Tutto ci sta dicendo che Giorgia Meloni sta pensando solo alla campagna elettorale per le prossime europee. E accentua i motivi di frizione con una parte del resto d’Europa. Recente la sua accusa, da molti giudicata infondata, a Paolo Gentiloni di non fare troppo “l’italiano” a Bruxelles. La verità è che l’Europa, la quale non si può permettere il nostro fallimento in materia di Pnrr, è stata fin troppo in attesa. E a niente sembra servire il messaggio indiretto che viene, ogni volta, dal ritardo con cui vengono effettuati i versamenti delle tranche concordate del Pnrr.
In queste ore è esplosa anche l’ennesima grana sui migranti, dopo che la Germania ha scritto al nostro Governo dell’intenzione di sospendere l’accoglienza dei migranti provenienti dall’Italia. Mentre nelle stesse ore la Francia si è detta impegnata a rafforzare le misure di contenimento dei migranti sbarcati in Italia che, come accaduto sempre negli ultimi decenni, nella stragrande maggioranza, cercano di andare al nord verso gli altri paesi d’oltrealpe.
La nostra risposta è quella solita dell’Italia del paese “lasciato solo” e della consueta tiritera, che ci ammanniscono telegiornali e giornalisti sempre meno tali, sul “bloccare le partenze”. E, intanto, si passa sotto silenzio l’assoluto fallimento della tanto sbandierata intesa con la Tunisia. Una vulgata vacua, oltre che trita e ritrita, in cui si distingue Matteo Salvini, che parla alla pancia degli italiani e non racconta come stanno davvero le cose. Ad esempio, che la decisione di Berlino giunge soprattutto a causa del comportamento dei paesi guidati dagli alleati suoi e di Giorgia Meloni che non hanno voluto partecipare alla redistribuzione dei migranti. E’ una vecchia questione che va avanti da mesi e mesi, e senza soluzione. Conferma solo o l’assoluta mancanza di lungimiranza di questo Esecutivo o dell’insuccesso da registrare nelle relazioni con Orban e compagni.
Alcuni altri paesi europei, si erano impegnati nel 2021 ad accogliere 10mila richiedenti asilo giunti nei paesi della cosiddetta “prima accoglienza”, come l’Italia. Ad oggi, la Germania ne ha accolti circa 1.700, la metà della sua quota prevista (3.500), confermandosi, in ogni caso, lo stato più solidale. Adesso, però, Berlino contesta all’Italia di non seguire le procedure previste dal Trattato di Dublino, secondo il quale un migrante che ha avanzato richiesta di asilo in un determinato paese in quello deve restarci fino a quando la sua domanda non sfocerà in un esito positivo o non ne sarà disposto il rimpatriato. Ecco, a noi è contestato che non tratteniamo i migranti e li facciamo fuggire al di là dei nostri confini e di finire, persino, a favorire questa sorta di “fuga”. Del resto, se c’è un vero e proprio anello debole, come dimostrano le continue vicende che emergono nei cosiddetti “hot spot”, si tratta proprio della nostra inesistente capacità di assicurare un’adeguata accoglienza ai migranti giunti in Italia e destinati a restarvi per un certo periodo di tempo.
La Germania, inoltre, lo scorso anno ha inviato quasi 70mila richieste di accoglienza ad altri stati europei, ma solo circa quattromila sarebbero andate a buon fine perché, è bene ripeterlo ancora una volta, gli alleati della Meloni e di Salvini nel resto d’Europa se ne fregano dei problemi degli italiani.
Inoltre, i tedeschi denunciano che degli oltre 32 mila migrati che avrebbero dovuti essere ripresi indietro dall’Italia, perché avrebbero illegalmente varcato le loro frontiere, la cosa è accaduta solo in poco più di duemila casi. A poco è bastata la scusa di Roma che alla base delle nostre inadempienze vi sarebbero “motivi tecnici” legati alla “mancanza di capacità di accoglienza”. La precisazione di Roma è data 5 dicembre 2022. Quindi, non è proprio un fulmine a ciel sereno la reazione tedesca e in un clima non proprio idilliaco nelle relazioni italiane con la Germania. In questi oltre nove mesi sarebbe stato logico almeno provare a provvedere!
E’ allora evidente come alla retorica elettoralistica di Roma, i governanti tedeschi, così come quelli francesi, pure loro avranno le elezioni il prossimo giugno, rispondono con le maniere forti. Sapendo, inoltre, di avere il coltello dalla parte del manico perché l’Italia non si può permettere di alzare la voce, soprattutto in un frangente in cui avremmo bisogno, non solo dei soldi del Pnrr, ma anche di un possibile, ulteriore sforamento di debito per una Legge di Bilancio che già oggi si presenta mezza fallimentare.