coscienza di una piena libertà non nasce un obbligo morale, un dovere personale verso se stessi e verso gli altri. Senza la libertà l’uomo è portato ad addormentarsi esigendo che i suoi doveri siano adempiuti da altri, dalla società, considerata negli obblighi come esterna alla sua partecipazione.
Il problema in Sturzo è essenzialmente morale: nelle sue pagine non mancano riferimenti, anche larghi, agli obblighi sociali, pubblici, politici verso i problemi di crescita e di sviluppo della vita. La sua polemica verso i pericoli dello statalismo e del sottogoverno è purtroppo per noi italiani di forte e tremenda attualità. È facile oggidì riversare le nostre difficoltà economiche sugli egoismi altrui e non considerare le tante responsabilità nostre.
Se consideriamo i nostri grandi problemi dell’oggi, da quelli genovesi a quelli tarantini, cosa vediamo se non il sottogoverno e il clientelismo, favoriti da una prassi che deresponsabilizza tutto, scaricando sulla mano pubblica responsabilità private?
Moro e De Gasperi non ripetevano costantemente il richiamo agli Italiani all’adempimento del dovere? Non era moralismo, né facile appello astratto ai sacri principi, ma consapevolezza politica di diffuse attitudini nostrane.
P. S. Vi sono poi problemi storici di dettaglio, quale quello della posizione di Sturzo sulla partecipazione popolare al governo Mussolini. Lì ebbe ragione Sturzo, come poi correttamente si dice che nel secondo dopoguerra ebbe ragione De Gasperi, ma non credo che in cuor suo fosse per la Repubblica. Stette argutamente zitto”.
Da Nino Galloni
” Ringrazio l’amico Igniesti per l’attenzione. Rispondo.
Certo i liberali di due secoli e mezzo fa hanno promosso la democrazia e la Chiesa non era certo dalla loro parte.
Poi c’è stata un’evoluzione passata anche per Sturzo e Dossetti, per la Costituzione del 1948, il Concilio Vaticano Secondo e gli ultimi Papi: lo Stato non più mero arbitro come per i liberali ma con compiti specifici (farlo e farlo bene segna il confine tra democrazia sostanziale e tutto il resto). Ma le alte gerarchie non hanno sempre seguito tale evoluzione.
Per contro siamo vittime del liberismo selvaggio da circa quarant’anni e ormai è scontato che si debba cambiare. Ci sono tante cose buone nel pensiero liberale che, però oggi sono scontate e rimangono nel patrimonio comune (il merito e la democrazia ad esempio) mentre il liberismo è operativo e da affrontare con un modello culturale ed economico alternativo”.