Il nuovo comma dell’art. 9 della Costituzione, approvato l’8 febbraio dalla Camera dei deputati, assegna alla Repubblica, accanto a quella dell’ambiente, anche la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, introducendo un riferimento all’interesse delle future generazioni. Il secondo periodo del comma ha come oggetto la tutela degli animali, attraverso l’introduzione di una riserva di legge statale che ne disciplini forme e modi. La riforma ha di fatto introdotto una formulazione della tutela del complesso dei beni ambientali evidentemente più estesa rispetto alla preesistente menzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.

“Noi della vecchia scuola dell’ecologia che abbiamo alle spalle ormai decenni di impegno ecologista non possiamo che essere entusiasti di questa legge costituzionale – riferisce a l’Attacco Michele Marino, Presidente del Consorzio Pro Ofanto, già componente di diversi organismi ministeriali e governativi -. Siamo a distanza di 74 anni dall’entrata in vigore della legge fondamentale del nostro ordinamento, e seppure con qualche decennio di ritardo rispetto ad altri paesi membri dell’Unione Europea, ci siamo dotati di uno strumento importantissimo, per il quale non possiamo che plaudere al nostro Parlamento. Il principio costituzionale introdotto è persino un passo avanti rispetto a tante regioni, compresa la Puglia”.

Marino opera subito un collegamento con le questioni generali della gestione ambientale pugliese a cui manca ancora un quadro di sintesi degli interventi, giudicati poco congrui rispetto ad una visione d’insieme e di indirizzo: “Il Piano Paesaggistico Regionale, che si compone di tanti documenti, restituisce una situazione che dal punto di vista astratto e generale sembra perfetta, ma in realtà manca un disegno organico di salvaguardia e pianificazione per la gestione del territorio e del paesaggio. Si tratta di una proliferazione di norme che non consentono di dare tranquillità alle popolazioni, anche alla luce delle linee del neonato Ministero della Transizione ecologica. Pensiamo per esempio al tema dell’energia eolica che imperversa da decenni ormai nei territori del foggiano, dei Monti Dauni e della Valle dell’Ofanto, che fanno i conti con un evidente disequilibrio tra salvaguardia dell’ambiente e sfruttamento delle risorse energetiche. Tutto è spostato a favore delle rinnovabili, non abbiamo tra l’altro neanche un quadro dei risultati sui reali volumi di produzione di questi parchi eolici diventati enormi, non sappiamo quanta energia viene effettivamente prodotta, con quali costi per il pubblico e per i privati, considerato che ogni cittadino contribuisce mese dopo mese a sostenere quei costi”.

La nuova norma di rango costituzionale  enfatizza anche la necessità di fare chiarezza sulle modalità attraverso cui integrare le diverse azioni tra gli organismi statali, regionali e locali competenti in materia ambientale, una questione ulteriore che pone Marino: “Gli strumenti di legge che coesistono su uno stesso territorio, dal  Piano paesaggistico ai Contratti di fiume, ai contratti di sviluppo Capitanata o Bat, gli organismi regionali come le Agenzie di  sviluppo strategico, gli Uffici dei Parchi, bisogna capire come si può mettere ordine in questo rassemblement e finalizzare le azioni ad una tutela e salvaguardia effettiva dei territori, delle aree interne, dell’intero sistema idrogeologico”.

Nel passaggio che investirà il nostro Paese verso una più decisa e concreta gestione dei temi ambientali e della sostenibilità, agli organismi associativi che operano per la salvaguardia degli interessi diffusi spetterà un ruolo di maggiore autorevolezza e peso, in un rinnovato protagonismo riconosciuto e legittimato che anche Marino auspica si possa realizzare: “Ora il Parlamento e poi le Regioni devono impegnarsi a dare concretezza a questo valore costituzionale e primario. Non può più bastare una normativa generica e astratta ma leggi che riconoscano concretamente gli interessi legittimi che vengono rappresentati dalle associazioni ecologiste, come il nostro Consorzio della Valle dell’Ofanto, piuttosto che Italia Nostra, per citare solo due esempi. Quindi non più una mera difesa o delle sensibilità delle popolazioni a vedersi riconosciuti dei diritti vaghi, ma appunto l’affermazione di interessi concreti che si possono tutelare agendo anche in giudizio. Direi che si impone anche un intervento che disciplini le associazioni ambientaliste in modo più appropriato e definito, quali effettivi organi intermedi di rappresentanza degli interessi, chiamati a partecipare attivamente a tavoli e processi di sviluppo dei territori”.

Daniela Corfiati

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