La maggioranza di destra vuole definire per legge l’utero in affitto come “reato universale”, punibile cioè penalmente per i cittadini italiani ovunque esso sia stato commesso, anche se in Paesi nei quali l’ordinamento giuridico lo permette.
In Italia è un reato. Ma molte coppie italiane economicamente solide (etero o omosessuali: pare peraltro in maggioranza le prime) vanno all’estero, nei Paesi dove non è reato, affittano l’utero di una donna e tornano in Italia chiedendo il riconoscimento del figlio così “acquisito”, in nome del diritto universale alla tutela dei minori: come si può non tutelarli? E mettendo ovviamente così in seria difficoltà le istituzioni italiane e soprattutto i Sindaci.
Probabile che, sul piano strettamente giuridico, quanto proposto dalla Destra sia di difficile applicabilità giuridica. E che – come dice qualcuno – si tratti di una “Legge Manifesto”.
La Destra ormai ci ha abituato a sguaiate battaglie identitarie e di principio, che servono anche per compensare la difficoltà a dimostrare che – arrivata al Governo – essa è concretamente alternativa al sistema, prima contestato, sul piano delle politiche economico-sociali, finanziarie e europee. E tuttavia, poter fare liberamente all’estero ciò che in Italia è reato – e poi chiederne il riconoscimento, come una sorta di condono di fatto – costituisce una indubbia ipocrisia.
Per questo, le barricate del PD e di altre formazioni dell’opposizione non mi convincono affatto. Le ritengo un errore politico che allarga il solco con larga parte della comunità e pone seri problemi a tante persone che – come il sottoscritto – si interrogano su come affrontiamo i grandi cambiamenti antropologici del nostro tempo, senza per questo essere in alcun modo permeabili al messaggio reazionario – e spesso omofobo – della Destra.
Si può certo contestare la Proposta di Legge della Destra in quanto giuridicamente di dubbia efficacia applicativa. Ma non si può far finta che il problema non esista. E men che meno avere dubbi e tentennamenti sulla inaccettabilità etica e culturale della pratica dell’utero in affitto. Qualcuno sostiene che ci sono nel Mondo tante donne – non indigenti – che scoprono la loro libera e gratuita vocazione a procreare per conto terzi. Io, in linea generale, non credo affatto a questa favola.
Un amico mi ha fatto avere qualche giorno fa una foto scattata in una delle città statunitensi poste al confine meridionale, verso il Messico. Si tratta di un mega manifesto pubblicitario che, accanto al disegno di una donna col pancione, reca la seguente scritta: “Become a Surrogate. Earn $ 65.000. Women Owned, 20 Years in Business. Best Benefits To Surrogates!” Segue l’indirizzo internet dell’ organizzazione.
Possibile che, nel mentre si ragiona sulla necessità di recuperare il senso della vita, pubblica e privata, oltre la dittatura del “mercato” e del denaro e parte della pubblica opinione si mobilita per alcuni cuccioli di orsa sottratti alla cura della madre naturale, si ritenga invece accettabile una pratica di questo genere? Possibile che si invochi giustamente il “senso del limite” per le questioni della crescita economica in rapporto all’eco sistema e non per le pretese delle persone all’avere un figlio?
Il mantra dei diritti coniugati solo in chiave individualistica è ormai arrivato a questo punto? Il diritto ad amare chi si vuole è sacrosanto e da difendere contro ogni forma di discriminazione. Ma può trasformarsi in diritto “senza se e senza ma” ad avere un figlio? Anche a costo di comprarlo come si compra una macchina? Domande che prescindono dal giudizio tecnico sulla Proposta di Legge della Destra, ma che attengono all’idea di Comunità che si ha in mente e si vuole concorrere a costruire. Ed al senso del limite etico, prima che giuridico, appunto.
Registrare passivamente le pretese di ognuno non è un buon modo di servire la vera cultura dei diritti in una società democratica che si fonda anche sulla cultura della responsabilità. Soprattutto verso chi non ha voce e potere come i bambini. Che sono un dono e non un trofeo.
Dire questo non è affatto essere di Destra. Anzi. È esercizio di quel principio di cautela e di discernimento (anche difronte ai cambiamenti antropologici) al quale, tra gli altri, il grande Alex Langer ha voluto richiamarci. Principio al quale le culture politiche democratiche e popolari hanno sempre guardato come fonte di ispirazione contro la tentazione del “tutto e subito, a prescindere”. Cito Alex Langer perché oggi abbiamo grande urgenza di pensiero critico e sofferto, come il suo. Che non si rinchiudeva nei territori conosciuti ed anzi si cimentava sui “confini”, ma non accettava scorciatoie banalizzanti e di comodo. Su questo come su altri temi che riguardano – oggi ancor più – la nostra vita comunitaria ed il futuro della civiltà umana e democratica.
Lorenzo Dellai

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