Mario Draghi ha deciso di rendere pubblici i documenti di Stato che riguardano Gladio e la Loggia P2. Riusciremo a guardare meglio in alcuni “buchi neri” del nostro passato.
Il provvedimento amplia lo scenario di quei fenomeni di carattere stragista, con gli inevitabili addentellati politici, economici e terroristici, che hanno quasi piegato il Paese e, comunque, provocato tanti morti a partire dalla strage di Piazza Fontana del 1969. Si tratta di altri spezzoni di un lungo filo, nero e rosso, che ha punteggiato la storia italiana degli ultimi cinquant’anni e la cui ricostruzione può essere aiutata ad emergere anche attraverso le lettura delle carte contenute negli archivi degli organismi preposti alla sicurezza nazionale e di intelligence oltre che delle amministrazioni centrali dello Stato.
Molti i processi celebrati attorno alle singole vicende di cui parliamo, Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell’Italicus (1974), di Ustica (1980), della Stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984). In molti casi non è giunta una risposta certa.
Mario Draghi «ha ritenuto doveroso dare ulteriore impulso alle attività di desecretazione perché ” potrà rivelarsi utile ai fini della ricostruzione di vicende drammatiche che hanno caratterizzato la recente storia del nostro Paese». Il Presidente del Consiglio ha colto così lo spirito e la sostanza del messaggio inviato da Sergio Mattarella in occasione del ricordo della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto del 1980: «Ombre non dissipate, impegno per la verità».
Così, non si tratterà di un’operazione storiografica, bensì politico culturale nel senso che saremo aiutati a leggere tante sfaccettature di vicende attorno cui ha persino finito per ruotare la sopravvivenza della nostra democrazia e del nostro assetto costituzionale.