Tra meno di nove mesi, a giugno 2024, si terranno le elezioni europee nei ventisette paesi dell’Unione e già in Italia, come altrove, la scadenza elettorale mette in moto la discussione politica. Il tono prevalente in Italia è molto “domestico”: come cambieranno gli equilibri nella coalizione di governo, chi si piazzerà meglio tra le forze di opposizione, quali spazi possano guadagnarsi le forze di centro, chi riuscirà a superare la soglia del 4%? Eccetera.

Ma poiché si tratta di elezioni europee conviene prima di tutto ricordare bene quali sono le conseguenze europee di questo evento e riflettere sul loro significato. Come è ovvio (ma qualcuno se lo dimentica o preferisce far finta) queste elezioni servono per eleggere il Parlamento europeo , cioè il principale organo di democrazia rappresentativa dell’Unione, non il parlamento italiano! E si tratta di una istituzione tutt’altro che irrilevante se ricordiamo i suoi importanti poteri legislativi, di legittimazione e controllo della Commissione europea, di orientamento politico. In sostanza il processo decisionale dell’Unione oggi non può più fare a meno del consenso parlamentare. In secondo luogo dopo le elezioni dovrà essere rinnovata la Commissione Europea sulla cui importanza non c’è bisogno di insistere. La Commissione sarà composta dei commissari indicati dai singoli stati ma per entrare in carica il suo Presidente e la Commissione nel suo complesso dovranno avere la fiducia del Parlamento europeo (come succede per i governi nazionali) e quindi di una maggioranza all’interno di questo. Poi, una volta varata la nuova Commissione, dovranno essere assegnati ai singoli commissari i loro specifici (e più o meno importanti) portafogli ministeriali. Inoltre i singoli commissari dovranno ottenere l’approvazione individuale del Parlamento stesso (cosa che non succede a gran parte dei ministri nazionali).

Basta questo succinto elenco per capire la rilevanza prima di tutto europea delle elezioni europee (mi si scusi il truismo). Le importanti decisioni che riguarderanno gli sviluppi del mercato europeo, delle relazioni commerciali con la Cina o gli Stati Uniti, le regole e i contributi per la transizione ecologica, il patto di stabilità, ecc. passeranno anche da queste istituzioni della democrazia europea. Chi si lamenta della scarsa democraticità dell’Unione dovrebbe quindi impegnarsi per rendere queste elezioni ancora più significative e focalizzate sulle grandi tematiche europee.

Vediamo allora che tipo di riflessione comporterebbe per le nostre forze politiche svolgere una campagna elettorale consapevole di quanto detto sopra.

Il primo punto dovrebbe essere una riflessione sull’indirizzo che vogliamo cercare di dare alle rinnovate istituzioni europee. Poi sulle alleanze da costruire nel quadro necessariamente plurale delle forze politiche europee. Infine sulle persone che vogliamo mandare a Bruxelles nel Parlamento e nella Commissione.

Il tema dell’agenda è prioritario e si riflette direttamente sul tema delle coalizioni e maggioranze.

Quali sono per ora le proposte in campo in Italia e altrove? E come si posizionano le nostre forze politiche e in particolare quelle di governo (che necessariamente avranno un ruolo di primo piano nel proporre per esempio la nuova commissione e la sua coloritura politica, nonché il commissario che spetta all’Italia)?

Il primo vero sasso (pesante) nello stagno lo ha gettato Draghi, prima con una lezione negli Stati Uniti e poi con l’intervista all’Economist di pochi giorni fa. Si tratta di una vera e meditata agenda per l’Europa. In estrema sintesi, di fronte alle grandi sfide che oggi investono i paesi europei e nei prossimi anni continueranno a investirli – transizione ambientale, ristabilimento della pace in Europa, migrazioni fuori controllo, instabilità nell’Africa e nel Medio Oriente, rapporti politici e commerciali con la potenza cinese, intelligenza artificiale – i singoli stati europei sono del tutto inadeguati come già hanno dimostrato negli anni passati. La strada è sempre più chiaramente quella europea, ma è una strada che richiede di rafforzare la componente federale dell’Unione, quindi più risorse da dedicare a queste sfide in modo che non si creino stati di prima e di seconda classe, ma contemporaneamente maggiore responsabilizzazione democratica (accountability) degli organi comunitari e quindi (anche se questo Draghi non lo dice esplicitamente) un ruolo maggiore dei partiti europei nel presentare l’agenda europea ai loro elettori. Questa agenda consentirebbe all’Europa di essere meno dipendente da potenze terze e più in grado di trattare su un piano di eguaglianza nel nuovo mondo sempre più multipolare. Quanto all’Italia il nostro paese ha sempre avuto da guadagnare da uno sviluppo federalista dell’Unione piuttosto che da trattative tra grandi stati che ci hanno generalmente penalizzati.

Per ora la risposta più chiara da parte delle forze politiche di governo a questa agenda è l’invito di Salvini a Marine le Pen per l’evento di Pontida di domenica 17 settembre. Certo non è un’agenda esplicita, ma il suo significato è chiaro: la Lega non vuole mollare il gruppo europeo Identità e Democrazia le cui forze maggiori sono e saranno dopo le elezioni Il Rassemblement National di Le Pen e l’ultra destra di Alleanza per la Germania. Queste forze esprimono l’esatto opposto dell’opzione federale delineata nell’agenda Draghi: il sovranismo nella sua forma più estrema. Al di là dell’agenda di sostanza questa posizione significa necessariamente l’isolamento in Europa (non esiste nessuna chance che questo gruppo entri a far parte di una coalizione di maggioranza con il Partito Popolare Europeo) e in particolare una rotta di collisione con i governi dei due più forti paesi Francia e Germania che vedono questi partiti come i loro più acerrimi nemici. E invece con la prossima Commissione e con questi governi nazionali l’Italia avrà estremamente bisogno di trattare nel prossimo futuro su dossier di grande importanza.

Cosa pensano le altre forze di governo? In particolare Meloni e Fratelli d’Italia che sono la colonna portante di questo governo? Quale sarebbe la loro agenda? Per ora c’è poco di chiaro a parte una vaga (e incerta) speranza che il gruppo Conservatore Europeo possa entrare in una coalizione per la Commissione. Ma con quale agenda concreta e cercando di tenersi buona la Lega alleata dei tedeschi di Alleanza per la Germania?  E chi ci si propone di nominare commissario europeo (sperando che venga approvato dal PE)? Non basta dire che si difenderanno gli interessi dell’Italia. Chi guida il governo dovrebbe far capire come si difendono in Europa i veri interessi dell’Italia. Per ora oltre alle belle parole i risultati sono ancora da vedere.

Naturalmente, come ogni elezione (per esempio anche quelle regionali), le elezioni europee avranno ricadute nazionali, ma in realtà di incerta quantificazione. Il grande successo europeo di Renzi e del PD alle elezioni del 2014 o quelle della Lega di Salvini alle europee del 2019 non si tradussero affatto in grandi successi politici interni, anzi portarono i rispettivi leader a commettere gravi errori di valutazione sul proprio seguito elettorale.

E’ tempo quindi di prendere sul serio le elezioni europee perché essendo importanti per l’Unione Europea sono importanti anche per noi italiani.

Maurizio Cotta

 

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