Sul sito on-line del Corriere della Sera di sabato 5 dicembre c’è un articolo dal seguente titolo: “ Pornhub, così il sito  di video porno guadagna con le immagini degli stupri di migliaia di minorenni”.

L’articolo riprende una inchiesta del New York Times dove si evidenzia come questo sito – il decimo più visitato al mondo e dove ciascuno può postare i video porno che ha eseguito – non è in grado di rimuovere in maniera efficace immagini di violenze sessuali postate sul sito senza consenso, nemmeno con l’intervento della autorità preposta, perché nel frattempo le immagini sono state già scaricate e possono continuare a girare nel “darkweb” e non solo. E poiché non è facile capire se le immagini di sesso riguardino o meno minorenni, la questione sembra ruotare attorno al problema del consenso e dell’età dei soggetti coinvolti.

Nell’articolo emerge un involontario humor macabro, perché concentrarsi sul problema dell’esistenza  o meno del consenso a postare immagini di violenza sessuale subita, magari da minorenni, appare quanto meno fuori luogo, se di violenza sessuale si tratta. Ormai, attorno alla “questione del consenso”, forse la più grande mistificazione presente nella società occidentale contemporanea, sicuramente in Italia, non ci può stupire più di nulla: il paradosso in cui siamo immersi sarà utilizzato dalle civiltà che verranno dopo la nostra per costruire favole per i loro bambini e per evidenziare la arretratezza culturale e sociale di questa nostra epoca.

La questione che il “problema consenso” sembra furbescamente evocare, ossia il diritto alla libertà di opinione e quindi il diritto di agire la propria sessualità come si vuole purchè che ci sia un “libero consenso”, dove diventa un gioco da ragazzi evidenziare che chi critica questa opzione può farlo solo partendo da una opzione etica o morale, sicuramente di rango inferiore alla priorità della libertà di scelta individuale, a meno di essere adepti di qualche “arcaica  setta religiosa” (e il sarcasmo è  liberamente  voluto), oscura il vero problema che siti come Pornhub sfruttano: la manipolazione e il condizionamento che agiscono sulla mente delle persone agendo attraverso meccanismi neurobiologici impliciti, ignoti al soggetto che li subisce.

Ciò che siti come Pornhub (e certo non solo loro) agiscono è un vero e proprio attacco manipolatorio alla libertà delle persone, perché tutto ciò che in maniera non esplicita tende a modificare la identità personale, è una questione che arriva a mettere in discussione il diritto alla inalienabilità della persona,  questione che si dovrà a breve affrontare con i “futuri cyborg” e già attuale per quanto riguarda il cattivo utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Una simile affermazione potrebbe sembrare  una iperbole propria di un “moralista incallito”: non è affatto una questione di morale sessuale.

Alla fine degli anni novanta, ben prima della esplosione dei social network, era uscito un elegante lavoro scientifico che dimostrava come quando venivano mostrati per un certo periodo di tempo filmati televisivi dove prevalevano contenuti di violenza, i  tempi di reazione delle  persone coinvolte nell’esperimento  a richieste di aiuto provenienti dall’ambiente prossimo a quello dove si stava assistendo alla programmazione televisiva, diventavano  significativamente più lunghi in misura  direttamente proporzionale alla durata della esposizione a immagini che evocavano situazioni di violenza. E ciò avveniva anche se chi vedeva le immagini sapeva bene che quelle erano “situazioni inventate”, mentre le grida di aiuto erano per lui reali. E non era un “difetto di giudizio etico o morale” circa la richiesta di aiuto, ma era la fatica che il substrato neurobiologico faceva per disancorarsi da una “eccitazione indotta” per riuscire a recepire il segnale di aiuto – naturalmente più flebile – e consentire quindi le scelte  di azione conseguenti.

Nei primi anni duemila, la scoperta dei “neuroni-specchio”, ha evidenziato con ragionevole certezza che esistono dei gruppi di neuroni nel nostro cervello che reagiscono alle azioni osservate come se quelle azioni fossero agite in quel momento da chi invece le sta solo osservando.

Si specula tutt’ora se questi meccanismi neurobiologici , in maniera verosimilmente  più complicata, siano coinvolti anche quando si osservano situazioni più complesse o magari anche emotive: un banale esempio, a chi non è capitato di commuoversi e piangere proprio vedendo altri piangere, a volte senza nemmeno capire il perchè? Perché succede?

La  complessa capacità empatica dell’essere umano che è sicuramente coinvolta anche in molti comportamenti sociali e forse anche nei giudizi di natura etica, anche a prescindere dai “neuroni-specchio”, ha complessi correlati neurobiologici alla sua origine.

