Le conclusioni di un’inchiesta pubblica sull’assassinio della giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia, dilaniata da un’autobomba nel 2017, giungono ad accertare che lo Stato è responsabile della sua morte perché sono stati sottovalutati i rischi per la sua vita e non sono stati adottate le misure più opportune per difenderla.

L’uccisione della giornalista che era impegnata contro la corruzione portò alle dimissioni del primo ministro maltese, Joseph Muscat, nel 2019 dopo che si seppe del coinvolgimento di alcuni suoi stretti collaboratori nel delitto, uno dei quali è già stato condannato a 15 anni di carcere.

Muscat era stato indicato dalla giornalista come uno degli implicati nel famoso scandalo ” Panama Papers” che ruota attorno al trasferimento di enormi somme di denaro verso i paradisi fiscali da tanti personaggi noti in tutto il mondo per la politica, l’economia e gli affari finanziari, persino sportivi di fama ( CLICCA QUI ).

Adesso è arrivato un rapporto di 437 pagine secondo il quale lo Stato ha “creato un’atmosfera di impunità, generata dalle più alte sfere”, è stata confermata una “vicinanza ingiustificata” tra grandi imprese e governo ed espresso delle raccomandazioni per proteggere meglio i giornalisti a Malta.

L’attuale primo ministro di Malta, Robert Abela, ha detto  subito dopo le conclusioni dell’inchiesta: “Bisogna trarre lezioni e le riforme devono continuare con maggiore determinazione”. Egli si è sentito in dovere di scusarsi con la famiglia di Caruana Galizia e “tutti coloro che sono rimasti colpiti da questo oscuro episodio della storia del nostro Paese”.

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