L’Italia, gli italiani, il cuore ed il sentimento, lo spirito e la coscienza civile, l’intelligenza ed il tenore morale del nostro Paese sono ancora, possono continuare ad essere quelli evocati ed impersonati dal Presidente Mattarella.
L’anno nuovo può, dunque, avviarsi nel segno della speranza di tornare ad essere noi stessi. Possiamo riscoprire il carattere di fondo del nostro popolo, sperare nel superamento di una oscura stagione di rancori, di ostilità esibite ad arte, di pregiudizi coltivati fino ad una misura di disumanità.
Una stagione che nulla ha a che vedere con la nostra storia. Anzi quotidianamente contraddetta dalle legioni di volontari che, in ogni ambito, testimoniano lo spirito di solidarietà degli italiani, quell’instancabile “darsi da fare” che il Presidente ricorda.
“Coesione sociale”, “cultura della responsabilità’” per una “stagione dei diritti e dei doveri” che, nel solco della lezione morotea, va riproposta; ancora e perennemente necessaria.
Siamo capaci di essere ancora, in una fase storica così complessa, all’altezza di quella “diffusa domanda d’Italia” che il Presidente avverte? Mattarella – altro che generico “buonismo” – invita la politica ad intraprendere coraggiosamente un nuovo cammino nel segno della speranza che “consiste nella possibilità di avere sempre qualcosa da raggiungere”.
Ora tocca alle forze politiche ed al complessivo sistema delle istituzioni che reggono il nostro ordinamento democratico fare proprio questo compito difficile, ma chiaro e perfino esaltante se fossimo davvero in grado di corrispondervi.
C’è – infine, ma non da ultimo – un momento del messaggio Presidenziale di fine anno talmente bello ed intenso da non poter essere sottaciuto. Il Presidente ricorda quella sedia donatagli da giovani disabili mentali e quella scritta che riprendono: “Quando perdiamo il diritto ad essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi”. E la commenta così: “Esprime appieno il vero senso della convivenza; la conserverò con cura”.
Il Presidente non dimentica mai di ricordare gli ultimi, i cittadini maggiormente a rischio di marginalità e tra questi ricorda spesso i disabili. Chi è più escluso – anzi, secondo la mentalità corrente, addirittura da scansare – dei disabili mentali?
E’ perfino commovente che da loro il Presidente tragga ispirazione e spunto per un ammonimento che rivolge al Paese intero. E’ un gesto che riconosce la piena cittadinanza dei meno fortunati, assume il valore di una grande pedagogia civile e politica, testimonia la straordinaria sensibilità umana di un grande Presidente.
Domenico Galbiati