Gli esperti di analisi del comportamento umano hanno via via dimostrato come gli apprendimenti, anche quelli che avvengono nella ordinaria quotidianità, siano spesso indotti da “meccanismi imitativi impliciti” cui segue un rinforzo positivo, che seleziona e “fissa” il comportamento che così viene appreso: crescono le evidenze che siamo influenzabili e “manipolabili” – quasi come il famoso  cane degli esperimenti  di Pavlov – più di quanto ci farebbe piacere che fossimo.

Del resto, manipolare il voto –come ci ha mostrato Cambridge Analytica   tramite azione sui social con algoritmi applicati di intelligenza artificiale – non sarebbe stato  possibile se il nostro cervello non funzionasse anche così.

Tornando al nostro “Pornhub”,  lasciare che milioni di persone possano vedere immagini di violenza esplicita, aggravata dal fatto che è “violenza sessuale” (e non intendo che la componente sessuale aggravi alcunchè per questioni morali, ma semplicemente perché tutto ciò che ha a che fare con la componente sessuale nella specie “homo sapiens”  ha verosimili meccanismi neurobiologici impliciti di rinforzo perché la nostra è una specie molto fragile, in termini naturalistici, proprio  nell’ambito riproduttivo) e che quindi suscita reazioni neurobiologiche naturalmente molto più intense e vigorose che possono anche arrivare a modificare complessi circuiti neurali connessi nelle funzioni superiori.

Si comincia a conoscere come alcuni tipi di memorie che si formano nel  nostro cervello assumano caratteristiche di intrusività nel flusso dei  nostri pensieri fino al punto di diventare idee ossessive o quantomeno idee prevalenti che inducono poi comportamenti conseguenti, tesi a soddisfare queste idee che sono diventate inconsapevolmente intrusive.

Come si può essere liberi di scegliere, se il mio apparato neurobiologico è – a mia insaputa – alterato da continui stimoli che ne condizionano il funzionamento?

La ripetizione continua di azioni che anche se solo viste possono determinare scariche neuronali come se fossero agite, potrebbe avere un peso non indifferente nel contribuire a modificare i circuiti neuronali delle persone coinvolte (le dipendenze sono tutt’altro che un “fenomeno psicologico”): le possibilità date dalle nuove tecnologie sono enormi, ma – al pari di tutte le tecnologie – possono essere devastanti, come il nucleare ci ha ben insegnato.

Un partito che nasce mettendo al centro la persona e il mondo in cui le persone vivono, non può non proporre iniziative anche legislative tese a impedire che “oggetti potenzialmente pericolosi”,  che circolano senza segnali di allarme e che si mescolano al flusso delle informazioni di cui possiamo disporre e che sono in grado  di aggirare  – per come sono fatti – le nostre difese intrinseche, possano danneggiare il soggetto e il tessuto sociale.

Per fronteggiare uno “stupido virus a RNA” siamo stati costretti – giustamente – a prendere misure molto limitative delle nostre libertà, per fronteggiare questo pericoloso “oggetto” in grado di aggirare le nostre difese e scatenare mortali tempeste autoimmuni: anche se non accade in tutti. E anche in questo caso, molti erano portatori inconsapevoli e ignari del pericolo mortale per altri.

E stiamo sacrificando i legittimi interessi economici di milioni di persone per raggiungere questo importante obiettivo sociale.

Perché mai non sarebbe sacrificabile l’interesse economico di Pornhub o  di siti simili in grado di manipolare – non solo in senso metaforico – la nostra integrità neurobiologica,  se è in gioco la “salute” (ossia il benessere psicofisico e sociale)  e la sopravvivenza della specie? Non è una iperbole: se non tuteliamo la nostra sopravvivenza sessuale, siamo a rischio di estinzione, anche come specie.

Forse i “moralisti pruriginosi” sono proprio quelli che difendono Pornhub in nome di una libertà di scelta che non tiene conto di come nei “social” la libertà di scelta non è esercitabile allo stesso modo con cui la si agisce nella vita reale, perché è facilmente manipolabile, specie nei milioni di soggetti fragili che , spesso, non sanno nemmeno  di essere fragili: è necessario studiare la questione in maniera approfondita, perché non è facile trovare una soluzione, equa e rispettosa.

Un partito come Insieme  ha il dovere di indicare la strada attraverso le forme proprie della politica (mozioni, iniziative politiche e/o di sensibilizzazione, proposte  di legge etc) e sostenere chi dovrà lavorare duramente per trovare una modalità di azione che sia  rispettosa delle persone e delle loro libertà (quando effettivamente esercitabili), ma implacabile contro chi lucra manipolando il genere umano, e le sue intrinseche debolezze biologiche.

Massimo Molteni

 

About Author