Sergio Mattarella è andato un po’ nella tana del lupo visto che il viaggio Polonia e in Slovacchia si è svolto in quell’incrocio europeo dove il nazionalismo costituisce uno dei filoni consolidati di una intera storia di nazioni e di popoli.
In Polonia soprattutto. A maggior ragione per la questione della difesa dell’Ucraina esplosa con l’invasione russa. Ma servita solo a far emergere con più radicalità le radici più lontane nel tempo, collocata, la Polonia com’è, tra Germania, da una parte, e Russia, dall’altra. E la spinta nazionalistica si esalta con il sostegno antirusso all’Ucraina fino a prefigurare l’impegno, se non per uno spostamento del baricentro europeo, finora ancorato prevalentemente sull’asse delle relazioni franco -tedesche, almeno per un suo riequilibrio più ad oriente. Ovviamente che faccia perno su Varsavia.
E’ evidente che il Presidente Mattarella non ha parlato solo ai polacchi quando, riferendosi alle sfide che hanno dinanzi gli europei, ha ricordato che ad esse nessun paese è in grado di rispondere da solo. E questo spiega perché proprio in quelle terre, che più vivono il senso dell’identità specifica delle proprie tradizione, cultura e presenza storica, Sergio Mattarella ha voluto dire che “l’esasperazione del nazionalismo è un virus insidioso che, con l’illusione di sovranità, azzera la capacità di risposta di governo dei problemi, che richiedono, invece, un concorde impegno solidale di carattere sovranazionale”.
Un messaggio che trova orecchie attente anche nel nostro di Paese.