Parlo di “ideale” per indicare la via che nei momenti più coinvolgenti e creativi mi vede “preso” da convinzione, da partecipazione, da immersione e nella quale mi sento veramente parte di una espressione che mi rappresenta. Sono in pace con me stesso per aver preso parte ad una testimonianza in una comunicazione a chi mi sta vicino, a chi voglio raggiungere e che rappresenta i miei Valori vissuti, interpretati e che desidero trasmettere.

Ideale individua anche uno scenario nel quale mi trovo a mio agio, mi sento di aver dato e mi sento di voler essere parte. Spesso un progetto nel quale mi inserisco con il senso del “dare” un mio contributo con passione. Un progetto che ritengo possa coinvolgere, anzi spero che possa coinvolgere i miei “vicini”, famigliari o amici, perché più condividiamo questo ideale ed i Valori relativi, più corpo diamo al progetto con la nostra presenza, più aumenta la comunicazione coinvolgente verso l’esterno. Coinvolgere significa trovare le “forze” le risorse, la linfa che rende possibile un percorso più deciso, che porta più lontano, con un obiettivo che diventa raggiungibile. L’ideale coinvolge il mio spirito ed il mio pensiero, mi arricchisce quando diventa un progetto propositivo, quando nel cammino si uniscono a me con lo stesso ideale altre persone.

L’ideale, come progetto, unisce più capacità e dà forza quindi con la partecipazione e questa forza può diventare anche esplosiva, improvvisamente esplosiva, in un contesto particolare, dove rappresenta una vera novità travolgente. L’ideale porta con se quindi tanta più luce nuova, illuminazione che chiarisce orizzonti e percorsi, tanto più contiene in se Valori semplici, precisi, netti, che si traducono in forte arricchimento nel percorso, se ci si unisce ad esso. Spesso però ad un certo punto si incrocia la “strategia”, che è quasi una precisa deviazione dal percorso ideale, quindi una alternativa, una diagonale che “abbrevia” o che “salta” dei passaggi, ma indebolisce dei Valori. Ideale e strategia non sono forse due categorie concettuali sullo stessi piano. L’ideale è quasi l’origine, la strategia è invece uno strumento che si incontra nel percorso. Quindi quasi un pensiero che trova poi nell’azione un’influenza che lo trasporta, ma che prende una prevalenza.

La strategia non rappresenta il percorso ideale, ma una scorciatoia o una contaminazione da altri obiettivi, che smonta i Valori, per interpretarli con scopi che assumono la prevalenza. La strategia sembra essere una tecnica, uno strumento, ma rischia di coprire i Valori nativi. La strategia porta con se energie “costruite a tavolino”, che provocano azioni, con l’idea di distrarre o disturbare il percorso di altri, per essere più invasivi, scavalcare ed arrivare prima. Tutte le strategie sono negative? Non tutte forse, ma nella costruzione tecnica che  le accompagna, sono spesso una prevalenza che avvilisce la purezza del pensiero e del coinvolgimento iniziale. Si perde la spontaneità, che è una grande forza nella comunicazione. Dove una strategia diventa ricchezza? Io penso quando essa chiede “tempo” per “formare”, per “chiarire”, apre la strada a nuove convinzioni, ma nel contempo afferma la sua assoluta linearità, se ne capisce con grande chiarezza ogni componente e non si scende ad alcun compromesso con i Valori.

Una curiosità mi accompagna proprio ora che scrivo: ma Gesù Cristo aveva qualche strategia? La Chiesa oggi si basa su qualche strategia nel suo percorso? Il Volontariato che assiste, che dona senza chiedere, vive su strategie? Il lavoro come ricchezza, necessità e dono, possono vivere su strategie? Strategie o coinvolgimento?

E la Politica? Qui subito comprendo che ho minori difficoltà, qui subito metto a fuoco il concetto, qui subito, stranamente, individuo non ricchezza, ma criticità. Qui forse mi allontano. Sì perché la strategia, appare come una forzatura individuata da pochi per stravolgere e calarsi su molti. Calarsi con meno chiarezza, coprendo o trascurando l’ideale e spesso i Valori. Diventa un mezzo per un fine, che potrà essere anche “buono”, ma meno buono forse il percorso, perché perde per strada la forza del singolo nella sua naturalezza, per essere incanalato in un tecnicismo che soffoca, talvolta fa soffrire, crea incomprensioni, fa perdere energia pulita. E’ come se la strategia volesse prevalere, sull’Uomo e dirigerlo. Strategia non è forza, strategia è tecnica. Tecnica che vuole avere una sua forza propria, ma è inespressiva. Poi si dice: “sei un idealista”. Lo si dice indicando proprio una “debolezza”. Ma l’ideale spinge l’uomo sempre dal profondo. Un idealista non “forza”, ma “rappresenta”, testimonia, anche in silenzio, ma cammina sempre con una testimonianza, anche silente, ma sempre chiara.

Rileggendo quanto qui ho scritto, mi chiedo se in fondo prediligo l’ideale e denigro la strategia? Certamente prediligo l’ideale in un progetto che rispetta sempre, che incanala delle forze, le forma e le organizza, le rende concretamente utili, anche con strumenti tecnici e rappresenta dei Valori con chiarezza cristallina. Ma l’ideale così espresso, non è deviato, è sempre riconoscibile nella sua origine, non soverchiato da una strategia.

L’ideale quindi per me va spiegato, va capito nel profondo, va scomposto in una analisi che si accompagna ad arricchimento formativo, a testimonianza.

Chissà perché mi viene ora alla mente un consiglio noto: “candidi come le colombe, prudenti come i serpenti”.

Prudenza e purezza, insieme sono la forza degli ideali.

Alberto Berger

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